Era una donna che non passava certo inosservata: rotondetta, ma in modo grazioso, camminava appoggiandosi a un bastone, lo stesso che usava per indicare alla lavagna i concetti fondamentali, facendo fare al malcapitato di turno un salto così. La sua caratteristica più evidente, quella che l'ha resa famosa nella scuola ma anche fuori, erano i suoi cappelli: ne aveva uno per ogni occasione, tutti abbinati agli abiti che indossava. Grande eleganza incompresa in un liceo, dove noi studenti non capivamo un'acca di quello che è veramente lo Stile, ma comunque non certo sprecata visto che un segno, almeno nella sottoscritta, l'ha lasciato.
Con lei non abbiamo mai affrontato i Grandi Argomenti della Matematica, almeno a parole: lei chiamava tutto "minicosa". "Oggi facciamo una minicosa", diceva: e a furia di minicose si finiva il programma.
Al primo anno ci ha mandati in panico: diceva "gli esercizi sono da pagina x a pagina y" e noi a passare i pomeriggi a risolvere tre o quattro pagine di equazioni, fronte retro, con enormi difficoltà a svolgere anche gli altri compiti per casa. Un giorno ci siamo decisi a farglielo notare e lei è caduta dalle nuvole. Non pretendeva che facessimo *tutti* gli esercizi: lei si limitava a indicarci le pagine dove potevamo trovare quelli utili, poi stava a noi farne ad libitum finché non avessimo capito il meccanismo.
Mi dispiace non averla avuta fino all'ultimo anno, credo che con lei sarei riuscita a capire la fisica, che proprio non mi è mai andata giù.
Era sempre un piacere incrociarla in centro, perché si ricordava nome e cognome e si informava di cosa stessi studiando con reale interesse, non solo per cortesia.
È il mio mito, per tutte queste cose ma soprattutto per un altro fatto, accaduto al terzo anno: per me era un periodo che definire "difficile" è un eufemismo. Avevo smesso di studiare e alle interrogazioni lo dicevo spudoratamente: mia madre andava dai prof e tutti le dicevano che era tutto a posto, che il mio rendimento non era eccellente e che dovevo applicarmi di più, ma nessuno che le avesse fatto notare che mi presentavo completamente impreparata. Tranne Lei, nonostante le sue due ore a settimana, nonostante non avessi mai avuto l'occasione di fare scena muta. È grazie a lei che ho ricominciato a studiare e non gliel'ho mai detto.
Questo allora è il mio misero grazie a una grande donna: arrivederci professoressa Pozzato!