Un aneurisma, hanno detto. Mi ha fatto pensare agli interruttori di ceramica di una volta, quelli che avevano una manopolina a farfalla, invece del pulsante, che quando la giravi, la farfalla, si spegneva ogni cosa e tu rimanevi al buio, quell’attimo sospeso che ricordava la luce di poco prima, per poi piombare nell’oscurità senza limiti. Deve essere stato così anche per te, un attimo, poco prima la luce e poi il buio, per sempre. Si diventa fatalisti da grandi, ce lo siamo dette mille volte, ogni volta ai ” funerali della scuola “, la mamma di quella, il marito dell’altra. Ci si diceva sgomente, capita, si è sotto il cielo, aggiungevi tu. Sorretta da una fede discreta, non rumorosa o esibita, avevi però allergia profonda per i funerali. Ti dava fastidio la tanta gente che mostra dolore, senza provarne, sepolcri imbiancati, definizione tua, anche questa. Ma alla fatalità non so arrendermi, non ci sono riuscita stamattina, nonostante abbia la tua immagine muta e ferma davanti agli occhi. Mi vengono in mente i sorrisi, il tuo modo di raccontare, il tuo tirarti la giacca verso il petto, il cappello di lana d’inverno, le gite fatte insieme, il viaggio a Trieste, tanti, troppi anni fa, come eravamo giovani! E nonostante non ci si trovasse come prima, tutti i giorni, nelle nostre aule, era sempre vivo il tuo interesse per quello che facevamo e per quello che anche tu facevi, altrove. Domenica hai mandato messaggi a tutti: Domani niente scuola, per l’allerta meteo. Ti ho risposto, sì, credo, non riesco a ricordare quest’ultima cosa così vicina nel tempo. Ti sei accorta del distacco? Spero di no, se te ne fossi resa conto non te ne saresti andata via, non avresti lasciato tua figlia, tuo marito, questo vuoto terribile e senza fine. Non riesco neppure a dirti riposa in pace, tu eri già in pace con te stessa e con il mondo… amica mia carissima continua a stare lì dove sei sempre stata, nei nostri cuori per sempre, cara, per sempre.
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