Ci sono tante Puglie: La luce

Creato il 26 giugno 2012 da Cultura Salentina

@Gianfranco Budano: Poised

Gli uomini della Puglia

Io – dice Emilio Pasquini, ordinario di Letteratura nella Università di Bologna – ho avuto il privilegio di correggere gli scritti del grande sindacalista di Cerignola, Giuseppe Di Vittorio, di cui han fatto la fiction televisiva qualche tempo fa. Peppino, come lo chiamavano tutti, aveva una grafia fittissima, erano pezzi caotici pieni di passione di sangue; quando li leggevo mi sentivo ribollire, me ne lasciavo pervadere completamente, al punto che abbandonai le mie idee e diventati marxista, anche se per poco; i suoi scritti erano pieni di strafalcioni, veri e propri orrori di sintassi e di ortografia, perché erano ovviamente scritti di getto, e si sa che Di Vittorio era un autodidatta, ma la foga con cui si parlava di liberazione della masse era un fuoco che non ti poteva non contagiare …Poi ho conosciuto Cassieri Tommaso e Vittore Fiore, Bodini, Macchia, Spagnoletti, Carrieri, Sansone, Marti, Spongano, che è stato mio professore all’Università di Bologna, e poi Donato Valli, tutti insigni personaggi della Puglia, degni di stare accanto ai Giustino Fortunato, De Viti de Marco e Salvemini …e poi ho conosciuto Moro, un uomo incredibile… Moro aveva la sottigliezza degli arabi, un’intelligenza davvero mostruosa, nessuno gli perdonò mai quella intelligenza troppo viva, troppo superiore agli altri, ma aveva anche una carica umana straordinaria. Era molto riservato, molto timido, e tuttavia destava un mare di invidie e gelosie…per la sua genialità. Era un faro.

La luce

Cercavo la Puglia assetata – dice Sgorlon – e ho trovato la luce, il biancore delle case, abbacinante, quel riverbero di luce incredibile che vedi ad Alberobello, a Martina Franca, a Grottaglie, che rispettano la regola universale del bianco attraversato da ringhiere grigie. Qui è speciale – dice padre Gonzales Martin, letterato, storico, meridionalista – il taglio delle ombre, per la sua chiarezza, ma sono ombre calde. E’ il clima che fa crescere bene gli olivi e le palme, e poi quel che ti conquista è il vivere sulla strada, sulle porte di casa, sui marciapiedi, questo vivere in strada porta la gente a dialogare ad essere più loquace e quindi disposta ad accogliere. E infine quei ricami di pietra che sono le chiese. Il barocco leccese è ricco volubile fiorito stravagante, una sorta di liberty, un esplosione di follìa, libertà, gioco… E’ come Lecce, che ha una sua bellezza fragile e armoniosa, aristocratica, una città che si sposa col colore della sabbia, della pietra, e col verde argentato degli ulivi…ma io m’incanto a guardare il romanico, così arioso, chiaro, scabro, nudo, essenziale, con una semplicità che è adesione all’innocenza e novità al mistero. Significa farsi puri e semplici di fronte a Dio. E’ come voler veramente farsi una casa di luce, la casa del sole e di Dio, con quella linea geometrica, la pulizia, che trovi anche nelle architetture rurali… Sgranato come un rosario bianco accecante su una collina dell’altipiano delle Murge, coi suoi 1430 trulli, ecco Alberobello,la capitale di queste architetture rurali, costruiti, pietra su pietra, senza uso di malta,solo strati di pietra calcarea tirata a calce, stretti l’uno all’altro come fratelli, con i tetti grigi fatte da chiancarelle sovrapposte. E i muri sono intonacati con argilla e calce e paglia d’orzo. Quando vidi per la prima volta i trulli, -dice Khaled Allam,- pensai ad un campo dove le tende erano di pietra, mi ricordai improvvisamente la mia beduinità, mi ricordai di Chatwin quando dice che un tempo tutto il mondo era nomade e poi è divenuto sedentario. Ecco i trulli rappresentavano questo passaggio.

Gli ulivi

Se guardi gli ulivi, -dice Antonio Piromalli -, ti sembra di vedere la personificazione degli antenati pugliesi, di quei popoli che sono sbarcati o che hanno popolato il Salento, ulivi antichissimi e una raccolta terribile di teschi. Qui la cultura è contadina, ogni bene viene dalla terra, la terra è la fede di quel popolo. La Puglia potrebbe costituire una Repubblica a se, hanno ragione i politici pugliesi a chiedere il riconoscimento di luogo di frontiera, perché la Puglia è già frontiera mentale, pensiero, sogno, prima che luogo reale affacciato sul mare, sulle coste dell’altra sponda, in quell’immensa pianura io colgo un senso di serenità profonda che penso venga dal mare, dalle regioni del mito. La Puglia per me nasce dal cuore dell’Egeo.

Inizio e fine

Ci sono due luoghi in Italia – dice Marabini – che sono l’inizio e la fine della nostra cultura, Trieste e Leuca. Leuca è un luogo di chiarore proiettato nella luce del bene che tanti di noi pensano di aver perduto nel corso dei secoli, il bene che esisteva nella terra di Pindaro e Platone, il bene descritto da Pitagora e da Archita, è ancora lì, a Leuca dove la materia ha trovato la grazia del divenir luce, la gioia del passaggio, l’energia lirica che scaturisce dalla tensione verso un punto che la trascende. Io sono legato a quel tempo ed è come se andassi alla ricerca di quel tempo annidato laggiù, a Leuca, finibus terrae. Lì si è fermata la vita che non esiste pù da nessuna altra parte, ma contemporaneamente ho paura a toccare quel luogo, perché il mistero potrebbe svanire e potrebbe svanire l’incanto che coltivo nel mio cuore, nella mia mente.

Roma, 21 maggio 2012


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