Non pensavo di dover dedicare anche a te parole come quelle che scrissi per Elvis tre anni fa. Non lo avrei mai pensato. Non avrei pensato che accadesse così presto. Eri così giovane, così piena di vita. Non è giusto. Non è giusto.
Eppure all’improvviso il tuo piccolo cuoricino si è fermato, senza una ragione. Come è potuto succedere? Forse è stato perché eri troppo buona. Si dice che gli angeli chiamino presto a sé le anime troppo buone, perché il mondo terreno non le merita. Tu, che non avevi nemmeno sei anni, eri così traboccante d’amore… forse gli angeli ti hanno chiamata. Forse.
Apparisti dal nulla una domenica pomeriggio d'autunno. La tua mamma ed io stavamo ciondolando per casa quando una macchia marrone, che eri tu, attirò la nostra attenzione. Aggrappata come un geko all’esterno della nostra zanzariera, con tutte e quattro le zampine appese, ci stavi dicendo che quella sarebbe stata la tua casa. E che non potevamo farci niente, perché oramai avevi deciso.
Accecati da tanto splendore, non potemmo far altro che aprire la zanzariera. Come un fulmine al ciel sereno ti precipitasti all’interno sbraitando come una forsennata. Oggi sappiamo che quello sbraitare era il tuo marchio distintivo: eri una brontolona di prima categoria! Solo poche ore dopo, quella stessa notte, assaporasti le gioie del letto matrimoniale, mentre il povero Elvis, scocciato e offeso, dovette traslocare (ma solo per pochi giorni) sul divano. Ma Elvis era un micio buono e gentile, ci tenne il muso solo per un paio di giorni e poi riprese rapidamente possesso dei suoi spazi, primo tra tutti il lettone, nel quale passava notti intere infilato a crogiolare sotto le lenzuola, incurante del caldo e degli eventuali inconvenienti che là sotto, di tanto in tanto, possono capitare.
La mattina appena alzati tu ci deliziavi coi tuoi soliti siparietti: un po’ di strofinamenti con la mamma in bagno e poi via di corsa sulla sedia del papà prima che quest’ultima potesse essere occupata da lui. Quando, non senza difficoltà, venivi fatta scendere arrivava il tuo momento di arrampicarti sopra la cucina, dalle cui altezze guardavi noi due che finivamo di fare colazione. Dopodiché, con un colpo di reni, il papà si rinchiudeva in bagno, la qual cosa era per te inaccettabile. E allora ti mettevi a grattare furiosamente contro la porta finché il rassegnato genitore non ti faceva entrare, portando a termine le sue abluzioni con te sulle ginocchia. La domenica mattina era un casino, perché papà e mamma si alzavano più tardi del solito. Ma tu avevi studiato un tuo piano per impedire che tale fastidiosa abitudine si protraesse troppo a lungo: una precisa sequenza di attività che in un modo o nell’altro ti avrebbero permesso di raggiungere il tuo scopo. Piano A: grattare sulla finestra. Piano B: grattare l’armadio. Piano C: salire sulle federe e leccare furiosamente i capelli del tuo papà. Piano D: scaraventare furiosamente la sabbia fuori dalla lettiera. Se tutto questo non funzionava passavi quindi al Piano E, notoriamente infallibile: il vomitotto sotto al letto. Una volta che papà e mamma si fossero alzati, tu avresti finalmente avuto il letto tutto per te, furbacchiona! Forse era il tuo modo per vendicarti del lavotto del sabato sera, quando il papà ti strofinava una salvietta umida per toglierti di dosso lo sporco della settimana. Proprio non ti piacevano i lavotti, vero Dorina? E non ti piacevano nemmeno i tagliotti delle unghie, così come non ti piaceva venire frontlainata.
Quando rientravamo a casa all’ora di cena bisognava quindi assolutamente recuperare il tempo perduto. Tu ti attaccavi subito al mio piede e mi seguivi ovunque andassi. Uscivo sul terrazzo a fumare e tu venivi con me. Rientravo e tu rientravi. Sembrava quasi che ci fosse una corda invisibile che ci legava e ci impediva di allontanarci troppo. A letto però preferivi sempre macignare la mamma ed io un po’ ero invidioso di questo vostro legame esclusivo.
Tuo fratello, finché ha potuto, con te è stato generoso. A modo tuo tu sei stata generosa con tua sorella Piera, quando lei è arrivata. Approfittando della sua ingenuità tu le facevi un sacco di dispetti (questo devi ammettere che è vero), ma lo facevi con amore. In un certo senso siete riuscite a raggiungere una buona intesa: tu le hai insegnato a spargere la sabbia in giro, lei ti ha insegnato ad aprire la zanzariera. Una piccola associazione a delinquere.
