Mai la natura assume un aspetto tanto sinistro come là dove essa è perfettamente pura e intatta
Thomas Bernhard
I giorni passavano e nonostante le cure la ferita stranamente peggiorava, pochi mesi dopo lo scellerato destino lo condannò all'amputazione di entrambi gli arti inferiori. ...dicevamo...ombre nere si aggiravano in quel lugubre campo intente nella raccolta di vermi che venivano poi aggruppati ad una bella fetta di terra antistante le tombe.Rientrate a casa in gran segreto versavano il composto in acqua, portavano ad ebollizione e porgevano da bere l'intruglio al povero indisposto.Talvolta veniva lessato anche sterco di gallina, mentre per l'appendicite dopo aver sfregato il fondo della pipa si diluiva l'estratto ottenuto sempre con dell'acqua. Il povero cristiano malconcio e speranzoso di guarigione trangugiava voracemente la pozione in attesa di riacquisire la salute perduta; inutile aggiungere che qualcuno finì per rimetterci la pelle...Questa succinta introduzione riporta alla luce alcune usanze praticate negli anni a cavallo tra l'800 e il 900 quando la miseria e l'isolamento costringeva la gente ad ingegnarsi ed arrabattarsi come poteva nella speranza di porre rimedio ai malanni che li attanagliavano.Scigogna sorge a poco più di 700 metri di altitudine immersa nei boschi incontaminati del cuore della Val Grande (provincia del Verbano-Cusio-Ossola). Ora conta una manciata di abitanti ma in quegli anni più di 150 famiglie animavano il paese, c'erano 7 osterie, negozi ed anche la scuola.Distanti da tutto, rinchiusi in quel primitivo guscio di pietre e di neve, laggiù stretti tra quelle solitarie montagne dal suolo magro ed irriconoscente, dove sparuti alberi di mele, nespole e prugne faticavano a dare i loro rugosi frutti, le giornate per i giovani spesso erano velate di monotonia.Ma proprio d'inverno, quando la nebbia con la su coltre lattiginosa sembrava impigliarsi fra i tetti e la croce del campanile, giungeva a “donare” un po di colore il venditore di “bignole”il cosiddetto “ufullatt”.Sul sagrato disponeva con meticolosità le sue creazioni e ciò era sufficiente per farle divorare con gli occhi ai ragazzi appena usciti da messa...sì perché di affari veri se ne facevano ben pochi.Ma l'”ufullatt”con costanza si ostinava a risalire la Valle del San Bernardino per monetizzare spesso solo delle lumache dal “coperchio bianco”che i ragazzini il più delle volte gli rifilavano in cambio di qualche dolciume.Le scovavano nascoste tra le ortiche o annidate nelle fessure dei muri attorno ai campi dove durante i mesi invernali trascorrevano il letargo anelando un po di tepore.Cicogna, oggi raggiungibile attraverso una stretta ma abbastanza agevole strada asfaltata (opera realizzata grazie al Generale Cadorna), viene definita la porta della Val Grande in quanto dal suo “centro” si snodano numerosi sentieri che conducono l'escursionista moderno nel cuore della wilderness.
Tempo fa la situazione era decisamente diversa, l'unico modo per raggiungere il villaggio era attraverso un minuscolo sentiero (ancora oggi percorribile anche se in totale abbandono) che si inerpica sul lato sinistro del torrente San Bernardino e oltrepassato “Ponte Casletto” mostra il suo lato più disagevole e faticoso estendendosi ripido sul costone, tanto che le donne cariche nei loro gerli erano costrette a numerose soste prima di poter giungere alla loro meta e poter tirare finalmente un sospiro di sollievo.Credenze, leggende e superstizioni in un mondo così isolato e poco istruito trovavano terreno fertile tra gli abitanti. Molto devoti a San Giulio (protettore e difensore contro le serpi) avevano eretto una statua in suo onore all'interno della chiesa, realizzata interamente di rame e posta all'interno della cappella a lui dedicata.Ma dietro ciò si nasconde un fatto abbastanza singolare che andrò ad illustrare.Nei primi anni dell800 Don Giobatta Benzi (personaggio dal dubbioso zelo apostolico, grande appassionato di caccia e pesca piuttosto che di santi) dopo aver eseguito i suoi impegni religiosi si recò a tutta birra in direzione di Ponte Casletto, e poi giù per rocce e oscuri dirupi fino a raggiungere il greto del fiume; lì estrasse la sua brava canna da pesca e restò in attesa del cospicuo bottino da consumare in serata.Terminata la sfacchinata a gambe in spalla si aggrappò di nuovo alle umide sporgenze fatte di erba e sassi cercando di raggiungere il pianoro oltre lo sperone che avrebbe dovuto riportarlo a casa.Giunto in cima una demoniaca visione si dipanò davanti ai suoi occhi! Un serpente dalle dimensioni inaudite lo attendeva minaccioso all'imbocco del sentiero impedendogli di proseguire oltre.Tentare un dietro front l'avrebbe certamente consegnato a morte certa finendo annegato tra le gelide acque, mentre sfidare l'infingardo rettile significava finire dritto nelle sue fauci.In quel momento il sudore gli rigava la fronte ed inzuppava gli indumenti ma un impeto di fede si faceva strada in lui, tanto che lo spinse ad urlare codeste parole:“San Giulio salvami la vita! Farò erigere in tuo onore una splendida statua”Chiuse gli occhi, strinse i denti e...puff! Detto, fatto. Il biscione dalle inusitate proporzioni svanì in una nuvola di polvere e Don Giobatta Benzi con il cuore in gola ancora galoppante a ritmi forsennati poté finalmente far ritorno a casa.Poco tempo dopo stessa sorte toccò ad un altro pescatore; l'infame bestia questa volta apparve nei dintorni di Pogallo, l'orrenda visione spaventò a tal punto l'uomo da causargli spiacevoli sintomi. Difficoltà motorie e della parola, balbettii, incomprensibili tremori e strani irrigidimenti lo accompagnavano durante le ore del giorno e della notte rendendogli l'esistenza un inferno.
Filippo Spadoni
Bibliografia:* Conoscere la val Grande, l'alto Verbano e la valle Intrasca , De Agostini, Novara* Nino Chiovini - Cronache di terra lepontina.* Alfonso Crivelli - Cicogna