Dopo 35 anni il Cile modifica il Codice del lavoro, una delle ultime reminiscenze del regime di Augusto Pinochet. In chiusura d’anno, la presidente Michelle Bachelet ha firmato la riforma, che ora sarà inviata al Congresso per la sua approvazione. La Bachelet parla di modernizzazione nella relazione tra i lavoratori ed i datori di lavoro, modernizzazione che va contro la tendenza europea ed italiana, tanto per citare uno degli ultimi casi (Jobs Act di Renzi e compagnia) e si schiera apertamente con i diritti di chi lavora. Niente precariato, insomma, niente uso di termini anglofoni che servono solo a depistare, ma una ¨reforma laboral¨ pensata per sindacati e lavoratori.
La riforma ha ampio respiro e valuta in maniera determinante il ruolo dei sindacati che, d’ora in avanti, non solo saranno riconosciuti come titolari legalmente riconosciuti nei negoziati tra le parti, ma potranno avere libero accesso ai conti e alle finanze delle aziende. Gli stessi sindacati dovranno garantire il personale minimo nel caso di scioperi, per garantire il funzionamento dei servizi essenziali.
C’era bisogno di una riforma in Cile? Il Paese non è in crisi, la disoccupazione è ferma al 6% (è leggermente aumentata proprio nel 2014), il sistema neoliberale, inaugurato già negli anni Settanta, ha creato un’economia di mercato movimentata, che con il tempo ha portato il Paese ad essere una delle nazioni di punta in America Latina. Due sono le correnti di pensiero che agitano in questi giorni i cileni su questo provvedimento: la sinistra afferma che il Paese deve pagare un debito ai lavoratori per i 35 anni di diritti negati; la destra, che la Bachelet sta comprando, con la riforma, la pax delle piazze. Una sorta di accordo, insomma, che permetterebbe di ottenere all’attuale governo una lunga tregua in quanto a manifestazioni di piazza.
Spaventa i settori conservatori l’improvvisa autorità nel processo di negoziazione che si troveranno ora a maneggiare i sindacati, a cui toccherà non solo una gran fetta di potere, ma anche una grande fetta di responsabilità. Secondo il governo, si tratta di un passo necessario. La riforma fa parte, infatti, di un più esteso piano che tende a ridurre la disuguaglianza presente in Cile, assorbirla e generare una equa distribuzione della ricchezza. Non a caso, i veri Paperoni vivono proprio in questo paese. In silenzio, lontano dal glamour e dalle chiacchiere dei giornali, i milionari cileni sono coloro che hanno accumulato la maggior concentrazione di ricchezza nel mondo capitalista (fonte della Universidad de Chile, studio ¨La parte del león¨ di López, Figueroa e Gutiérrez).
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