Adesso la Piera è rimasta sola e anche lei si vede che soffre. Si guarda in giro, ti cerca, non ti trova. Forse ha capito. Perché è intelligente, la Piera.
Questa casa, tra le cui pareti la nostra storia d’amore è nata ed è cresciuta, appare desolatamente vuota. Un silenzio assordante ci ripete continuamente che tu non ci sei più. Un silenzio che opprime. Un silenzio insopportabile. Mi viene voglia di scappare, fuggire via da questa casa. Scappo, fuggo, ma poi una volta fuori qualcosa mi costringe a tornare. Quasi come se tu mi stessi chiamando. Quasi mi aspettarsi di aprire la porta e accorgermi che nulla in realtà è successo. Ma è successo.
Abbasso lo sguardo e incrocio il musetto della Piera. La prendo in grembo con le lacrime agli occhi. Lei strabuzza gli occhi e sembra volermi dire “Papà, a me vuoi bene?”. Poi scende e va ad affogare il muso nella ciotola. Ciomp Ciomp. Un modo come un altro, il suo, per andare avanti. Una delle tante cose che dovremmo imparare dai mici.
Ciao Dori. Ciao Amore. Non ti dimenticheremo mai.Il tuo papà
Mia dolcissima Dori,
Hai una vaga idea di quanto ti abbiamo amata, ti amiamo e ti ameremo sempre io e il tuo papà? Viste tutte le carezze, i baci e gli abbracci di cui in questi cinque anni e mezzo ti abbiamo ricoperta non dovresti avere dubbi, ma se così non fosse sappi che, nonostante siano passati solo pochi giorni da quando te ne sei andata, la solitudine e il silenzio attorno a noi sono già insopportabili.
Mi sembra sempre di vederti con la coda dell’occhio, ogni angolo della casa era tuo e mi parla di te.
Certo, c’è la Piera con noi e noi le vogliamo bene, ma la tua presenza è insostituibile e non smetteremo mai di pensare a te e di rimpiangerti. Di baci e carezze te ne avremmo dati un milione di più, ma tu ti scocciavi sempre delle coccole prima che noi ci stancassimo di fartele. Però spesso eri tu a venirle a cercare e questo mi rendeva davvero felice, sai?
Che proprio tu, che sei entrata in questa casa mezza selvatica e avevi così pronunciati l’istinto del cacciatore e la voglia di aria aperta, rinunciassi spesso e volentieri a tutto questo solo per stare acciambellata accanto a noi sul divano ha del miracoloso. Te ne sei andata il 17 giugno, prima ancora di vedere l’inizio dell’estate, ma mi consola il fatto che tu abbia vissuto almeno un’ultima, bellissima primavera di caldo e scorrerie notturne.
Durante questo lungo inverno, l’ultimo che abbiamo trascorso insieme, finalmente hai anche scoperto la bellezza di dormire con noi sotto le coperte (beh, si fa per dire, sai bene che a te lasciavo sopra solo il lenzuolo per non farti troppo caldo, del resto con tutto quel pelo e sottopelo che mi infilavi praticamente in gola anch’io avrei potuto fare tranquillamente a meno della coperta). Quando ti ho tirata sotto le coltri la prima volta, e ti ho stretta a me con la testa sul cuscino vicina alla mia, non la smettevi più di crogiolare…
Queste e mille altre piccole e grandi cose sono quello che ci mancherà di te. Ci mancherai tu, tu che ci hai saputo farci tanta compagnia e amarci nonostante tutti i nostri difetti. Ti ringrazio per aver condiviso la tua vita con noi, e spero che tu sia stata felice anche solo un decimo di quanto lo siamo stati noi con te. Avrei voluto darti molto di più e invece, presa da mille altre cose, non mi sono neanche resa conto che a pochi passi da noi a poco a poco ti stavi spegnendo. A cosa pensavi in quei momenti? So che in cuor tuo ci hai perdonati, per quello che non abbiamo saputo darti e per quello che invece abbiamo fatto di sbagliato.
Ora riposi in giardino vicino a tuo fratello Elvis. Ti ho sepolta con le tue pallette, perché se vuoi tu possa continuare a giocare anche là dove ti trovi ora, e con una ciocca dei miei capelli, in modo che tu mi senta sempre vicina. Ora riposa Do’, riposa il tuo cuoricino affaticato e aspettami, che un giorno verrò da te con il tuo papà e staremo di nuovo tutti insieme.
Ti voglio tanto bene.La tua mamma