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CHRISTMAS IN LOVE 2010 : TRE nuovi racconti...ambientati in altre epoche!

Creato il 23 dicembre 2010 da Francy
CHRISTMAS IN LOVE 2010 :  TRE nuovi racconti...ambientati in altre epoche!
Oggi vi proponiamo altri tre nuovi racconti ,di genere storico questa volta, per guardare romanticamente alle feste natalizie con un tocco d'amosfera d'epoca! Anche per questi la pagina dei commenti è aperta! Esprimete i vostri punti di vista e non dimenticatevi di firmare, così potrete partecipare all'estrazione dei nostri regali il 6 gennaio 2011! ...BUONA LETTURA !
(Se ancora non sapete le modalità per partecipare alla nostra gara di racconti leggete qui.)

ECCO IL DECIMO RACCONTO...

CHRISTMAS IN LOVE 2010 :  TRE nuovi racconti...ambientati in altre epoche!
Parigi, 1918-1919
“Mi chiamo Emile e sono stato inviato qui per visitarvi e decidere se potete essere dimessa da questa struttura.”
“Finalmente mio fratello si è deciso a tirarmi fuori da qui.”
“No, non è vostro fratello che mi ha inviato qui, ma i vostri amici parigini… pensavano che la vostra permanenza qui sarebbe durata solo qualche mese e, invece, sono già trascorsi cinque anni.”
“Qualcuno a Parigi si ricorda ancora di me?”
“Ma certo…”
“E allora portatemi via da qui…”
“Voi non siete un pacco, Camille, ma una persona e come tale dovete essere trattata… quindi ora vi lavate e vi cambiate e, poi, noi andiamo a parlare in un luogo dove possiate sentirvi più libera.”
Mezz’ora dopo Camille era seduta con Emile in un caffè.
“Perché mi avete portata qui? Ma siete sicuro di essere un medico?” Gli aveva chiesto, lei sorpresa dal suo comportamento.
“Certo che sono un medico e quello che sto facendo ora io con voi, l’ha già fatto un mio collega con una sua paziente diversi anni fa… in ospedale si rifiutava di parlare non sono con lui, ma anche con gli altri degenti… e allora l’ha portata fuori per qualche ora ed è riuscito a farla aprire con lui… la medicina è una scienza in continua evoluzione e la psichiatria più di altre branche…”
Quando erano tornati in ospedale, Emile aveva completato la visita di Camille e aveva, quindi, compilato il suo foglio di dimissione, spiegando perché, secondo lui, non era necessario che continuasse ad essere rinchiusa in quella struttura, dove era stata internata cinque anni prima per volontà della madre e del fratello di lei.
Emile era stato all’ospedale parigino della Salpetrière un allievo del dottor Gachet che quasi vent’anni prima aveva avuto in cura il pittore Vincent Van Gogh. E così, mentre tornava in treno verso Parigi, con Camille seduta accanto a lui, pensava dentro di sé: “Devo dare fiducia a Camille, ma devo anche controllarla, per evitare che in un momento di rabbia o di sconforto, possa commettere qualche gesto pericoloso.”
Il flusso dei suoi pensieri era stato, tuttavia, interrotto da Camille che gli aveva detto: “Ma cosa è accaduto in questi cinque anni? Intorno ci sono case devastate e campi abbandonati.”
“E’ accaduto che la Francia purtroppo è stata un paese in guerra.”
“Anch’io sono stata in guerra, ma come si ricostruiscono le macerie?”
“E’ difficile, ma vale la pena provarci.”
“Io non ho più né un atelier né una casa a Parigi.”
“Lo so, ma mia zia fa l’affittacamere e, anche se ho dovuto insistere parecchio, ha accettato di darvi una stanza.”
Un anno dopo, presso una nota galleria parigina campeggiava un manifesto che pubblicizzava l’apertura di una mostra di sculture di Camille e prometteva la presenza dell’artista all’inaugurazione.
Mancavano, però, pochi minuti all’ora prevista per l’inaugurazione, ma Camille ancora non si vedeva.

CHRISTMAS IN LOVE 2010 :  TRE nuovi racconti...ambientati in altre epoche!

