Giuseppe Floriano Bonanno 30 settembre 2013
«Varcato l’Ellesponto, Alessandro Magno ha sconfitto Dario a Isso e si prepara a continuare la sua strabiliante campagna per la conquista dell’Asia. Kineas, nobile cavaliere ateniese, ha combattuto coraggiosamente al suo fianco, ma ora il grande condottiero macedone non ha più bisogno di lui e, al ritorno a casa, lo attendono l’onta e l’esilio per essersi schierato dalla parte dell’acerrimo nemico di Atene. Rimasto senza patria e senza famiglia, Kineas accetta l’unica opportunità che viene offerta a lui e ai suoi fidi compagni: mettersi al servizio dell’arconte della ricca città di Olbia, sul Mar Nero, per ottenerne un giorno la cittadinanza. Ma presto Kineas scoprirà che la città è in mano a un despota senza scrupoli, e che una terribile minaccia sta per abbattersi sui suoi abitanti. Combattuto tra la fedeltà al tiranno, la lealtà verso i suoi uomini e l’amore impossibile per una donna splendida e selvaggia che gli ha rubato il cuore, il valoroso ateniese dovrà fare appello a tutto il suo coraggio e al suo senso di giustizia per decidere da che parte stare, e prepararsi a una guerra dura e inevitabile». Questa, per sommi capi, la trama de Il tiranno di Christian Gordon Cameron, volume datato 2008 che, pubblicato in Italia nel 2011 da Newton Compton Editori con la traduzione di Fabio Donalisio, ci trascina in Asia Minore al tempo di Alessandro Magno e delle sue guerre di conquista. Cameron, laureato in Storia Medievale all’Università di Rochester, vive in Canada e, dopo una lunga carriera da ufficiale nella marina militare degli Stati Uniti, ha deciso di fare lo scrittore a tempo pieno. Appassionato di rievocazioni storiche, è autore decisamente prolifico: Il tiranno, infatti, è il primo di una serie che conta già ben cinque episodi (e un sesto in arrivo nel 2014). Il romanzo, scritto con uno stile scarno e diretto, scorre senza fronzoli prendendoci subito per la gola e trascinandoci in un’epoca in cui i valori della Grecia classica, rappresentati dall’eredità di Sparta ed Atene, sono stati fatti propri e, in qualche modo, calpestati dalla dinastia macedone, prima con Filippo, poi con Alessandro Magno che, con la loro temibile Falange, hanno conquistato città e regni, allargando i confini dell’Impero all’estremo Oriente e fermandosi solo ai confini dell’India. Kineas rappresenta, in questo mondo in cui si sta affermando un nuovo ordine, l’ultimo baluardo delle qualità e della tradizione della Grecia classica; ricco rampollo di una importante famiglia ateniese, racchiude in sé l’eredità di una civiltà che ha fatto della democrazia e della virtù, della filosofia e dell’arte oratoria, degli sport olimpici e della cura del corpo il suo credo, preferendo spesso la diplomazia all’uso delle armi.
Cacciato da Alessandro, pur essendosi coperto di gloria in diverse battaglie, ed esiliato da Atene, in quanto alleato del macedone, Kineas diventa una sorta di reietto e, costretto a voltare le spalle a tutto quello in cui crede, non può che cercare nella cerchia dei suoi commilitoni la sua nuova famiglia. Alla loro guida diventa un comandante mercenario che sarà costretto a fare i conti con il suo passato per poter aspirare ad un futuro migliore. La prosa di Cameron è efficace e viva come poche: confesso che ho letto il libro in tre giorni, rifugiandomi in esso in ogni momento libero e facendo le ore piccole, catturato dalle straordinarie vicende di questo gruppo di uomini, uniti da un profondo cameratismo, portatori di civiltà in un mondo dominato dall’intrigo e dal tradimento. Le minuziose descrizioni di usi e costumi delle città e delle campagne ci restituiscono uno spaccato di quella che doveva essere la vita nelle colonie greche dell’Ellesponto nel IV secolo a.C., dove la forbice tra ricchi e poveri era amplissima e accanto agli uomini liberi c’erano frotte di schiavi il cui valore era davvero insignificante per i padroni. Lo sfarzo, il lusso, i banchetti di corte sono descritti con dovizia di particolari, come le feste religiose e le difficili condizioni del popolo. Ma quel che Cameron vuole farci passare come messaggio originale ed innovativo è che i “barbari”, gli stranieri del mondo protoclassico, in realtà non erano affatto arretrati e incivili. Il romanzo sale difatti di livello quando nella storia si inseriscono i Sakje, popolazione nomade della steppa, sempre in movimento con le loro sterminate mandrie di cavalli, in cui il rango sociale è basato proprio sul numero di animali posseduti. Proprio dall’approccio tra Kineas ed il suo gruppo, portatori dei valori della “civiltà”, ed i “banditi” Sakje, la trama prenderà sviluppi sempre più coinvolgenti ed appassionanti, soprattutto dopo l’incontro fatale tra Kineas e la bellissima Srayanka, che gli rapirà il cuore aggiungendo nuova carne al fuoco ai temi del racconto. Tante sono le figure che emergono rimanendo impresse nel lettore, oltre a quelle dei due eroi innamorati: Nicomede, ricco possidente di Olbia; Filocle, l’enigmatico esule spartano; Atelo il vagabondo che diventa il ponte con i Sakje; Kam Baqca, l’ermafrodita veggente dei Sakje; Satrax, il giovane re Sakje, saggio ma impulsivo quando il suo amore per la bella Srayanka sarà minacciato da Kineas. La provenienza “militare” di Cameron fa sì che la descrizione delle battaglie, sia nella loro parte strategica, che in quella sul campo, con la minuziosa e, talvolta raccapricciante, descrizione della miriade di scontri individuali in cui finisce per tradursi una battaglia campale, diventi uno dei punti forti del narrato. Letta la parola fine sull’ultima pagina de Il tiranno, vi assicuro che non vedrete l’ora di avere tra le mani il secondo episodio di questa entusiasmante saga.