In questo nebbioso novembre le antiche parole pronunciate da Socrate fotografano con cristallina precisione il repentino susseguirsi di eventi che hanno vivacizzato non poco la recente settimana in casa Hellas. Dopo cinque anni, ironia della sorte nel giorno del proprio onomastico, Andrea Mandorlini non è più l’allenatore del Verona. Fatali sono state, purtroppo per lui, le prime quattordici giornate di questo campionato che vedono la squadra occupare in desolata solitudine l’ultimo posto in classifica, senza aver mai vinto nemmeno una partita. Un avvio deficitario e quanto mai inaspettato davanti al quale la società, dopo aver resistito testardamente forse anche oltre il lecito, ha deciso di cambiare. Dopo cinque stagioni tratteggiate da emozioni forti come due promozioni ed una quasi qualificazione all’Europa League, anche per il tecnico di Ravenna sono purtroppo arrivati i titoli di coda. Un ciclo vincente che si chiude nel peggiore dei modi ma così va’ il calcio, prendere o lasciare. Una bella ed avvincente storia durata un lustro, impreziosita da 216 panchine che collocano il mister al quarto posto assoluto nella storia degli allenatori gialloblù dietro “mostri sacri” come Giancarlo Cadè, Angelo Piccioli e Osvaldo Bagnoli. Oltre a questo, invece, un piccolo record che per ora gli appartiene in solitaria e lo colloca al primo posto assoluto nella storia scaligera perché Mandorlini è l’unico allenatore protagonista in riva all’Adige di ben due promozioni. Due incredibili cavalcate durante le quali il Verona è risalito dagli inferi della Lega Pro, dove era tristemente precipitato, sino all’olimpo della serie A.
Era il lontano 9 novembre 2010 quando, convinto dal compianto presidente Giovanni Martinelli, l’ex tecnico del Cluj arrivò a Verona, chiamato a sostituire Giuseppe Giannini, nel tentativo di risollevare le sorti di una squadra alla deriva, tristemente relegata addirittura in zona play out. Nessuno, nemmeno lui, avrebbe immaginato che da lì avrebbe preso piede un’avventura come quella sopra raccontata. Durante questi cinque anni, preso com’era nel portare avanti contro tutto e tutti il suo credo tattico, Mandorlini ha visto nascere tra i tifosi due opposte fazioni di stampo quasi manicheo. Da una parte quelli convinti che il 4-3-3 rimaneva il modulo perfetto dall’altra, invece, tutti coloro che ritenevano un delitto sacrificare i giocatori a disposizione sull’altare del tanto agognato equilibrio tattico. In questo periodo il popolo gialloblù ha potuto ammirare anche la sua spiccata personalità, sempre pronto a “metterci la faccia” per primo per difendere l’operato dei propri giocatori, senza mostrare mai nessun timore nel manifestare il proprio pensiero davanti a taccuini e telecamere. Un aspetto questo che lo ha portato spesso a pagare un prezzo del tutto sproporzionato rispetto alle sue effettive responsabilità. Tutte le storie, però, anche le più belle, purtroppo finiscono ed è successo che anche quella tra Mandorlini e Verona ha trovato il suo triste epilogo. A bocce ferme, l’errore forse più grande commesso dall’allenatore di Ravenna, è stato quello di accettare un biennale quando la soluzione più giusta – ma anche la più difficile – sarebbe stata quella di fermarsi e andare alla ricerca di nuovi stimoli verso altri lidi. Il suo motto, di shakespeariana memoria, è stato sempre “non ci può essere mondo al di fuori delle mura di Verona”, quindi è facile immaginare come davanti ad una scelta di cuore non gli sia rimasto molto da fare o pensare.
Ora al suo posto, dopo giorni di frenetiche trattative, la società di Via Belgio ha chiamato, ironia della sorte, il navigato ed esperto Gigi Delneri, ex tecnico durante la sua ultratrentennale esperienza di squadre come Sampdoria, Juventus e Roma ma, soprattutto, autore di stagioni importanti alla guida del famoso Chievo dei miracoli. A lui, oltre a prendere il posto di uno degli allenatori più amati della storia gialloblù, spetta ora un compito quasi proibito chiamato salvezza. Fin dal suo arrivo l’allenatore friulano ha già portato una ventata di novità come l’intenzione di affidarsi al 4-4-2 piuttosto che gli allenamenti quasi tutti a “porte aperte” , per avvicinare tifosi e squadra in questo momento di particolare difficoltà. Per ora la sua avventura è iniziata con il piede giusto, vista la prima vittoria ottenuta quasi allo scadere in coppa Italia contro il Pavia.
In ogni caso, qualunque sia l’esito finale, e nonostante i tifosi gialloblù amino cantare “cambieranno i giocatori, il presidente, l’allenator ma il Verona resterà sempre nel mio cuor”, sarà molto difficile per tutti i tifosi, guardare il terreno del Bentegodi e non vedere più Mandorlini davanti a quella panchina che per cinque anni è stata suo feudo incontrastato. Anche se questo potrebbe non essere un addio ma magari anche solo un semplice arrivederci, siamo sicuri che mancherà a molti di noi.. Ciao Mister, grazie di tutto….
Enrico Brigi
twitter @enrico_brigi
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