Camille Claudel

“Io ho investito dei soldi su questa esposizione e, se Camille fa una delle sue alzate di ingegno, non ci vorrà molto a farla tornare da dove è venuta.” Si era lamentato il proprietario della galleria con Emile, aggiungendo: “Siete voi che mi avete assicurato che ormai stava bene e che non avrebbe avuto alcuna difficoltà ad affrontare il pubblico di una mostra.”
“Non temete, vedrete che arriverà.” L’aveva rassicurato Emile, che, per un istante, era stato tentato di andarla a prendere a casa di sua zia, ma, poi, si era trattenuto, pensando: “Camille deve imparare ad affrontare da sola le proprie paure, altrimenti non guarirà mai davvero.”
Quando Camille era arrivata, però, Emile non aveva potuto fare a meno di lasciarsi sfuggire un sospiro di sollievo.
Lei, tuttavia, l’aveva colto di sorpresa, prendendogli una mano e appoggiandosela sul petto: “Ho il cuore che batte all’impazzata, non ce la farò mai ad affrontare non tanto il pubblico dei visitatori, quanto i critici d’arte che si staranno chiedendo se, dopo cinque anni di inattività, sono ancora capace di combinare qualcosa di buono.”
“Siediti, allora e cerca di respirare lentamente, poi, chiudi gli occhi e pensa a qualcosa di piacevole… io sono nato in Normandia e per calmarmi di solito penso al mare e in particolare alle onde che lambiscono la sabbia perché è un’immagine che mi ricorda la mia infanzia.”
Camille aveva sì chiuso gli occhi, ma, nello stesso tempo, aveva infilato le mani sotto la camicia di Emile e aveva iniziato ad accarezzarlo sul petto.
“Ti avevo detto di pensare soltanto a qualcosa di piacevole, non di farla… e poi cosa accadrà se ci vede qualcuno?”
“Abbracciami, altrimenti non ce la farò mai ad affrontare quelle belve che mi aspettano di là.”
“Non posso, non adesso…”
Camille ed Emile si erano separati appena in tempo per non essere scoperti.
L’inaugurazione si era svolta regolarmente e, due ore dopo, mentre gli ultimi visitatori se ne andavano, il gallerista aveva detto a Camille con un’aria tra l’ironico e il minaccioso: “Madame Claudel, la prossima volta siate più puntuale, perché la quotazione delle vostre sculture non è così alta da meritare che io rischi un infarto per colpa vostra.”
Camille, però, invece, di ascoltarlo, gli aveva chiesto: “Ma Emile dov’è?”
“Il dottor. Boulanger sarà andato via insieme agli altri, perché me lo chiedete?”
“Perché io dovevo parlargli, è importante.” Gli aveva risposto Camille, prima di infilarsi il cappotto e uscire di corsa.
Andava così di fretta che era andata a sbattere contro un passante senza rendersi conto di chi era: “La mia sorellina sempre di corsa e sempre in disordine, ma quando ti deciderai a crescere?”
“Non sei venuto neppure alla mia mostra! Anzi, da quando sono tornata a Parigi, non mi sembra che tu ti sia preoccupato molto di me!”
“C’ero stasera, ma tu eri troppo presa dal tuo ultimo amante per accorgerti di chi avevi attorno.”
“Ma quale amante?! Se, da quando sono tornata a Parigi, non ho fatto altro che cercarmi un nuovo atelier e lavorare dalla mattina alla sera per allestire questa mostra!” Si era difesa Camille.
“Nostro padre ha fatto finta per dieci anni di non vedere che eri l’amante di Rodin, ma io non sono cieco come lui… da quando sei tornata a Parigi stai a pensione dalla zia del tuo medico e i tuoi vecchi amici sembra che ti vogliano proteggere da te stessa e anche da me. Me ne sono accorto da come qualcuno di loro mi fissava stasera alla mostra.”
