Recensione di Giulia Betti per “storiadeifilm.it“) – “Suburra” è un film di Stefano Sollima, con Pierfrancesco Favino, Elio Germano, Claudio Amendola, Alessandro Borghi e Greta Scarano. E’ uscito nelle sale cinematografiche italiane lo scorso 14 ottobre.
Suburra è una “storia criminale” che si svolge in un intervallo di tempo molto breve. Sette giorni in cui si scatenerà una guerra senza quartiere che finirà per coinvolgere colpevoli e innocenti, criminali e semplici cittadini, politici e cardinali. Sette giorni in cui nostri protagonisti cercheranno ognuno di anticipare le mosse dell’altro, per sfuggire al crollo del governo. O per realizzarlo. Al centro di tutto il litorale romano, che la maggioranza di governo vuole trasformare in una sorta di Las Vegas all’italiana.
Lo scorso 14 ottobre è uscito in cinquecento sale italiane uno dei film più attesi della stagione. A potersi godere Suburra però, ultimo lavoro del grande regista che è Sollima, non saranno solo gli Italiani ma anche i cinquantacinque milioni di abbonati a Netflix, la società statunitense, appena maggiorenne, nota per il noleggio dei DVD, dei videogiochi e per il recente e gettonato servizio di streaming. Mi sono perciò voluta prendere qualche minuto per immaginare questi ipotetici spettatori di Brooklyn, seduti sul divano, indossando tute enormi e occhiali da riposo, ingurgitando quintalate di cosciette di pollo fritte o improbabili pizze a domicilio condite di ananas e formaggio, mostrando senza vergogna facce perplesse e rapite fruendo di quello spettacolo tutto italiano.
Ma come? E la Roma de La Grande Bellezza, dov’è finita? Quel sole e quei colori intensi, l’arte sublime, le fontane, il cupolone, i seduttori latini? Dov’è la mano lirica di Sorrentino che tanto era piaciuta a noi americani filofelliniani?
Basterà loro infatti concedere pochi minuti a Suburra per capire che la Roma descritta dal regista del coraggioso ACAB e delle due celebri e fortunatissime serie tv, Romanzo Criminale e Gomorra, è una città “necropolitana”, una Sin City molto più verosimile rispetto a quella milleriana, una terreno fertile per la malavita concimato a sangue, sperma e piscio.
Il fango della Capitale, quello reale e quello metaforico è il vero protagonista del lungometraggio del Sollima figlio d’arte. Una città perpetuamente violentata dalla pioggia, quella che si fa largo fra i tombini e che risorge dalle fogne. Una melma, allegoria del marcio, lurido e viscido che scorre nelle vene delle tre grandi Matrone italiane: la Politica, la Chiesa e la Mafia.
Rimarranno affascinati i nostri cugini americani ritrovandosi sullo schermo criminali ben diversi rispetto a quelli che tanto amano da sempre stereotipare nei loro capolavori Hollywoodiani. Niente offerte irrifiutabili, niente… (per continuare a leggere la recensione > “storiadeifilm.it”']);">cliccare qui –>> “storiadeifilm.it”).