Poi ho guardato l'ora. Erano le sette del mattino. Non stavo andando a lavorare, ma ero appena tornata. Ed ero abbastanza sicura che in un qualche momento della nottata io mi sia ritrovata a cantare canzoni in coro dal fondo di un bus insieme al mio pluridottore moroso.
Cosi', sulle soglie dei trent'anni, mi sembra giusto ammetterlo: io ho la sindrome di Peter Pan. Il fatto che nel mio blog io dichiari diciotto anni mi sembra un chiaro sintomo di questa turba psichica. Ho fatto una veloce ricognizione della mia vita, per rendermi conto della gravita' della mia patologia: tra nove mesi sono disoccupata e a dirla tutta sono ancora ufficialmente studente, la cosa che possiedo di piu' valore e' un MacBookAir, il mio concetto di "metter su famiglia" assomiglia paurosamente a "parlare su Skype", sono ancora convinta che i bambini siano umani solo a partire dai due anni e i soldi che i miei coetanei piu' svegli usano solitamente per un mutuo io li investo in viaggi, scarpe e corsi di ballo. Ho anche comprato un album delle Principesse Disney che coloro per rilassarmi, ma quello si chiama art therapy e ora e' accettato anche nel mondo degli adulti.
A mia parziale discolpa, le persone che frequento sono spesso come me, oppure se postano bambini su Facebook io non li vedo perche' li banno.Io non ho particolare paura di crescere, ne' l'ho mai avuta. Ho piuttosto paura di crescere nel modo sbagliato.
Quand'ero adolescente spesso mi preoccupavo per il mio futuro. Il mio piu' grande incubo era Paolo Bianchi. No, non sto infamando nessuno, Paolo Bianchi non esiste: era una persona immaginaria che rappresentava cio' che non volevo essere. Nei miei deliri giovanili avevo come incubo quello di sposare l'ingegner Paolo Bianchi e di fare l'impiegata in provincia di Milano con un sacco di bambini. Che, a ben vedere, e' una vita che a tantissimi piacerebbe, ma a me proprio metteva paura.Ultimamente ho guardato molte interviste di Oprah (per lavoro eh, che mi ha sempre irritata) e lei spesso chiede alla gente "Che cosa diresti at tuo younger self?"Quello che direi io, alla me stessa del liceo, e' "Giupy non preoccuparti! Non ci sara' nessun Paolo Bianchi nella tua vita! Al contrario, imparerai tre lingue, viaggerai per il mondo e conoscerai cosi' tante persone interessanti da non ricordartele piu' tutte. Leggerai tantissimi libri e avrai a tratti l'illusione di aver capito Nietzsche e Sartre. A 19 anni sarai a zonzo per il Giappone, a 20 irretirai turisti a Venezia, a 23 sarai in Erasmus a Parigi, a 24 sarai nell'ambasciata Italiana a Tokyo, a 25 avrai un indeterminato a Bruxelles (voglio dire... identerminato! Chi della mia generazione ha mai avuto questa cosa?), a 27 partirai per un dottorato in Colorado e a 29 insegnerai a degli studenti universitari americani che, almeno in faccia, ti chiameranno 'professor'!"
My younger self sarebbe contentissima di sentire tutto cio'. Perche', diciamolo, a 17 anni avevo un sacco di paranoie sociali che andavano dal tipo di scarpe che indossavo al farmi notare da chi mi piaceva; ora non e' che io viva senza piu' paranoie, ma ho finalmente imparato a nasconderle bene.Lo so che molte persone non considerano la mia vita un gran successo, ma io misuro il successo in base a quello che volevo fare e quello che sono riuscita a fare: e per ora, sono soddisfatta.
La mia sindrome di Peter Pan e' quindi piu' che altro una paura del fare le cose che tutti si aspettano che io faccia. Ma non ho paura di crescere in generale, o di diventare adulta . Anzi, per certi aspetti io sono sempre stata trentenne. Solitamente crescere e' associato nei post di BuzzFeed con idee come "controllare se la colazione e' inclusa prima di prenotare un albergo", "mangiare cibo buono senno' viene mal di stomaco", "prenotare il volo diretto invece di mille scali". Io, che sono una piccola principessa, sono sempre stata cosi'. Certo, come tutti gli adolescenti/universitari pure io sono stata in ostelli, ho mangiato nei fast food e una volta ho perfino fatto campeggio, ma questo non vuol dire che mi piacesse. Ho sempre aspettato con gioia il momento in cui finalmente avrei smesso di avere pressioni sociali per uscire il sabato se non ne avevo voglia e farmi abbondanti insalate di Kale al posto di pizza di scarsa qualita'. Anzi, non vedo l'ora di avere tutti i capelli bianchi, cosi' sara' piu' facile tingermeli di viola, come ho sempre voluto. E quando saro' vecchia non avro' piu' bisogno di fare buona impressione sulle persone ai colloqui di lavoro e immagino che, se non mi saro' sposata e non avro' avuto figli, la mia famiglia smettera' di chiedermelo in modo insistente. A 65 anni avro' finalmente di nuovo gli sconti nei cinema e nei musei. Visto che non sto pagando la pensione lavorero' per sempre, mantenendomi attiva. E, finalmente, potro' dare all'eta' la colpa dei mille acciacchi fisici che mi perseguitano e della mia proverbiale incapacita' di fare qualsiasi sport per piu' di tre secondi.
Messa cosi', invecchiare sembra proprio bello.
L'altro giorno ho incontrato la mia insegnante di salsa che e' una persona simpaticissima e mi ha detto "oh, hai la meta' dei miei anni, io ne ho 60! A 60 anni si ricomincia a vivere. Sei bellissima e hai ancora 60 anni davanti a te, perche' vivrai fino a 90"(ve l'ho detto no che qui sono tutti adorabili?)