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CHRISTMAS IN LOVE 2011: LA VISITA di Anita Gambelli

Creato il 13 dicembre 2011 da Francy
CHRISTMAS IN LOVE 2011: LA VISITA di Anita Gambelli
CHRISTMAS IN LOVE 2011: LA VISITA di Anita Gambelli
 La cena fu servita nel salone dei ricevimenti e in presenza di ospiti la marchesa esigeva che a tavola non mancassero le porcellane di pregio.
Lui fu particolarmente galante con mia madre, la fece ridere, le raccontò storie relative ai suoi viaggi e questo mi convinse ad abbandonare il mio angolo dell’apatia e del risentimento per unirmi a quei due che si divertivano con un bicchiere di vino rosso dei colli in mano. Lei lo esortava a raccontare dei suoi viaggi, dei suoi incontri. “Avete conosciuto tante donne, immagino, conte.” Mia madre, di nuovo lei, la nobildonna che aveva scandalizzato le parigrado pesaresi con la sua indole scostumata. Mi sedetti e restai in ascolto. Quei due avevano bevuto, ma entrambi sembravano reggere bene il carico alcolico. “Le più belle sono qua davanti a me, poi c’è Lorenza, e le altre sono le donne del sud. C’è chi tra esse ha l’oro tra i capelli, il mare sulla pelle, gli occhi neri come le notti senza luna. Sono le eredi di coloro che invasero il Mediterraneo spargendo sangue e vita.” L’immagine che si creò nella mia mente fu di violenza, di morte e di lussuria. Percepii un fremito. Mia madre gli sorrise, ma notai che l’aveva turbata. Ne dedussi in fretta che doveva aver moglie da quelle parti e che ero stata una stupida a farmi delle illusioni. In ogni modo avrei fatto meglio a ritirarmi per la notte. “Siete un ammiratore entusiasta.” “I paesaggi mi affascinano.” “Non solo quelli.” Stavano, come dire, amoreggiando? No, ma sembrava che fossero impegnati in un gioco di seduzione. Il conte pareva che inventasse ogni singola parola e lei si dilettava come mai da un po’ di tempo a quella parte. Come darle torto? Anche sulla marchesa chiacchieravano le nobili signore e non perché fosse una poco di buono. La figlia del gonfaloniere aveva sposato il marchese Gentilini per amore ed era sempre stata una moglie devota, tuttavia era intelligente e curiosa e nulla la frenava dall’intrattenere conversazioni ‘proibite’. Non era di quelle dame che a fine pasto si ritiravano a ricamare. Se non aveva la possibilità di discutere, persino di politica, la si poteva incontrare al tavolo da gioco. “Avete visitato l’intera penisola?” “Sì.” Eravamo esterrefatte. “Avete dunque passato le montagne dopo Salerno e siete sceso oltre Scilla e Cariddi, nelle isole del fuoco?” Rise. “Sono stato in Sicilia. E’ una terra matura. La cucina è saporita come i suoi colori; la terra è calda come le sue viscere; le vestigia storiche raccontano un passato glorioso e introvabile altrove. Ovunque c’è bellezza e là non potevo non andare.” “Non avete dunque avuto paura dei briganti?” “Ho attraversato il mare. Mi sono imbarcato a Napoli.” A noi era capitato di andare un’unica volta via mare, a Rimini; le vie d’acqua erano come le strade, ugualmente insidiose. “Il nostro ospite ha frequentato salotti e teatri, intrecciato amori importanti...” “Non li definirei importanti. Io sono attratto dalla bellezza in tutte le sue forme, ma vedete, essa mi sfugge, la mia è una ricerca incessante.” “Se sono soltanto mere passioni ciò che il vostro spirito irrequieto va cercando, voi siete uno