“Emile non è il mio amante, ma anche se lo fosse la cosa non ti riguarda… ho più di quarant’anni e so badare a me stessa, anche se tu non ne sei mai stato convinto… e poi, visto che, secondo te, sono malata, cosa c’è di meglio che avere un medico come amante?! Almeno, ogni volta che ne ho bisogno, si prenderà cura di me.”
“Finché avrà la pazienza di sopportarti… comunque, visto che è lui che stavi inseguendo, ricordati che, se ha un turno di notte in ospedale, non puoi andarlo a disturbare sul lavoro…”
Tornai a casa in preda allo sconforto. In poche ore ero riuscita non solo a far fuggire Emile, ma anche a litigare per l’ennesima volta con mio fratello.
Mi chiusi nella mia camera e mi stesi sul letto, ancora vestita, con la sensazione di aver gettato al vento un anno di paziente lavoro.
Mancavano pochi giorni al Natale e, mentre tornavo a casa, cominciò anche a nevicare fitto, fitto, finché i fiocchi bianchi non riempirono tutta l’aria, posandosi lievemente sui tetti e sulle strade.
La mattina seguente decisi, tuttavia, di fare forza su me stessa e così mi alzai, mi lavai, mi vestii e andai ad aprire il mio atelier. Non so per quale ragione, ma una parte di me era convinta che davanti alla porta avrei trovato Emile.
Emile, invece, non c’era e al suo posto trovai una ragazza che si sfregava le mani per il freddo e che mi disse: “Madame Claudel, ieri sera ero all’inaugurazione della sua mostra e sono rimasta colpita dalle sue sculture… mi piacerebbe imparare qualcosa da lei, ma non so se accetta ancora allievi nel suo atelier…”
“Perché non dovrei accettarli? Non so se ho davvero qualcosa da insegnarti, ma per me sei la benvenuta.”
Lavorai con la mia nuova allieva fino alla vigilia di Natale, pensando che, anche se Emile purtroppo era fuggito di fronte al mio amore, avevo sempre la mia arte a cui dedicare tempo ed energie.
Il pomeriggio della vigilia, tuttavia, trovai una sorpresa inaspettata ad attendermi al ritorno a casa: nella mia camera c’era, infatti, un pacco, posato ai piedi del letto.
“Madame Boulanger, siete stata troppo gentile a farmi un regalo, anche perché io non so come ricambiarvi.” Dissi pensando che fosse stata la mia padrona di casa a farmi quel gesto di gentilezza.
“Non è il mio questo regalo: non sono abituata a fare regali alle persone a cui affitto le camere… stamattina un corriere ha suonato alla porta e ha lasciato questo pacco per voi, io mi sono soltanto limitata a prenderlo.” Rispose tuttavia madame Boulanger, stupita dal fatto che io l’avessi potuta ritenere l’autrice di quel regalo.
Curiosa, ma anche un po’ intimorita dalla mole di quel pacco che troneggiava nella mia stanza, ricoperto di una carta rossa, decorata da motivi natalizi, lo scartai, scoprendo che si trattava di un grammofono, corredato da un disco con una scelta di musiche di Chopin.
Purtroppo non c’era nessun biglietto che potesse rivelarmi chi era stato l’autore di quel prezioso regalo, ma, visto che era senza alcun dubbio destinato a me, lo presi come il segno di una nuova fase della mia vita che si stava aprendo proprio in quel Natale del 1919, perciò, misi su il disco, chiusi gli occhi e mi abbandonai al piacere della musica, pensando che quello era dopo tanto tempo il mio primo Natale da persona libera.

