I grandissimi dello sport e del calcio, nella fattispecie, passano nel tempo, né più né meno di tutti quanti gli altri esseri mortali. E' una questione anagrafica. E' una legge della natura! Quel che resta è il ricordo, le prodezze, ma soprattutto per i tifosi della “pedata” quel che rimane, per sempre, è la propria squadra del cuore. Sivori e Charles, Riva e Rivera, Van Basten e Gullit, Platini e Maradona, Del Piero e tanti altri campionissimi hanno saputo "appendere gli scarpini al chiodo" quando ancora erano in grado di calciare meglio di tanti altri giovanissimi scarponi. Ma proprio per questo sono stati dei “grandissimi”, perché si sono ritirati quando la loro parabola iniziava a scendere, quando il loro tempo non era ancora scaduto. Quel che è accaduto al “Capitano”, come ancora lo chiamano a Roma, è quanto di più triste possa succedere ad un grande campione dello sport: non prendere coscienza del tempo che passa. Si dice che errare è umano, ma perseverare è da Totti: a 40 anni suonati la tribuna se l’è cercata. E così la Roma ha deciso per lui e ha spedito il suo monumento targato “numero 10” in tribuna. Ieri i giallorossi sono scesi, comunque, in campo con i tifosi che prima del fischio d'inizio inneggiavano al “C’è solo un Capitano” e a fine partita, dopo aver liquidato con cinque pappine i palermitani, ne sono usciti tra gli applausi e con tutto lo stadio in piedi che cantava “Grazie Roma”. Nel calcio quel che conta non è partecipare, ma vincere. Le vittorie leniscono ogni ferita, fanno dimenticare tutto e tutti. I giocatori passano e finiscono nella bacheca delle società assieme ai trofei. Le squadre no. La "maglia" resta, per sempre!
I grandissimi dello sport e del calcio, nella fattispecie, passano nel tempo, né più né meno di tutti quanti gli altri esseri mortali. E' una questione anagrafica. E' una legge della natura! Quel che resta è il ricordo, le prodezze, ma soprattutto per i tifosi della “pedata” quel che rimane, per sempre, è la propria squadra del cuore. Sivori e Charles, Riva e Rivera, Van Basten e Gullit, Platini e Maradona, Del Piero e tanti altri campionissimi hanno saputo "appendere gli scarpini al chiodo" quando ancora erano in grado di calciare meglio di tanti altri giovanissimi scarponi. Ma proprio per questo sono stati dei “grandissimi”, perché si sono ritirati quando la loro parabola iniziava a scendere, quando il loro tempo non era ancora scaduto. Quel che è accaduto al “Capitano”, come ancora lo chiamano a Roma, è quanto di più triste possa succedere ad un grande campione dello sport: non prendere coscienza del tempo che passa. Si dice che errare è umano, ma perseverare è da Totti: a 40 anni suonati la tribuna se l’è cercata. E così la Roma ha deciso per lui e ha spedito il suo monumento targato “numero 10” in tribuna. Ieri i giallorossi sono scesi, comunque, in campo con i tifosi che prima del fischio d'inizio inneggiavano al “C’è solo un Capitano” e a fine partita, dopo aver liquidato con cinque pappine i palermitani, ne sono usciti tra gli applausi e con tutto lo stadio in piedi che cantava “Grazie Roma”. Nel calcio quel che conta non è partecipare, ma vincere. Le vittorie leniscono ogni ferita, fanno dimenticare tutto e tutti. I giocatori passano e finiscono nella bacheca delle società assieme ai trofei. Le squadre no. La "maglia" resta, per sempre!