Ci si mette una vita – Federico Russo

Creato il 31 marzo 2012 da Farnocchia

[questa recensione l'avreste dovuta trovare su CLAMM ma, come potranno vedere i "capi", non ho potuto apportare le modifiche che mi erano state chieste perchè avevo totalmente dimenticato questo testo nelle varie cartelle del pc e perchè ho tempo pari a zero. Così ho deciso di metterla qui, nonostante i difetti di scrittura, perchè questo libro va pubblicizzato più di quanto è stato fatto.]

“che poi è così importante sapere cosa c’è dall’altra parte?”

 C’è chi imposta tutta la sua esistenza su questa domanda, nel tentativo di capire cosa si nasconde dall’altra parte di quel muro che il destino ci mette davanti; poi c’è chi fa spallucce e fischiettando si prende tutto il tempo che gli pare per girare intorno a quel muro; ed infine c’è chi ci mette una viva per arrivare dall’altra parte, per poi vedere che non ne vale la pena! Rubens fa parte di quest’ultimo gruppo, ma per rendersene davvero conto dovrà fare un bel po’ di kilometri, fino ad arrivare a quell’afosa estate del 2006.

Gianfrancesco Rubeni, per gli amici (quelli di sempre) Rubens, è giornalista sportivo alla soglia dei 30 anni che, come molti altri, ha inseguito il suo sogno fino alla grigia Milano, lasciando amici, ricordi e Monica Vitti nella sua amata Firenze. Ha faticato molto per arrivare dov’è ed ora sembra essere arrivato il momento del riscatto: partirà a breve per Berlino in vista dei mondiali di calcio. Momento perfetto per scappare da quella città dopo che Anita, quella che pensava essere la donna della sua vita, l’ha mollato senza se e senza ma per un fotografo frikkettone da quattro soldi. Altro che muro! La sua strada è ormai spianata ed entusiasmanti avventure lo attendono. Fino a quella sera di maggio, bruscamente interrotta dalla telefonata di Valeria, la ragazza del suo migliore amico: c’era stato un incidente, Carlo era in ospedale! Nulla sarà più uguale dopo quel breve dialogo che porta Rubens a prendere il primo treno per Firenze, dove nulla sembrava essere cambiato: il gruppo di amici, la casa dei suoi, i tanti “perché” accantonati in un cassetto del suo cervello e la sua Monica Vitti, un po’ arrugginita ma sempre attiva. Aiuterà e si farà aiutare da Carlo nella presa di coscienza e nell’affrontare la disabilità, si farà rubare i cd da Pico, mangerà i piatti di Gazza e vivrà con loro la notte che illuminò l’Italia intera, la finale dei mondiali! Riscoprirà i veri piaceri della vita, rivaluterà l’essenza dell’amore e potrà finalmente innamorarsi ancora di quella città che ancora dopo trent’anni, dalla terrazza del suo amico, gli toglie ancora il fiato.

“Continuò a fissarmi, fece un grosso respiro. Tremava di rabbia. […] capii che quello sfogo non sarebbe mai arrivato ad una conclusione. […] il dolore è come una malattia tropicale, non si toglie mai completamente. Questo lo sapevamo entrambi”

 Un inno all’amicizia, alla genuinità della vita e delle cose semplici che fanno vedere di un uomo la parte migliore di sé. Questa frase rispecchia a pieno il mio personalissimo pensiero su questo libro, acquistato con molta curiosità nei confronti dell’autore, e sul quale avrei da dire ancora molto.

Federico Russo lo conosciamo tutti, lo vediamo ridere e scherzare in tv come in radio ma nessuno poteva immaginare questa destrezza anche con la macchina da scrivere (mi piace pensare allo scrittore come un uomo da pipa in bocca e rudimentale macchina da scrivere). È stata una conferma ritrovare la spensieratezza e la semplicità che avevo visto in altri episodi in lui, ed è stata una rivelazione vedere come un ragazzo, un uomo, possa diventare umile a tal punto da mettere nero su bianco le sue paure e le sue domande riguardo un evento che sconvolgerebbe la vita di chiunque. Tutti sappiamo riempirci la bocca di parole riguardo la disabilità, finchè non capita a noi  ed è proprio in quel momento che si fa i conti con se stessi e con il mondo intero, facendo diventare una calda estate italiana  un libro/diario da tenere ben visibile nella libreria di ognuno di noi.

“ti voglio bene Anita, pensai, o forse lo sussurrai così piano da non riuscire a sentirlo neanch’io.  Me ne vado perché non avrei mai pensato di cambiare in così poco tempo, [..] perché voglio essere presente quando c’è bisogno di me, perché ho troppe cose da fare qui e a volte per risolvere tutto ci si mette una vita, e non c’è tempo!”

Dimenticavo, non vi ho presentato Monica Vitti e non ho intenzione di farlo; le parole le lascio al libro sperando di avervi incuriosito.

“a volte la scelta giusta arriva quando non sei lucido, perché non pensi alle possibili conseguenze”


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