NOELLE BONHEUR (*)

CHRISTMAS IN LOVE 2010 :  TRE nuovi racconti...ambientati in altre epoche!
(*) Questo è uno pseudonimo, il vero nome dell'autrice che verrà svelato a fine concorso.

...E L'UNDICESIMO RACCONTO...

CHRISTMAS IN LOVE 2010 :  TRE nuovi racconti...ambientati in altre epoche!
25 Dicembre 1812

Caro Diario,
eccomi qui a scriverti, di nuovo, per la terza volta questa notte.
Lo so, se tu ora potessi parlare mi diresti “Spegni immediatamente quella candela, signorina, e cerca di riposare”, ed avresti ragione, solo Dio sa quanto le tue parole sarebbero sagge ed appropriate, soprattutto considerato il mio recente stato di salute, ma mio caro amico anche in quel caso la mia mano non potrebbe smettere di scrivere, ed io non potrei smettere di sorridere.
Da ore, ormai, cerco invano le dolci braccia di Morfeo, le chiamo, attendendole con impazienza, ma nulla. Questa notte lunghissima sembra non voler passare mai, ed io non posso far altro che ritornare con la mente al meraviglioso giorno appena vissuto. Sento ancora un leggero brivido di eccitazione solleticarmi il collo, se solo permetto alla mia mente di ripercorrere i brevi momenti trascorsi in biblioteca con lui.

