Distinzioni di classe, di luoghi, di retaggio. Ci sono atenei come Oxford e Cambridge che sui privilegi, le differenze e l’albero genealogico hanno costruito una vera istituzione. Massoneria, società segrete e altre simili aggregazioni sono da sempre fiorite tra le mura delle università più esclusive e antiche di Europa, soprattutto in passato quando l’istruzione era un lusso per pochi privilegiati. Non stupisce quindi che negli anni 2000 l’argomento riesca ancora ad affascinare romanzieri e storici. Tanti sono, infatti, gli aneddoti arricchiti da un alone di mistero, amplificato dai secoli e da una tradizione orale che molto probabilmente si è concessa qualche licenza poetica.
Nell’attuale periodo di crisi, romanzi, aneddoti o racconti su ricchi signori immorali affascinano molto più facilmente il pubblico, i curiosi e gli studiosi. Tra loro, qualche anno fa c’era anche Laura Wade, acuta osservatrice e scrittrice a caccia di materiale per una ricerca sui ragazzi ricchi nella moderna Londra. Le scoperte fatte in quel periodo le hanno ispirato una pièce teatrale che, dopo varie stesure, ha debuttato nel 2010, proprio su un palco londinese, col nome di “Posh”. Ben presto l’opera ha fatto parlare di sé dentro e fuori le mura cittadine. Ed è stato allora che la stessa autrice ha iniziato a lavorare alla trasposizione su grande schermo di una versione della storia che avesse personaggi più vivi e dinamici rispetto a quelli del palcoscenico di un teatro.
Photo: courtesy of Notorious Pictures
“Posh” oggi approda su grande schermo e sorprende. La sceneggiatura è un crescendo di energia che si rafforza sempre più sino a un finale che ci lascia ammutoliti ed esausti. I dialoghi sono spiazzanti, perfetti, attuali ed estremizzati senza mai scivolare nell’irreale o grottesco. La visione di un mondo che non ci appartiene è fredda e cinica come ce la immaginiamo, anche se – temo – la realtà possa essere ben peggiore di come viene mostrata (la trama è pur sempre frutto della fantasia dalla Wade…).
Gli attori sono parecchi, una decina, tutti giovani, tanto in erba quanto in grado di sbigottirci. Con evidente preparazione alle spalle, questi ragazzi riescono a compiere il miracolo: dieci volti, dieci timbriche, dieci ruoli e tutti, uno dopo l’altro, lasciano un segno nella nostra memoria, grazie a una recitazione tanto convincente quanto strabiliante. Ciò dimostra che l’età non sia per forza un handicap e che i talenti si possano coltivare, e mettere alla prova, tutti nella stessa pellicola: non è detto che invadano l’altrui spazio. Oggi non è accaduto.
Photo: courtesy of Notorious Pictures
In questa sorpresa d’inizio stagione spiccano, infatti, l’estremo equilibrio tra le parti assegnate e tra le situazioni, che divengono sempre più angoscianti e claustrofobiche con una quiete quasi crudele; la fotografia, che contribuisce magistralmente ad aumentare la forza emanata dalla pellicola, rimanendo monocromatica e lividissima sino al gran finale dove lascia che il più passionale e violento dei colori faccia irruzione e si prenda la scena; e la lucidità con cui è descritta una realtà non nostra ma, ciò nonostante, che percepiamo come palpabile e verosimile.
“Posh” racconta di un gruppo di studenti di Oxford divisi tra carriera, aspirazioni e tradizioni che una sera, a una cena, danno il peggio di sé o, forse, lasciano semplicemente che la loro indole emerga senza filtri sino ad un finale che saprà stupirvi. Perché “Posh” è un film intrigante, passionale e appassionante, da non perdere.
Vissia Menza