Cina, Alaska, Giappone, Francia: i libri di maggio

Creato il 12 maggio 2015 da Patrickc

Quattro libri di viaggio:  Il gallo di ferro, Back to the wild, The inland sea, Parigi, itinerari d’autore. Da questo mese provo a mettere regolarità nei miei post, estremamente irregolari, sui libri di viaggio. Provo a proporne quattro al mese, di cui uno una guida. Ma magari, se vedo che mi vengono bene, aumenterò il ritmo.

I libri di maggio

1. Back to the wild – Le fotografie e gli scritti di Christopher McCandless

Chris era uno che cambia le vite degli altri, e non ha smesso di farlo nemmeno dopo. (dalla prefazione di Paolo Cognetti) La strada sconfinata era la sua tela, la macchina fotografica il suo pennello e il suo desiderio di vivere ciò che lo muoveva.

Back to the wild

E’ riduttivo chiamare Back to the wild un libro di viaggio e sono stato molto combattuto se includerlo o meno in questo post, accanto a una guida e racconti così diversi. Quella dell’avventura di Chris McCandless  — o Alexander Supertramp —è una storia che non riesco a non trovare dolorosa e che mi ispira un senso di profondo rispetto. No Borders Magazine ha tradotto e pubblicato per la prima volta in Italia questo libro quasi introvabile nell’edizione originale che raccoglie le foto e i pochissimi scritti di McCandless nel viaggio che – come sa chi ha letto Nelle terre estreme o visto Into the wild – lo portò a lasciare la famiglia e la società, attraversando gli Stati uniti con l’autostop e treni merci fino all’Alaska, dove morì lungo lo Stampede trail a 24 anni. Le foto (circa 200) sono spesso sfocate, controluce, enigmatiche. Sono paesaggi, dettagli, autoscatti che raccontano il suo viaggio, accanto a pochi scritti e alcune cartoline. Ci propongono un ritratto non romanzato, non idealizzato, pieno di vita, semplice e allo stesso tempo poetico. Da alcuni autoscatti è difficile staccarsi: sono pieni di vita, ma hanno anche una forza misteriosa, che va oltre. “Chi stavi guardando?” gli chiede Paolo Cognetti nella prefazione. McCandless sembra volerci dire qualcosa e a chi guarda sembra che, se solo fosse capace di ascoltare con sufficiente attenzione, potrebbe udire quelle parole che non ha mai scritto.

Back to the wild – con prefazione di Paolo Cognetti e Jon Krakauer, 274 pagine — si acquista direttamente No Borders Magazine (la tiratura è limitata a 1.500 copie, quindi è meglio affrettarsi)

2. Il gallo di ferro, di Paul Theroux

Nel mio ultimo giorno a Shanghai cercai di capire che cosa odiavo delle grandi città. Non erano soltanto il rumore e lo sporco e il movimento costante, il traffico e i brutti caratteri; la sensazione di persone schiacciate. Era anche l’inquietante suggestione di tanti che se ne erano andati, che avevano lavorato ed erano morti; e ora altre persone vivevano dove queste erano morte. La mia immagine della natura selvaggia era associata all’innocenza, ma era impossibile per me trovarmi in una città come questa e non avvertire che ero al cospetto di fantasmi (traduzione mia)

I buoni libri di viaggio sono spesso ricchi di spunti, di idee, di vita, anche quando sono su Paesi sui quali sappiamo poco o che non ci interessa visitare nell’immediato futuro. Viaggiare è un’esperienza umana che ne raccoglie in sé molte altre e la buona scrittura di viaggio, ne sono convinto, ci dice certo qualcosa sul Paese che racconta, ma molto di più sul mondo. Come un romanzo. Questo preambolo è necessario perché ho una conoscenza superficiale della Cina e della sua storia eppure Paul Theroux è riuscito a trascinarmi con lui in questo anno di viaggi in treno in un Paese che — erano gli anni ottanta — probabilmente nemmeno esiste più. Theroux, è la sua caratteristica principale, ha uno sguardo intelligente, disincantato, a volte sarcastico. Interroga la natura umana e la storia, più che i luoghi, odia le città e si rifugia nei treni, descrivendo il microcosmo rivelatore al loro interno. Un libro bellissimo e, come è naturale, fuori catalogo in italiano e difficile da trovare. Disponibile, invece in inglese.

Il gallo di ferro (tit. originale Riding the iron rooster), di Paul Theroux, 572 pagine, Dalai editore. Per trovarne una copia in italiano cercalo in libreria (magari hanno rimanenze, mi è capitato) o su Libraccio.

