Cinema - Le ragazze degli anni ’60 (Tutti pazzi per Rose) - di Angela Laugier

Creato il 16 giugno 2013 da Tafanus
Recensione del film "TUTTI PAZZI PER ROSE" (di Angela Laugier)

Titolo originale:  "Populaire"

Regia: Régis Roinsard

Principali interpreti: Romain Duris, Déborah François, Bérénice Bejo, Mélanie Bernier, Nicolas Bedos - 111 min. – Francia 2012.

Questo film delizioso ricostruisce con molta cura alcuni aspetti della società francese alla fine degli anni ’50, quando i nuovi modelli di femminilità della commedia rosa del cinema americano cominciarono a imporsi anche in Europa, indicando alle ragazze la via d’uscita dalla subalternità familiare: riuscire a ottenere il lavoro più ambito dalle donne all’epoca, quello da segretaria. Il regista francese Régis Roinsard ci presenta la vita sonnolenta delle piccole realtà paesane della bassa Normandia, dove le ragazze venivano educate nell’attesa del matrimonio, secondo la volontà dei padri e nel rispetto delle tradizioni consolidate, raccontandoci la storia di Rose Pamphyle, giovane figlia del proprietario del bazar di un paese. 

Rose è destinata a un buon matrimonio, col meccanico locale, per il quale tutto è già predisposto senza il suo consenso: la poveretta, infatti, non solo non ne vuol proprio sapere, ma sta imparando a scrivere a macchina per rendersi indipendente dalla tutela paterna e andarsene a vivere nella vicina città di Lisieux, magari facendosi assumere come segretaria dall’assicuratore Louis Echard, che ne cerca appunto una. La giovinetta non ha le doti di una grande segretaria, ma è una dattilografa velocissima, anche se usa due sole dita.

Questo suscita subito l’interesse di Louis, che ha in mente un ambizioso progetto: farla gareggiare nei campionati di velocità dattilografica regionali e nazionali in vista dei campionati mondiali negli Stati Uniti. All’epoca le gare di questo tipo erano seguite da  migliaia di tifosi, dagli amici, ai familiari, ai colleghi, fino ai sindaci, o addirittura alle autorità nazionali, perché, come bene spiega il film nel suo svolgersi, il premio non era solo il suggello di una gara sportiva, ma costituiva la premessa di affari colossali grazie all’enorme ritorno pubblicitario per i modelli delle macchine usati dalle campionesse. La piccola storia della tenacia di Rose, che si esercita per vincere le gare di dattilografia fino allo stremo delle forze, si intreccia con la sua fermissima volontà di conquistare Louis: veniva dato per scontato, infatti, all’epoca, che una brava segretaria cercasse di far innamorare di sé il capo e se lo sposasse: la rivalità fra le aspiranti segretarie al momento dell’assunzione era fatta anche di colpi di rossetto e di spazzola, di abitini col vitino di vespa e con la gonna scampanata.

 

Tutto il film ci riporta con precisione quasi filologica e con molta ironia a quei tempi: dagli abiti, alle pettinature, ai tacchi a spillo, agli arredi, ai bijoux, agli stereotipi e alla mentalità di quegli anni, in cui convivono le giovani, decise a vivere col loro lavoro, insieme alle donne, magari di poco meno giovani di loro, ancora legate all’immagine della casalinga coi bigodini in testa. Siamo lontani dagli anni del femminismo e delle rivendicazioni che ne seguirono, ma le ragazze che avevano imparato a vincere le loro rivali con grinta e anche con una certa dose di sorridente ferocia, presto impareranno ad attrezzarsi per lotte molto più decisive. Film-commedia-sentimentale davvero bello, che raccontando con grazia e levità sorridente, senza sdolcinature, una storia irrimediabilmente lontana, riesce a farla vivere, collocandola, come in un cannocchiale rovesciato, in un mondo favoloso, quando le donne cominciavano appena a uscire dal bozzolo soffocante che in Normandia o altrove le aveva avvolte, anche lanciandosi a ballare il modaiolo Cha-cha-cha de la sécrétaire.

Il regista, molto promettente, alla prima opera, si avvale di un ottimo cast di attori, fra i quali spicca Bérénice Béjo, recente premio per la migliore interpretazione femminile al festival di Cannes, ma già ottima prima donna del film The Artist 

Ancora una volta il titolo italiano si distingue per improprietà: evidentemente l’originale Populaire (che era il nome della macchina che a Rose aveva garantito i premi più ambiti) pareva troppo rozzo! 


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