Oh mio caro, fedele amico, come posso dormire quando in realtà ogni parte di me vorrebbe soltanto correre, cantare ed urlare al mondo intero quanto è grande la felicità che sente, quanto è profondo il sentimento che prova.
L’amore, come per magia è giunto, ed ha portato nuova aria a questi miei polmoni affaticati dalla malattia, rinfrancandomi nel corpo e nello spirito.
Questi ultimi mesi sono stati i più duri della mia giovane vita, tu lo sai, troppe le disgrazie che hanno investito la mia famiglia: la morte del mio adorato fratello John, così piccolo ed innocente, mia madre, resa folle dal dolore, ed infine il mio povero padre, improvvisamente vecchio e solo. Non conoscevo la pena, prima che la sua furia si abbattesse sulla nostra casa, mai un solo giorno avevo dubitato che il mio futuro fosse altro che splendido, mai una sola preoccupazione aveva abitato nel mio cuore spensierato.
Io, la giovane Miss Brown, ammirata figlia del più ricco mercante di Great Bardfield, snella ed educata, non sapevo che cosa volesse dire sentire il cuore spezzarsi dentro al petto, quasi fosse un ciondolo di finissimo cristallo, non immaginavo che l’aria potesse fermarsi nella gola come un urlo disperatamente soffocato! No, io tutto questo non lo sapevo, non ero preparata. La mia era una vita felice, facile forse: avevo il calore di una famiglia, avevo la giovinezza dei miei sedici anni, avevo la bellezza dei miei riccioli biondi e della mia pelle diafana; nessuna inquietudine, nessun problema aveva albergato tra le spesse mura della nostra casa vittoriana. Avevo sentito la governante parlare con le cameriere dell’ondata di morbillo che aveva invaso la scuola del paese vicino, portandosi via decine di piccoli bambini; avevo visto giovani donne sfregarsi con forza le mani l’una con l’altra, nel disperato tentativo di scaldarsi, strette nei loro miseri scialli lisi e rammendati; sì, avevo visto ed avevo ascoltato, ma io non avevo mai messo piede in una scuola, un precettore si curava della mia istruzione, ed i miei polpastrelli non erano mai diventati bluastri per il freddo, coccolata com’ero dalla viva fiamma del fuoco, che forte ardeva in ogni stanza. Il mio era un mondo pieno e caldo, colorato dall’amore e dalla gioia, come potevo dunque anche solo immaginare che la disgrazia con la sua mano fredda e scura potesse giungere fino a qui. Povera illusa che ero, vivevo felice senza sapere quello che mi attendeva, senza nemmeno sospettare la furia del destino che si stava per abbattere su di noi! Un fratello di soli sette anni rimasto vittima di una caduta da cavallo, una madre improvvisamente cupa ed iraconda, ed un padre ormai troppo vecchio per affrontare tutto quel dolore, capace solo di attendere in silenzio il giorno della sua fine.
Tutto è diventato così difficile da quel maledetto giorno in cui John morì. Se ne andò portando via con sé tutta la nostra famiglia.
Perdona queste mie stanche parole dunque, caro Diario, perché anche se già mille e più volte le hai dovute sentire, io lo so che mi capirai, e forse così potrai comprendere la profonda gioia che di nuovo sento nel cuore, ora che ho incontrato Daniel. I mesi passati sono stati bui, tristi, ed hanno inciso su di me, rendendomi esile nel corpo ed incerta nello spirito, ma l’amore è arrivato, e come il sereno che inaspettato giunge dopo la tempesta, Daniel ha saputo tramutare il dolore in maturità e la rabbia in compassione. Il cielo ha riacquistato le sue mille sfumature, da quando posso ammirarlo attraverso i suoi bellissimi occhi verdi, e la vita è di nuovo degna di essere vissuta, da quando lui cammina accanto a me.
L’estate ha portato con sé il più dolce dei regali, permettendomi di conoscere Daniel McBright, permettendomi di innamorarmi di lui perdutamente, completamente. La sua vicinanza è stata così preziosa in questi mesi, aiutandomi a superare il dolore e spronandomi a cercare il bello della vita. Non vedevo più nulla, caro Diario, la pena che mi affliggeva il cuore mi aveva resa cieca, ma lui ha saputo prendermi per mano ed insegnarmi nuovamente e vedere, a sentire. La tiepida carezza del sole sulla pelle, il profumo delle viole in giardino, il rosso rovente di un tramonto. Immagini, suoni, sensazioni che non ricordavo più, pezzi di vita che lui ha saputo donarmi di nuovo.
Giunte alla parte più settentrionale del giardino, ci fermammo per un momento vicino al grande faggio: il sole doveva aver accaldato le robuste spalle ricoperte di pizzi e merletti della mia giovane amica, aveva bisogno di un po’ d’ombra. Ci sedemmo sulla panchina in pietra, e mentre lei si godeva rinfrancata quella ritrovata frescura, io sentivo il gelo della pietra penetrarmi nelle ossa. Il sole non aveva scaldato la mia pelle, né il mio cuore. La guardai, così florida e bella, e per un momento ne fui quasi invidiosa: quanto avrei voluto potermi sentire di nuovo così, serena, leggera.
Stupita dei miei stessi pensieri distolsi lo sguardo e mi voltai verso il cespuglio di rose bianche che mi stava accanto, tentando di scacciare quella sensazione di inadeguatezza che come una serpe mi stava divorando, quando ecco la dolce voce della mia amica richiamare la mia attenzione.
CONTINUA A LEGGERE QUESTO RACCONTO... CLICCA QUI.

