La trama (con parole mie): Andrew, Matt e Steve sono tre liceali dai destini apparentemente molto diversi. Il primo è un ragazzo timido e chiuso, un weird guy dalla madre morente ed il padre ex pompiere violento e alcolizzato, il secondo il cugino cool del primo, sempre pronto a spronare il brutto anatroccolo della famiglia a tirarsi fuori dal guscio anche per farsi bello.Il terzo, invece, è il tipico vincente: candidato rappresentante d'istituto, sportivo, di successo a scuola e con le ragazze.Quando, nel corso di un rave, una misteriosa scoperta regala loro dei superpoteri legati alla telecinesi, i ragazzi divengono inseparabili, e si esercitano documentando il tutto su videocamera affinando sempre più le loro abilità, passando dall'assemblare comunissimi Lego per arrivare a volare e progettare di viaggiare in tutto il mondo.Ma "da un grande potere derivano grandi responsabilità", e sarà proprio questo l'inizio del disastro.
Sono passati ormai dieci anni tondi tondi dall'esordio cinematografico dello strabiliante primo Spider Man firmato Sam Raimi, quello che fu la pietra angolare di una vera e propria rivoluzione nell'ambito dei film di supereroi: dall'esplosione della Marvel culminata con il recente Avengers ai celebratissimi Batman targati Christopher Nolan, il genere ha originato un vero e proprio boom in grado di portare alla realizzazione di pellicole "contro" come Kickasse Super e molti titoli decisamente poco degni anche e soprattutto di una distribuzione su larga scala.
Anche il piccolo schermo ha reso omaggio al concetto di supereroe, dalla meteora Heroes al mitico - almeno per le prime due stagioni - Misfits, cercando nel suo piccolo di innovare una tradizione che rischiava di divenire stantìa e poco stimolante per autori e spettatori.
E' proprio da quest'ultimo che prende spunto Josh Trank - giovanissimo regista da tenere d'occhio, classe 1985 - per questo suo Chronicle, che pare mescolare le idee della corrente alternativa della sci-fi in stile District 9 con l'irriverenza di Nathan e soci: partendo dall'idea del finto documentario - tutto è girato con la camera a spalla come fosse una ripresa amatoriale, in bilico tra il fastidio che questo approccio può provocare nello spettatore ed idee metacinematografiche notevoli come il dialogo tra Andrew e la madre in cui il ragazzo risponde alla domanda "Chi ci sta guardando?" con "Milioni di persone in tutto il mondo, mamma": geniale - il regista ci porta a riflettere sull'annosa questione del "da grandi poteri derivano grandi responsabilità" che fece la fortuna proprio dei personaggi Marvel - i cosiddetti "supereroi con superproblemi" - mostrando l'effetto che l'essere di fatto superuomini può avere su tre adolescenti diversi tra loro, legati proprio dal potere acquisito da un'amicizia tanto stretta quanto potenzialmente rischiosa.
Interessante, in questo senso, vedere la nuova condizione dei tre giovani influenzarli ribaltando di fatto quelli che sono i loro ruoli all'interno della spesso crudele società dell'high school portando Andrew ad una progressiva esplosione dovuta alla rabbia accumulata in anni di soprusi vissuti tra le mura domestiche e quelle della scuola, più forte anche della meraviglia per le abilità acquisite e della vicinanza di Matt e Steve, il primo più attento a contenere e responsabilizzare gli altri due ed il secondo stregato dall'aspetto ludico dei suoi poteri - tutti e tre gli interpreti, giusto per non farsi mancare nulla, funzionano e anche bene -.
Se, però, da un lato la sceneggiatura non brilla per originalità spiccata - fin dal principio abbiamo chiara l'escalation che minerà la solidità del gruppo - e specialmente nella seconda parte tende a perdersi almeno in parte e la regia spesso appare confusionaria - non tutti sono in grado di realizzare cose pregevoli con lo stile da mal di mare del mockumentary -, il comparto tecnico è davvero notevole, dalla messa in scena - il production designer, del resto, è Stephen Altman, figlio del grande Robert - agli effetti, assolutamente prodigiosi sia nella resa dei poteri dei ragazzi sia sulle conseguenze degli stessi rispetto all'ambiente circostante.
La cosa più interessante, però, è e resta la riflessione che l'intera pellicola stimola nello spettatore, quasi ci trovassimo di fronte ad una versione più matura - nonostante l'età dei protagonisti - e decisamente meno sguaiata e tamarra di Hancock, in cui personaggi con talenti ed abilità straordinarie trovano in loro stessi i nemici peggiori che potrebbero esistere, schiacciati dalla consapevolezza di essere arrivati - come riflette lo stesso Andrew - ad un nuovo stadio evolutivo.
Come se non bastasse, la sensazione di vuoto di cui si parla dai tempi della famigerata generazione x pare trovare terreno fertile in questi figli del nuovo millennio soffocati dal concetto di reality e da social network sempre più "in presa diretta", senza avere un indirizzo preciso sul quale puntare le proprie giocate, se non la fuga - il filo conduttore del viaggio fino ai confini del mondo da loro conosciuto, il Tibet, in cui monaci imparano a governare se stessi grazie alla meditazione e alla ricerca della pace interiore -.
Niente di nuovo sotto il sole, eppure un niente di nuovo che ribolle energia e voglia di spaccare tutto, quasi il regista volesse ricordarci quello che si prova quando ci si affaccia sulla vita da adulti - con tutti i suoi pro e contro - e si crede di poter controllare tutto: il fatto è che non esiste alcun potere in grado di permetterci di controllare davvero soprattutto noi stessi.
E Andrew, Matt e Steve, con i loro scherzi ed i loro voli a perdifiato, sono i primi a (non) saperlo.
Come tutti i ragazzi della loro età.
MrFord
"The faster we're falling,
we're stopping and stalling.
we're running in circles again
just as things were looking up
you said it wasn't good enough.
but still we're trying one more time."Sum 41 - "In too deep" -