scellerato. – Intervenni senza permesso in un moto di gelosia. - Le signore dovrebbero abbandonare la sala al vostro arrivo. Di voi ho capito che, come tutti gli uomini di genio, e voi di genio ne avete in quantità, voi siete… matto! – Mia madre trasalì, scandalizzata dalla mia sfacciataggine. Il conte Argento si limitò ad intrecciare le mani e poggiarci sopra il mento, accavallò le gambe e mi sorrise, incuriosito dalla mia esternazione. – E per piacere perdonate il mio pensiero… Con permesso.” Mi alzai dalla poltrona e li lasciai soli. Uscii dalla stanza, richiusi le porte e mi sdraiai sul divano nel corridoio, sperando che non passasse anima viva. “Teresa, vi prego, rientrate con noi.” Non potevo sperare che perdonasse la mia insolenza, invece il sorprendente conte era là, sulla porta, e mi sorrideva, suadente. Aveva perciò perdonato la mia impertinenza? Mi consideravo una donna aperta di vedute, ma un uomo così da dove veniva? Apprezzava la forza in una signora? Tommaso mi avrebbe redarguito aspramente. Lui come chiunque altro vedeva nelle donne di casa degli angeli senza ali. Eravamo templi da venerare e solo quelle che restavano fuori dalla cerchia familiare si potevano sfruttare fino al midollo. “Rientrate con noi, Teresa.” “Non siete arrabbiato per le mie parole inopportune?” “Mi piacete, Teresa. Voi siete molto diversa dalle altre donne che ho incontrato fino a oggi e vorrei, per favore, che suonaste qualcosa per me.” Mi sembrò  sincero. Mi alzai e accettai la sua mano. Non gliel’avrei lasciata se dentro non ci fosse stato lo sguardo severo di mia madre che mi trascinava fino al pianoforte, al quale mi accomodai con rispettosa grazia. Adoravo esibirmi, sapevo di scatenare brividi nei commensali maschi satolli e sensibili al fascino di una fanciulla seduta in punta di sedia con la schiena diritta e leggermente protesa in avanti, a evidenziare il busto sottile, alla luce tremante delle candele. Le braccia si muovevano rapide e sensuali, le mani esprimevano il doppio linguaggio della musica e del piacere. I miei genitori erano orgogliosi del mio talento; mia sorella Lorenza non aveva nulla da invidiarmi e Tommaso mi fissava con austerità, quando suonavo per loro. Riempivo i polmoni con un profondo respiro e iniziavo. “Brava!” Mia madre si alzò in piedi, era una mia grande sostenitrice; condividevo con lei l’animo inquieto e ribelle. Sorpresi il conte di Villalta con gli occhi umidi. L’oscuro conte Francesco Argento di Villalta. CHRISTMAS IN LOVE 2011: LA VISITA di Anita GambelliIl nostro ospite ce lo aveva regalato il mare in tempesta; la nave su cui viaggiava aveva fatto naufragio nei pressi della Vallugola. Desiderava vedere la villa di campagna, l’avevamo accompagnato per una visita; ci aveva sorpresi il brutto tempo e restammo isolati. Strane trame tesse il destino. Mancava un giorno al Natale, dovevano raggiungerci mio padre, Lorenza, Tommaso, ma l’inaspettata quanto incredibile nevicata aveva reso inaccessibile la villa.  Mi sentivo attratta dal conte come l’ago magnetico della bussola al nord e non sapevo proprio come avrei fatto a desistere dall’insopportabile tentazione di desiderarlo più dell’aria che respiravo. In cuor mio speravo ancora che dormirci sopra, tornare a Pesaro, rivedere Lorenza, trascorrere del tempo con Tommaso, avrebbe riportato ogni tassello al giusto posto.
“La sua stanza, conte.”