HOLLY BRIGHT (*)
CHRISTMAS IN LOVE 2010 :  TRE nuovi racconti...ambientati in altre epoche!
(*) Questo è uno pseudonimo, il vero nome dell'autrice verrà svelato a fine concorso.

...E IL DODICESIMO RACCONTO...

CHRISTMAS IN LOVE 2010 :  TRE nuovi racconti...ambientati in altre epoche!
Sono sul gradino più alto della scala e mi sporgo per riuscire a mettere la stella sulla cima dell’alto abete sistemato, come ogni anno, nel salone.
Questo non è mai stato il mio compito, ma da quando la guerra ha portato lontano gran parte degli uomini… a noi donne non è rimasto che adattarci. Scendo e noto che Steve mi tiene forte la scala e Giuliette e Georgette si tengono per mano. Hanno un’espressione estasiata e questo mi ripaga di ogni sacrificio. Per avere questo abete ho ricamato una tovaglia natalizia per la famiglia Bennet, ma loro non sanno che il lavoro è stato eseguito da me… Camille è stata così cara da coprire le mie difficoltà economiche ed è rimasta in questa casa anche se io non mi posso più permettere di pagarla, da quando Andrew è stato dichiarato disperso. Si è tutto così complicato ultimamente, ma per i bambini voglio che questo Natale sia un momento di serenità, per quanto possibile.
«Mamma, è… bellissimo!». Gli occhi di Georgette risplendono di gioia.
«Venite, ho preparato della cioccolata calda con i biscotti» ci chiama Camille.
«Evviva, ora sì che è Natale, con l’albero e la cioccolata!» esplode l’esuberante Steve, ma subito dopo aggiunge: «Manca solo papà…». Nella stanza cala il silenzio, finchè Giuliette, la più piccola dei miei tre figli, interviene con l’ingenuità dei suoi quattro anni: «Ma papà tornerà presto, sapete, mamma? Ne sono certa: ogni Natale le mie richieste sono state tutte ascoltate. Dio è buono e anche quest’anno lui mi accontenterà; e io ho chiesto papà…».
Come posso dirle che suo padre non trascorrerà più il Natale insieme a noi? Come faccio io stessa ad accettarlo? Spero sempre sia da qualche parte, impossibilitato a tornare, ma vivo…
«Suvvia, bambini, godiamoci questo momento, dai! Finite le vostre tazze di cioccolata, da bravi, che ora usciamo per ascoltare i canti intorno all’albero della piazza. Ve li ricordate i canti di Natale?» li cerca di distrarre Camille.
«Sì, io sì! Che bello!» e Steve contagia con il suo entusiasmo le sorelline.
Cosa farei senza Camille? È al nostro servizio da sempre, prima ancora era stata la tata di Andrew. Lei è una di famiglia, lo è sempre stata, in effetti.
«Venite anche voi, Mrs Elisabeth?»
«No, cara, andate voi, se non vi spiace, io non sono dell’umore adatto e poi vorrei preparare quel…» e faccio cenno verso la cucina.
In pochi minuti i bambini, ben avvolti nelle loro mantelline e sciarpe, sono in strada con Camille. E io sono libera di dar sfogo alle mie lacrime, mentre preparo con cura il pudding natalizio. Sono quasi tre settimane che lavoro a questo dolce, come ogni anno: i dolci sono la mia passione e non ho mai rinunciato a prepararli.
Sento la porta d’ingresso aprirsi, dev’essere Camille.
«Cosa avete dimenticato?» chiedo asciugandomi le lacrime con il grembiule.
Nessuno risponde. Allora allarmata appoggio il cucchiaio di legno ed esco dalla cucina. E in entrata davanti a me, come un sogno o un fantasma che temo quasi si dissolva, c’è Andrew. Mi fermo, incredula. Lui rimane a fissarmi sulla porta. Ci scambiamo degli sguardi che non abbisognano di parole. Temo che nell’avvicinarmi a lui tutto possa svanire e forse è quello che prova anche lui che non si muove.
«Andrew… sei davvero tu?»
«Oh, sì, Elisabeth, puoi giurarci. E sono davvero a casa, cara?»
«Sì, amore mio, io ti vedo e ti sento…».
«Bene, allora non corro il rischio che tu scompaia come fossi un’apparizione, se mi avvicino a te, vero?»
«Io non vado da nessuna parte…» e nel pronunciare queste parole mi precipito verso a lui e lo abbraccio forte. Un abbraccio caldo che ricambia con vigore. Poi mi solleva il mento e mi bacia delicatamente quasi potessi infrangermi come un prezioso cristallo al primo si bemolle di un eccellente soprano.
Lei mie gambe barcollano e lui mi sorregge premuroso.
«Dammi un pizzicotto, ti prego…» gli dico d’un tratto.
«No, tesoro mio, nessun pizzicotto» e mi bacia nuovamente, con ardore questa volta.
Dai miei occhi chiusi scendono lente e calde perle di gioia e rigano il mio volto illuminato dalla meraviglia.
Quando li riapro vedo intorno a noi i bambini abbracciati a Camille commossa.
Entriamo nel salone e sotto il nostro grande abete ci abbracciamo tutti. In questa vigilia di Natale nessuno di noi potrà essere più felice e appagato di così. La famiglia è finalmente riunita e ora sono certa: ogni difficoltà sarà facilmente superata, insieme.
Quando mio marito prende in braccio la nostra Giuliette, lei, con aria saggia, gli dice: «Io sapevo, padre, che sareste ritornato… siete voi il dono che ho chiesto per questo Natale al buon Dio!».
La magica atmosfera della festa ci avvolge senza eguali e in lontananza i canti coronano questo nostro indimenticabile Natale…
JOELLE LANEIGE (*)

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(*) Questo è uno pseudonimo, il vero nome dell'autrice verrà svelato a fine concorso.
CHRISTMAS IN LOVE 2010 :  TRE nuovi racconti...ambientati in altre epoche!Vi sono piaciuti questi nuovi racconti dal sapore retrò? Non dimenticatevi di lasciare un vostro commento così potrete partecipare all'estrazione dei nostri premi di Natale.

Appuntamento a lunedì 27/12 per i prossimi TRE racconti di Christmas in Love!
Non mancate!
E ricordatevi che potrete iniziare a votare per i vostri racconti preferiti a partire dal 29/12!


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