Nella terra di nessuno, tra città e campagna, un grande deposito – immenso “mostro” di rugginosi rottami metallici – è il luogo del gioco e dell’avventura. D’improvviso un altro mostro irrompe, stavolta in carne ed ossa. Due bambine vengono violentate e uccise e d’un tratto tutto cambia: la banda di bambini si troverà ad affrontare da sola il mostro…
I tre personaggi rappresentano con efficacia il trauma di ragazzi non direttamente abusati, ma che hanno vissuto la malvagia di un adulto malato. Naturalmente il discorso sull’abuso e sulla violenza sui bambini, richiederebbe un articolo lunghissimo, ma come sempre lo spunto vi viene dato per riflettere.
Mi hanno colpito in maniera particolare due passaggi: i ragazzi che hanno paura di raccontare agli adulti, convinti di non essere creduti e la professoressa di arte che si scontra con i colleghi e la loro illusoria richiesta di poter essere insegnanti e educatori oggettivi a prescindere dall’Essere dell’alunno e dalla sua storia. Complimenti a Daniele Gaglianone il regista, per questi tempi che permettono alla storia di penetrare le difese da argomenti così forti e ai meravigliosi attori: i ragazzi su tutti e poi Valeria Solarino, Filippo Timi, Stefano Accorsi, Valerio Mastandrea, che confermano ove ve ne fosse bisogno, il grande spessore intellettuale, la creatività e l’intelligenza di parte del cinema italiano.