Il termine cimarrón (aggettivo e sostantivo) indicava in origine gli animali, come il maiale o il cane, che da domestici ridiventano selvatici; lo stesso termine viene usato la prima volta nella Real Cédula dell’11 marzo 1531 per definire gli schiavi indios ribelli in fuga dalle piantagioni delle colonie spagnole d’America. Quello delle piantagioni era un modello politico ed economico sperimentato dai Portoghesi a São Tomé sin dal 1485 e quindi trasferito e sviluppato da Spagnoli, Inglesi, Francesi e dagli stessi Portoghesi nel continente americano. L’etimologia del termine cimarrón è incerta e discussa: sembra non accettabile la tesi che lo fa derivare da cima, a significare coloro che si rifugiano su monti e cime impervie, ma se anche la derivazione non è esatta, la suggestione è corretta e molto diffusa: nell’immaginario il cimarrón è colui che simbolicamente torna in alto, riemerge a respirare, si eleva dalla sua infima condizione di schiavo. E’ possibile che il termine derivi dal taíno simarron ovvero fuggitivo, silvestre e selvaggio. Lo ritroviamo nella Historia general y natural de las Indias, 2ª ed., Siviglia, 1543 di Gonzalo Fernández de Oviedo che, curiosamente, parlando del’isola di Hispaniola la descrive come piena di selvaggina cimarrona ed indios cimarrones, quasi a significare l’impossibilità di controllare il territorio da parte dei coloni, l’ambiente sfugge ma non si fa più ostile come nelle prime cronicas. Il termine con il tempo assume anche altri significati: la mandria non addomesticabile, una specie vegetale sopontanea di cui però esiste anche la coltivazione, come ad esempio un grano selvatico, il mate bevuto amaro. Esistono poi attualmente diversi movimenti artistici che si sono appropriati di questo termine, per indicare la continuità con il passato e contemporaneamente la volontà di liberarsi o mantenersi liberi dagli schemi artistici o sociali preconfezionati. Per maggiori dettagli consiglio una risorsa reperibile in parte anche in rete:
Fernández Retamar, Roberto, “Cimarrón: apuntes sobre sus primeras documentaciones y su probable origen“. In Revista española de antropología americana, 13, p. 47–57. Madrid : (1983).