Chittorgarh - La cartolina

Creato il 19 dicembre 2015 da Enricobo2

La cartolina


Rana Khumba Mhan

Padmini avrà si e no dieci anni, ma è davvero piccolina per la sua età e lo sembra ancor di più in quel suo vestitino troppo largo che le pende da tutte le parti. Ha un faccino triste mentre gironzola a caccia di qualche turista e non sembra neppure troppo convinta di quello che fa. Ogni tanto si siede sul parapetto di marmo del grande tempio di Meera, ma i suoi occhi non paiono poi molto sensibili a tutta quella bellezza, a quelle sculture perfette che sembrano trasformare la pietra in carne viva. Ha solo un leggero sorriso quando viene circondata da un gruppo di scimmie cappuccine che si disputano le banane gettate loro dai fedeli che a gruppi entrano nel grande vimana circondato da colonne scolpite, salendo la scalinata di pietra. Quando vede una faccia straniera allunga la mano offrendo un pacchetto di cartoline stinte e stropicciate all'apparenza. In realtà sono soltanto rettangoli di cartoncino ingialliti. Su ognuno ha disegnato con cura qualche figura arrotondata. Un elefante bardato per la processione, due carretti nuziali trainati da un bue dipinto di rosso, una ballerina dalle vesti svolazzanti che tenta una piroetta. Con una grafia insicura c'è scritto anche il titolo dell'opera, in hindi. I pastelli dalla punta larga hanno riempito di tinta gli spazi. Il giogo abbozzato, l'ombrellino ricurvo, redini tese, fatica di vivere, compra la mia cartolina straniero, la mia mamma potrà comprare chilly e riso rotto anche per domani. Poi corre via di nuovo in cerca. 

Scimmia cappuccina

Tutto attorno la distesa ondulata del forte di Chittorgarh che occupa tutta la cima della collina lunga quasi dieci chilometri. Mura ciclopiche lo circondano, racchiudendo le antiche vestigia che raccontano la storia dei guerrieri Rajput, che preferirono morire piuttosto che arrendersi, gettandosi contro le orde nemiche all'assalto del forte e di quell'altra Padmini, la regina che si gettò nel rogo acceso sotto quelle mura prima che il barbaro re che la voleva, le penetrasse. Un'epopea tragica quella di questi guerrieri orgogliosi che popolano le miniature degli antichi libri e che viene vantata orgogliosamente dai loro discendenti. Ti aggiri in questi enormi spazi cercando di immaginarti la città che vi era contenuta e di cui rimangono, separati da una vegetazione orgogliosa soltanto i monumenti di pietra. Palazzi in rovina con grandi scalinate, architravi scolpite di animali fantastici, cavalli ed elefanti. Templi nascosti che alzano le ogive dei vimana nel cielo, indomite, oltre gli alberi. I piedistalli dove sono state erette le pire dei sacrifici, non solo di morti, rimaste a ricordo perenne. I serbatoi nascosti, piccoli laghi artificiali, incuneati in ogni avvallamento, garanti della possibilità di resistere agli assedi. I portali giganteschi ma riparati, le cui aperture rimanevano sotto il tiro delle mura circostanti che si snodano sinuose per chilometri tutto attorno. 

Studentessa in gita

La città nuova di sotto, muta spettatrice di antiche battaglie, oggi dell'assalto dell'orda dei visitatori, quelli venuti da lontano, attoniti dall'imponenza di tanta meraviglia, a rimirare col naso all'insù e le migliaia di ragazzi in gita, scolaresche vocianti intente più a perfezionare i selfies con i compagni e a godersi la giornata di libertà all'aperto. Sei circondato e oggetto di interesse. Tutti vogliono una foto con chi arriva da lontano, da mostrare agli amici a casa, da postare su feisbuc. La Torre della Vittoria troneggia davanti alla scalinata del tempio. E' un prodigio di design. Nove piani istoriati di balze geometriche successive; ghirigori di archi e figure che si susseguono senza spazi liberi, pilastri che sorreggono logge leggere, trine di pietra sormontate da archi sinuosi, pieni e vuoti alternati sul cui fondo oscuro indovini statue ammiccanti. Ad ogni striscia, una serie di figurine che si inseguono, animali, ballerine, suonatori che danzano al ritmo dei loro tamburi, donne in processione. Nei larghi riquadri, coppie che si guardano e raccontano storie di miti lontani, le labbra leggermente piegate in un sorriso immutabile, gli occhi allungati dalla passione, i capi leggermente piegati da un lato mentre le crocchie dei capelli scendono a lato lasciando scoperti seni prosperosi, anche rotonde in cui le dita affondano in una morbida presa. L'apice della scultura indiana sa dare momenti di grande suggestione, quando la qualità di questi artigiani anonimi raggiungeva livelli artistici così elevati. 

