Ieri sera ho guardato mezzo Dark Skies e un quarto di Giord-, di una roba con dei preti esorcisti che sparano le possedute con fucili a pompa marchiati con crocifisso, e il sangue in CGI. Una roba che mi ha fatto vergognare.
Comunque, torniamo a Dark Skies. Esso consiste in:
famigliola (più o meno) felice composta da quattro elementi, papà, mamma, figlioletto grande e figlioletto un po’ più piccolo
oscure presenze che minacciano la tranquillità familiare
i vicini impiccioni
internet, dove si celano tutte le risposte
Non vi dico che valanga di stellette sta raccogliendo ‘sto film, tranne su IMDb, dove si becca un più giusto 6.2 internazionale.
Va a finire che devo tornare a fidarmi di IMDb, nonostante l’8.7 tributato a TWD. Ma non cambiamo discorso, torniamo a Dark Skies, anzi, alla riflessione che da esso è scaturito.
Il film è, se possibile, una sorta di home invasion, se consideriamo che, al posto dei classici assassini mascherati, qui in casa penetrano dei ben più ineffabili extraterrestri.
A pensarci, potremmo associare all’home invasion anche i più recenti film sui fantasmi di James Wan (i due Insidiosi e The Conjuring). Sì, sono spiriti, alcune volte sono già lì dentro (tipo ne L’Evocazione), quindi si tratta di un home invasion alla rovescia, dove la casa invasa è quella che appartiene allo spirito malvagio; mentre negli Insidiosi a essere invaso è il corpo del figlio, e di conseguenza la casa in cui abita, da maligne presenze.
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Allora, guardando Dark Skies ho notato alcuni elementi fissi, che ormai fanno parte dell’horror contemporaneo (e a me hanno stufato, ma alla gente piacciono).
Si inizia sempre in sordina, verso le tre di notte. Uno dei membri della famiglia si alza e testimonia qualche stranezza.
Nel caso di Dark Skies, la mamma trova il frigorifero saccheggiato e i rimasugli di cibo gettati a terra e la porta del salone aperta sul giardino.
I disturbi notturni (sempre notturni) aumentano e a un certo punto diventano diurni: in Dark Skies TRE stormi di uccelli si vanno a schiantare contro la casa della famigliola felice.
Come accade in The Conjuring. A parte che non sono stormi interi, ma qualche uccello sfigato.
La cosa spettacolare, però, è che la famiglia felice (e benestante) è un elemento che non c’è più. Quello era tipico degli anni ’80, piena era reaganiana quando gli americani erano forti e cazzuti, ricchissimi da far schifo, e le suonavano ai russi al cinema, e si beavano di un’opulenza incredibile, anche e soprattutto raffigurata dalla classe media, la borghesia, che poteva non vivere in villoni di lusso, ma che di sicuro aveva il frigorifero pieno fino a scoppiare, il papà un posto fisso, e i figlioletti un sacco di giocattoli, adddirittura i primi personal computer, ed erano felici.
E solo allora l’elemento di disturbo esterno andava a guastare l’armonia familiare, che fosse un mostro, un assassino, i gremlin la notte di Natale.
Altra cosa, il sesso era ancora l’elemento che, nell’horror, condannava il personaggio. Una delle regole fondamentali, tanto da diventare un cliché, che ha fatto dell’horror uno strano genere moralista, visto che applicava il contrappasso a coloro che cedevano alla promiscuità: chiunque faccia sesso in un horror deve morire.
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Ecco, c’è una differenza, tra la famiglia cinematografica Anni Ottanta e quella del ventunesimo secolo. Un’evoluzione che va di pari passo, forse inconsciamente, con la sensibilità sociale, che fa del cinema vera espressione della società attuale.
Adesso, mediamente, le famiglie dell’horror sono molto più disastrate rispetto all’era reaganiana.
In The Conjuring a fare da protagonista c’è una famiglia di sette elementi, madre, padre e cinque figlie. E sì, lì siamo negli anni Settanta, ma la situazione non è così rosea: la madre non lavora, fa la casalinga e il padre ha problemi economici gravi e noie al lavoro, tant’è che sono costretti a trasferirsi in quella casa strana immersa in un bosco, per ragioni di soldi.
Negli Insidious la famiglia c’è, lui lavora, lei ha smesso, perché nel frattempo ha sfornato tre figli. In più, arriva subito la mazzata del figlio più grande che cade in coma, e quindi necessita di spese mediche che costringono il padre a lavorare ventoridici ore al giorno per far quadrare i conti.
In Dark Skies la situazione peggiore, i genitori lavorano entrambi, ma la madre non azzecca una vendita (fa l’agente immobiliare), mentre il padre ha perso il lavoro, viene respinto ai colloqui e riceve pure una notifica di sfratto o qualcosa del genere, insomma, gli ultimi novanta giorni per mettere a posto le cose, o perdere tutto.
Quando fanno sesso, tutti questi protagonisti vengono lasciati in pace. Quasi a voler regalare loro qualche momento di pace, l’unico conforto in un mondo che, a poco a poco, li sta privando di ogni cosa.
A rafforzare questa impressione di ribaltamento dei clichè, adduco anche un’ulteriore prova: in Dark Skies, dopo che il padre riesce a trovare lavoro, la situazione familiare precipita, viene devastata dalla presenza di questi alieni, e dai sospetti dei vicini che accusano i genitori di essere dei mostri e maltrattare i figli. In The Purge addirittura i ricchi protagonisti perdono tutto in una notte, la vita.
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In pratica, sembra che per le famiglie della media borghesia americane attuali, non ci possa essere un attimo di pace.
E la situazione è talmente grave, infatti nella realtà sono migliaia le famiglie che negli Stati Uniti hanno perso la casa in seguito alla crisi delle banche, che nei film viene persino disillusa ogni piccola speranza di miglioramento sociale.
A compensazione, c’è però quasi sempre un lieto fine, che coincide con una ritrovata unità familiare. La situazione economica è sempre una merda, probabilmente dormiranno col cielo stellato al posto del soffitto, ma ehi, almeno il nucleo familiare è salvo, e forse si può ricominciare, quando le cose si aggiusteranno.
Ecco, secondo me, il senso della nuova home invasion, che in qualche modo adotta mostri della fantasia per entrare di prepotenza nelle case dei cittadini e privarli di armonia e affetti, avendo già perso questi ultimi tutti i loro soldi.
Una visione assolutamente cupa del presente, che manca di una prospettiva futura che non sia l’immediatezza del conforto umano. Il sorriso, per molta gente, è l’unica cosa che è rimasta.