Regia: Martin Scorsese
Principali interpreti: Leonardo DiCaprio, Jonah Hill, Margot Robbie, Matthew McConaughey, Kyle Chandler, Rob Reiner, Jon Favreau, Jean Dujardin, Cristin Milioti, Jon Bernthal, Ethan Suplee, Shea Whigham, Spike Jonze, Ben Leasure, Michael Jefferson, Chris Riggi, Joanna Lumley, J.C. MacKenzie, Christine Ebersole, Matthew Rauch – 180 min. – USA 2013.
Quest’ultimo film di Martin Scorsese si ispira alla storia reale raccontata nell’autobiografia (tradotta anche in Italia per le edizioni BUR) di Jordan Belfort, avventuriero e faccendiere finanziario che nel giro di pochissimo tempo divenne uno degli uomini più ricchi e potenti degli Stati Uniti.
Jordan Belfort (Leonardo Di Caprio) era un giovane di belle speranze, ambizioso, ma senza grandi esperienze borsistiche e finanziarie, quando, approdato a Wall Street e opportunamente istruito dal manager senza scrupoli Mark Hanna (Matthew McConaughey) sul modo di diventare un broker di successo, creò nel New Jersey un’agenzia di brokeraggio, la Stratton Oakmont, coll’imperativo categorico di guadagnare una quantità di soldi mai vista, per potersi concedere ogni lusso e ogni piacere. Si sarebbe trattato di mettere in atto la strategia più utile affinché un elevato numero di entusiasti e convinti mediatori riuscisse a persuadere una grandissima quantità di investitori ad affidare alla Stratton il proprio denaro, grazie alla promessa di farlo rendere, al riparo dalle tasse e nello spregio più assoluto di ogni forma di legalità. In alcuni periodi storici le lusinghe della ricchezza e dei vantaggi che ne derivano funzionano meglio che in altri: Jordan ebbe la ventura di trovarsi a operare negli anni ancora largamente egemonizzati dal pensiero unico dell’edonismo reaganiano, versione rivisitata e, forse più seducente, del sogno americano, ciò che favorì il veloce successo del suo proposito.
L’agenzia ebbe dunque una rapidissima ascesa, consentendo a Jordan di sprecare le ingenti somme che affluivano da ogni parte e che egli rapidamente intascava, nelle spese più pazze per procurarsi donne, alcool, viaggi e droghe, e permettendogli anche di abbandonarsi a eccessi di ogni tipo, sui quali, senza alcuna inibizione moralistica, si sofferma la cinepresa del regista. La prima parte del film, perciò, raccontandoci l’irresistibile arricchimento del protagonista, ci presenta un vasto repertorio delle sue trasgressioni sessuali, orgiastiche, da consumatore compulsivo di droghe di ogni qualità, sgomentandoci e provocando una strana sensazione, insieme di imbarazzo e di compiacimento, poiché ci rende coscienti subito che un’ ambigua fascinazione promana dai comportamenti amorali di Jordan, che diventano aspetti costitutivi della narrazione di Martin Scorsese, che non solo non prende le distanze dal protagonista, ma pare quasi costruirne un’immagine positiva.
I contorni del personaggio di Jordan, in realtà, si precisano meglio nella seconda parte del film, quando alcune cose cominciano a non funzionare come prima nella strategia del nostro eroe. Non è vero, innanzitutto, che i soldi possono comprare tutto e corrompere tutti: saranno due oscuri funzionari dell’FBI a ricordarglielo e a inchiodarlo alle sue responsabilità; la sua concezione maschilistica dei rapporti sociali e familiari, inoltre, si infrangerà di fronte alla resistenza di Naomi (Margot Robbie), la moglie bellissima, che gli ha dato due figli e che non intende sopportare più i suoi tradimenti e la sua vita debosciata. Egli scoprirà, poi, a sue spese, che la droga non è sempre in grado di potenziare le proprie prestazioni: gli accade infatti che l’effetto ritardato di uno stupefacente scaduto, ingollato a gogò, gli provochi un ottundimento psico-fisico terribile, tale da mettere a rischio la sua mente e la sua vita stessa (scena che l’eccezionale performance di Leonardo Di Caprio rende memorabile). In alcuni momenti, inoltre, la vita è resa incerta dalle forze della natura, contro le quali non è facile avere la meglio, come dimostrano le difficoltà della sua nave da crociera durante una tempesta nel Mediterraneo.
Il comportamento di Jordan, così almeno mi è parso, contiene in sé le contraddizioni sufficienti a far vacillare la solidità del castello di illusioni che egli era riuscito a creare per sé e per i pochi altri suoi fedelissimi, amici che, però, egli stesso, per ottenere sconti di pena, non esiterà a tradire, consegnandoli nelle mani della giustizia (attenendosi in ciò a quanto gli aveva suggerito Mark Hanna, cioè che non possono esistere amici a Wall Street). Riuscirà, è ben vero, a cavarsela ancora una volta: una mite condanna gli permetterà, di nuovo di affabulare un pubblico di creduloni ammiratori, durante un’intervista televisiva, segno evidente che il personaggio è un lupo incorreggibile, che, come tutti i suoi simili, perde il pelo, ma non il vizio, ma segno altrettanto evidente che sono sempre troppi gli ingenui che mostrano ammirazione e stima per marpioni di tal fatta.
Il ritratto a tutto tondo di Jordan Belfort è tragicomico e grottesco; buffonesco e inquietante e si colloca, secondo me, fra le pagine più significative del regista, che forse, descrivendo l’insaziabile e oscena bulimia di questo lupo vorace, ci ha dato anche il ritratto del capitalismo finanziario e della sua forza insieme avida, seduttiva e distruttiva. Straordinaria la recitazione degli attori, con Di Caprio, quasi gigione, in stato di assoluta grazia!
Angela Laugier