Una scolaresca alla torre della Vittoria

Ne vedremo ancora molti di questi esempi, in palazzi e templi di religioni diverse. Questo è uno dei più grandi meriti del credo popolare, lasciare dietro di sé una testimonianza artistica che difficilmente una committenza privata sa produrre. Quando si vuole magnificare il trascendente, niente è troppo, tutto si può concedere per avere un risultato imperituro. E' difficile andarsene da questo luogo. Forzatamente ti va di percorrere i lunghi chilometri della cinta, da ogni torrione, da tutti gli spalti, prospettive sconfinate sulla pianura circostante. All'interno le rovine di palazzi lontani nel tempo, case diroccate, animali liberi al pascolo, capre, vacche, un gruppo di pavoni selvatici che allargano la loro ruota blu. Un leprotto corre come impazzito attraversando la strada. Cani randagi si stendono mogi nel fossato che la circonda. Scoiattoli dalla coda folta si nascondono tra i rami. Nell'oscuro dell'interno dei templi, gli avatar di Visnu attirano i loro devoti e il bel Krishna, amato dalle ragazze, suona il flauto in bilico su un piede per incantare le sue Gopi. Il tozzo Adinath invece, il primo dei Tirthankara, espressione di Shiva, quasi un tronco inespressivo senza braccia, accoglie le spose che si augurano una corposa fertilità. Nel bianco assoluto del marmo del suo tempio Jain, i santi vestiti solo di vento ammoniscono alla mansuetudine che vieta di togliere la vita a qualunque creatura anche se si tratta di insetti o microbi.. Al di là della Torre del Fama a lui dedicata, il sole scende adagio fino a nascondersi dietro le mura. Nel cielo, ormai colore del rame, le sagome delle cupole lontane si popolano di scimmie che salutano la notte che sta per arrivare.

Meera temple

SURVIVAL KIT

Tratto delle mura di Chittorgarh

Chittorgarh - Garh significa Forte, dunque è il forte di Chittor, città storica e regno Rajput a 130 Km da Kota verso sud. Uno dei più grandi forti dell'intera India che si stende sulla collina lunga oltre 9 km. Si accede in auto attraverso 7 porte successive e si può circolare all'interno attraverso un anello circolare che percorre le cinta che contiene una serie di monumenti molto ben conservati. Si potrebbe fare anche tutto il giro completo a piedi. I monumenti principali imperdibili sono le torri (Kirthi Stambha e Vijai Stambha), il tempio Meera dedicato a Krishna, il palazzo e i giardini di Padmini, il palazzo Rana Khumba subito all'ingresso principale, il tempio Mira Bai, i luoghi delle pire funebri e molti altri ben segnalati tutti lungo la strada. se non disponete di un'auto assoldate in città un tuktuk per almeno 2/3 ore che vi farà fare l'intero giro. Vale la pena dedicarci almeno un pomeriggio fino al tramonto. Il resto della città col suo animato bazar si può girare alla sera.

Fregi del tempio



Hotel Padmini - 2600 R la doppia - Appena fuori città. Edificio un po' vecchiotto e lasciato andare anche se dalle foto sembra bellissimo. Pulizia sommaria e addetti leggermente scorbutici. Clientela locale. Camere normali, TV, AC, ventilatore, free wifi, no frigo. C'è il ristorante vegetariano. Il servizio lascia molto a desiderare ed è completamente disorganizzato coi tavoli ancora da pulira al mattino successivo, ma sorprendentemente il cibo non è male e anche mmolto economico. Si cena con 2/300 R. Riso, noodles, thali veg o rajastani.

Rani padmini Mahal


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