3. The inland sea, di Donald Richie

Lo straniero, in Giappone, più che in qualsiasi altro luogo, sta sulla soglia di un’intimità che si sta chiuendo lentamente di fronte a lui. (dalla prefazione di Pico Iyer, traduzione mia) Le parole ti rendono visibile, in Giappone. Fino a quando non parli, finché non ti dedichi ala comunicazione, non sei visibile. Potresti viaggiare da un capo all’altro del Paese e, a meno che tu non apra la bocca o venga attaccato da studenti che parlano inglese, puoi star sicuro di avere una completa privacy. Come nelle piccole pensioni di campagna, dove non sei visibile fino a quando non sei presentabile — dopo esserti lavato la faccia, pettinato, tutto spesso fatto proprio davanti alla cucina, dalla quale la stessa cameriera che ti darà il buon giorno formale guarda attraverso di te —, così nel viaggio sei invisibile fino a quando non annunci che non lo sei. (traduzione mia)

Uno spicchio di mare interno visto da Miyajima (foto di Patrick Colgan, 2015)

‘The inland sea’ è un libro scritto negli anni Settanta. E anche se racconta un Paese in parte scomparso (come si scopre nella postfazione dello stesso autore) continua a essere non solo un bel racconto, ma anche un saggio incredibilmente profondo sul Giappone. Perché il viaggio nel mare interno, quello specchio d’acqua chiuso a sud dalla grande isola dello Shikoku e a ovest dal Kyushu e costellata di isole, è solo un’esile trama: è un viaggio nel cuore (esso stesso un mare interno, come suggerisce Pico Iyer nell’introduzione) oltre che in un luogo fisico. Accanto a descrizioni fulminanti, Richie — critico cinematrografico e studioso — sviluppa una meditazione sull’anima del Paese e dei suoi abitanti con grande sincerità, mettendosi a nudo, senza filtri. Alle volte discutibile, quasi mai banale. E’ un classico che ha influenzato moltissimi che hanno scritto sul Giappone; da leggere e rileggere, anche se purtroppo non è mai stato tradotto in italiano.

The Inland Sea, di Donald Richie (con prefazione di Pico Iyer), Stone Bridge press — Il libro si trova in inglese su Amazon, anche in formato Kindle.

4. Parigi, itinerari d’autore, di Charles Berberian e Olivier Bauer

Da uno studio d’artista all’altro, dai Frigos alla Ruche, la linea del bus 89 si sposta lungo la Rive Gauche come un visitatore in un museo, dagli edifici di vetro e d’acciao del quartiere Paris Rive Gauche fino agli studi di Montparnasse passando vicino alle librerie del Quartier Latin.

Parigi, itinerari d’autore

Mi piace questa serie di guide della Lonely planet in cui un illustratore e uno scrittore raccontano una città proponendo itinerari a tema. Mi piace perché mi rende più facile abbandonarmi alla lettura di una guida come se fosse un normale libro. E mi dispiace anche per questo aver perso gli Itinerari d’autore di New York da qualche parte fra la metropolitana e un locale di Tribeca. Ecco, se devo dire la verità, la guida sulla città americana mi sembrava più coraggiosa, più alternativa e anche più difficile da mettere in pratica e seguire — ma potrei ricordarmi male, non posso più controllare — di questa comunque bella, elegante guida parigina. Se devo trovare un limite però è proprio che manca un po’ di coraggio, non allontanandosi troppo dai luoghi più noti e che si trovano già nelle guide ‘normali’. Questa guida— complici le belle, sognanti, illustrazioni — non sconvolge, insomma, l’immagine della Parigi più nota e romantica (e turistica) e accanto a Pigalle c’è anche ampio spazio per Montmartre.

Belleville

Però c’è anche dell’altro, se la si legge con attenzione nei suoi capitoli, sintetici e densi: ci sono passione e amore; attenzione per la Parigi multietnica, dalla comunità indiana a quella cinese, meno nota; dettagli rivelatori e aneddoti; luoghi noti da rivedere con occhi diversi; una Parigi più vera appena dietro i monumenti. Ci sono proposte inusuali, per esempio riguardo ai mezzi di trasporto: il libro immagina la linea della metropolitana 2 come un ascensore sociale, conduce in un viaggio lungo la Rive Gauche sul bus numero 89, invita a camminare al ritmo dell’acqua lungo il canale Saint Martin e a fare due passi nel quartiere in mutamento di Belleville “fra profumi d’Africa e d’Oriente”. E poi ci sono tanti indirizzi, sia che si vogliano comprare libri, vinili, chitarre o… una djellaba, il tipico abito berbero. E infine si trovano un itinerario cinematografico, uno musicale, uno gastronomico fra brasserie e mercati, uno attraverso i passages. Una bella guida, ricca, che mi ha fatto voglia di tornare presto a Parigi:  non vedo l’ora di percorrere almeno qualcuno fra gli itinerari per me nuovi (sul canale, per esempio, sono già stato).

p.s. ora che ci penso mi piacerebbe leggerne una su Kyoto (o Tokyo), magari illustrata da un bravo disegnatore di manga

Parigi – Itinerari d’autore, 176 pagine — Lonel Planet. La serie comprende molte città, da New York a Marrakech, da Berlino a Firenze. Può essere usata come ‘seconda guida’ — e credo sia la funzione — o anche come guida principale, ma andrà per forza integrata con informazioni reperite sul web o da altre fonti.

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