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Ciclismo – 97° Tour de France: dal Tourmalet si vede Parigi

Creato il 19 giugno 2010 da Sport24h

Ciclismo – 97° Tour de France: dal Tourmalet si vede ParigiIl Tour 2010, la 97^ edizione, parte quest’anno da Rotterdam, Olanda, il 3 luglio. Molti amici e colleghi non me ne vogliano se dichiaro, almeno in questo mio personalissimo blog, il mio amore per la Grande Boucle. Per gli americani, spesso rozzi ma efficaci, “l’unica corsa di ciclismo” (parola del boss Lance Armstrong); per gli amanti delle statistiche, l’evento sportivo con il maggior numero di spettatori sul campo: circa 10 milioni (dati degli organizzatori, ma non devono essere lontani dal vero se pensiamo che si tratta di circa 450.000 spettatori a tappa – chi l’ha vissuto dal vivo sa che è possibile); per chi conosce la storia di questo sport, l’università del ciclismo.
Gli storici e gli intenditori, quando devono presentare la corsa, amano sottolineare la prima grande differenza del Tour: senso orario o antiorario. Non è cosa da poco. Da questo dipende se si affrontano prima le Alpi o i Pirenei. Le ultime montagne sono spesso decisive. Quest’anno è orario, per cui la catena montuosa che separa Francia e Spagna, nella sua insolita bellezza, deciderà il campione che potrà sfilare vittorioso sotto l’Arco di Trionfo a Parigi. L’altro elemento costante del Tour, e forse per questo mi affascina, è che si conclude sempre a Parigi: la capitale, ai Campi Elisi. Grandeur francese, forse, ma soprattutto una certezza per uno sport che ama la tradizione.
Dicevamo dei Pirenei, probabilmente decisivi, nonostante la crono di 52 chilometri nella penultima tappa (Bordeaux – Pauillac). La storia insegna che una crono nell’ultima settimana esalta solo il più forte, non lo specialista. Toccherà alle vette irsute e di una bellezza ottocentesca decidere il Tour di quest’anno.
Prima di analizzare quale tappa in particolare, mi piace che il lettore si soffermi ad immaginare, se non ha mai visto i Pirenei, di che montagne parliamo. Quando li ho visti per la prima volta mi hanno dato l’idea, dal punto di vista idrografico, di vette disegnate da bambini. Quelle classiche: linea verticale che sale e poi scende, vetta a punta non molto alte, spazi angusti. Gole strette, tanta acqua ed una presenza dell’uomo oserei dire “discreta”. La caratteristica principale di queste montagne è lo sfruttamento a scopi energetici delle risorse naturali. I francesi si sono, da grande paese industriale, da sempre posti il problema dell’energia. Nell’800, in piena rivoluzione industriale, hanno pensato bene di addomesticare i tanti corsi d’acqua dei Pirenei, con dighe e centrali. Su questa emergenza hanno modificato il paesaggio, come allora potevano fare. Strade strette e scavate nella roccia che salgono faticosamente verso le vette e le centrali, stupendi (almeno dal mio punto di vista) monumenti di archeologia industriale: ferro e mattoni, poco cemento. Gallerie scavate “a mano”, strette, anguste e buie, non adatte al passaggio di due auto in senso opposto (ma allora non ce n’erano molte), strapiombi non protetti con salti di centinaia di metri. Da allora tutto è rimasto immutato e le condizioni sulle quali gareggiarono i primi ciclisti (quelli del tempo eroico, i Bottecchia – due successi al Tour), sono praticamente le stesse di oggi. Solo che allora quelle strade erano la massima espressione della tecnologia, oggi un retaggio del romanticismo. Chi è salito verso il Col d’Aubisque sa di cosa sto parlando.
Dal punto di vista sportivo le salite dei Pirenei non sono lunghe, ma ripide, le discese pericolose (nel 1995 Casartelli). Il Tour 2010 affronta il Tourmalet: la sua storia, la storia del ciclismo. I 2115 metri del Col sono i primi 2000 violati dalla corsa francese: nel 1910 (cento anni fa). Per questo gli organizzatori hanno deciso di rendergli due volte omaggio, scalandolo in entrambi i versanti in due frazioni diverse. Saranno queste, molto probabilmente, le tappe decisive.
La 16^ tappa, martedì 20 luglio: poco meno di 200 chilometri con in sequenza Aspin, Peyresourde, Tourmalet e Abisque. Classico tappone spacca gambe, con la ripida discesa dell’Aubisque ad una cinquantina di chilometri dalla conclusione di Pau. Sui Pirenei le corse si vincono in salita, ma soprattutto in discesa. Succedeva ai tempi di Magni (vedi Riviére), accade ancora oggi ed accadrà finché ci sarà la corsa francese. Tra le grandi imprese, gli organizzatori ricordano soprattutto quella di Merckx nel 1969, con una fuga di 150 chilometri. Insomma da manuale del ciclismo. Il Tour è bello perché non cambia, non si adatta ai corridori che vengono, ma viceversa costringe questi a fare la corsa sulla storia. Del resto non si è mai visto un brocco vincere la Grande Boucle.
Il giorno successivo è previsto il secondo riposo, quindi la 17^ frazione, giovedì 22 luglio, con l’arrivo in salita sul Tourmalet. In questa tappa, secondo me, si fa la classifica finale. Dai 2115 metri della montagna pirenaica si vede Parigi. Ne sono sicuro. Quel giorno sapremo se Contador è ancora l’uomo delle corse a tappa, se Lance Armstrong avrà compiuto il miracoloso ritorno, diventando anche il più anziano vincitore della corsa francese o se, per caso e per bravura, Ivan Basso è veramente l’erede proprio del texano.
Sono loro i favoriti della Grande Boucle? Al prossimo post
AU

IL TOUR IN SINTESI – Dal 3 al 25 luglio, 20 tappe e 1 prologo, km tot. 3600
LE TAPPE – 1 prologo, 9 tappe di pianura, 6 tappe di montagna con 3 arrivi in salita, 4 tappe “vallonate”, 1 cronometro individuale. Tra le curiosità: il Tourmalet scalato 2 volte, in entrambe le direzioni, una tappa sul pavé della Roubaix, 2 giorni di riposo, 22 salite (seconda, prima categoria e hors), 11 comuni toccati dal Tour per la prima volta.
www.letour.fr


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