La domestica improvvisò un inchino, che risultò goffo, ma che Francesco Argento trovò tenero, poiché le sorrise. Gli avevamo dato la camera dell’infaticabile Ercole; ogni stanza da letto era a tema mitologico. La mia era dedicata a Venere e mi ci chiusi dentro, dopo che mi augurò una squallida buonanotte in punta di dita. Mi rigiravo nel letto come una polpetta sul fuoco. Non avrei dormito quella notte, ormai dovevo prenderne atto, quindi l’unica cosa che mi restava da fare era di scendere nella galleria a passeggiare sperando di essere colta da un sonno urgente. Scesi le scale, raggiunsi la galleria, al buio. Non portai una sola candela con me, volevo perdermi, semmai ci fossi riuscita; volevo sprofondare in una voragine di tenebre senza vie d’uscita. In questo modo la mia testa e il mio cuore si sarebbero impegnati in attività diverse da quella che pretendeva la mia completa attenzione. Scorsi una fiammella oltrepassare la porta del giardino d’inverno. Intabarrata come un viandante, con la cuffietta allacciata sotto il mento, parevo uno spettro; così mi liberai della cuffia rendendo giustizia alla mia folta chioma, e gettai su un sedile la mantella. L’avevo riconosciuto, era Francesco, e il fato davvero si stava divertendo a tormentarmi. Cosa ci andava a fare lì dentro? Il solo pensiero di sorprenderlo con una donna tra le braccia mi trapassò da parte a parte come un dardo mortale. Entrai. Lo vidi seduto su una panchina. Restai un attimo nascosta ad osservarlo, ma fu giusto un attimo perché un mio movimento produsse un fruscio tra le foglie che lo fece voltare di scatto. “Francesco… Sono io.” “Teresa! Pensavo che questo posto fosse popolato dai fantasmi.” “Dubito che ce ne siano… La villa l’ha fatta costruire mio padre… - Spiegai, avvicinandomi. – Ma ora torno di sopra e…” “No, no, resta, ti prego.” “Ero nella galleria, ti ho visto entrare. Non riesco a dormire.” Stemperò  gli imbarazzi in un dolce sorriso. Mi chiamò a sedere accanto a sé. Ubbidii e gli indicai la cupola. Era una notte fredda. Il cielo non aveva portato che neve e un chiarore abbacinante aveva tinto l’aria della giornata appena trascorsa. Era ripreso a nevicare e i fiocchi tessevano rapidamente un nuovo velo sulla cupola del giardino d’inverno. Fui colta dai brividi, si gelava, e io ero vestita di ben poca cosa. “Vieni più vicina.” Mi lasciai convincere, ma restai comunque rigida nella mia posizione. Non si era cambiato per la notte, vestiva gli stessi abiti della cena. Da lui mi arrivavano note di cuoio, di tabacco, potevo sentirlo respirare. Il dorso della sua mano destra mi sfiorò il mento, costringendomi con gentilezza a sollevare lo sguardo fino a incontrare il suo. In una notte priva di luna e di stelle vedere il celeste dei suoi occhi mi sembrò un miracolo. Cercavo la passione, non la conoscevo, ma la bramavo come se l’indomani il mio cuore disgraziato avesse cessato di battere. Non avrei danneggiato alcuno se fossi morta. Piegò la testa su un lato e si avvicinò a cercare le mie labbra. Indugiò, lasciò che decidessi io cosa fare, lui poteva tornare indietro. “Solo se lo vuoi”, mi sussurrò contro la bocca. “Sì, lo voglio.” Neppure all’altare sarei stata tanto convincente. Non pensai per un momento a Tommaso che mi attendeva in chiesa con un mazzo di fiori tra le mani e la promessa di starmi vicino per sempre. Tommaso quella notte era lontano, era ancora lontano quel giorno di primavera già fissato, e io ero nella bocca di Francesco Argento, che se ne sarebbe andato da Pesaro così come c’era capitato, e il ricordo di lui mi avrebbe accompagnato per il resto della mia, mi augurai, lunga vita.
CHRISTMAS IN LOVE 2011: LA VISITA di Anita Gambelli

CHRISTMAS IN LOVE 2011: LA VISITA di Anita Gambelli 

CHRISTMAS IN LOVE 2011: LA VISITA di Anita GambelliMi chiamo ANITA GAMBELLI,  sono ‘grande’, ho un marito, un figlio, un cane, una gatta e due tartarughe d’acqua. Al momento sono a casa e mi dedico con passione alla scrittura e alla lettura. Sono autrice di due romanzi in vendita tramite il sito de ilmiolibro.it : ARRIVA IL TEMPORALE e LE INCANTATRICI.
 VISITA IL SUO SITO: http://anitagambelli67.wordpress.com/

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