Cinema: Sicilia amara (Belluscone – Una storia siciliana) - di Angela Laugier

Creato il 28 settembre 2014 da Tafanus

Recensione del film "BELLUSCONE – UNA STORIA SICILIANA" (di Angela Laugier)

Regia: Franco Maresco

Documentario – 85 minuti – Italia 2014

Una grande amarezza si prova dopo la visione di questo film, il documentario non concluso di Franco Maresco, che, preso dallo sconforto a causa delle continue difficoltà e dei numerosi incidenti che hanno accompagnato i momenti delle riprese, ha abbandonato questo suo lavoro, autorizzando solo successivamente l’amico Tatti Sanguineti a mettere insieme un bel po’ del materiale girato e a farlo uscire per l’ultimo festival di Venezia dove ha ottenuto non solo l’ovazione più lunga di tutta la manifestazione, ma anche il Premio speciale della Giuria per la Sezione Orizzonti. Dell’autore, molto schivo soprattutto dopo la separazione dall’amico Daniele Ciprì al quale era legato da un lungo sodalizio artistico, non si è più saputo molto: ci si augura che riprenda fiducia in se stesso e ci regali altri ottimi film.
Va chiarito, prima di tutto, che il documentario, nonostante il titolo, non è un’opera su Berlusconi, o meglio non è solo su Berlusconi: ci mostra una serie di momenti della storia siciliana (ma anche italiana) degli ultimi sessant’anni e ci parla della sostanziale continuità che l’ha caratterizzata. Questa è bene incarnata nella figura dell’ex barbiere palermitano Calogero Mira, detto Ciccio, indiscusso personaggio d’autorità del quartiere Brancaccio fin dal decennio 1950 – 1960, cioè fin da quando era iniziato il “sacco di Palermo”, con l’avallo più che interessato dei politici locali di area democristiana che permisero la colossale speculazione edilizia che sfigurò la città.

Mira era stato capace di convogliare vastissimi consensi elettorali intorno ai politici più collusi con la mafia di allora, delle cui richieste egli si faceva tramite e garante. Lo stesso Ciccio, dopo la fine della prima repubblica, fiutato il mutamento, si era riciclato su posizioni berlusconiane, diventando uno degli artefici del consenso elettorale palermitano attorno al Cavaliere. Aveva utilizzato, a questo scopo, anche l’ingenuità assai sprovveduta degli elettori più giovani, illudendoli che le feste musicali del Brancaccio fossero una scorciatoia sulla strada del successo televisivo e aveva anche promosso l’arrivo a Palermo, da Napoli, di alcuni cantanti neomelodici, legati come è noto alla camorra, prima di finire in carcere, dove, almeno credo, si trova ancora. La rappresentazione del personaggio è veramente da grande regista: ne emerge una figura grottescamente ambigua e reticente, fosca, eppure banale e grigia, ben sottolineata dall’assenza di colore delle scene in cui si lascia intervistare:

Le interviste reticenti a Ciccio Mira costituiscono  la struttura di collegamento degli altri episodi del film,  che fin dall’inizio ci danno il quadro di una realtà tragi-comica, di cui, però difficilmente si riesce a ridere: un pensionato che si toglie la vita facendo esplodere col gas la palazzina in cui è il suo alloggio, terrorizzato dalla convinzione che, dopo la sconfitta elettorale di Berlusconi, gli sarà tolta la pensione; i neomelodici che si danno botte da orbi per rivendicare la paternità dell’inno a Berlusconi;  raccolte di fondi per i mafiosi incarcerati (detti “ospiti dello stato”) che vengono lanciate con successo attraverso le TV locali; la chiara condanna, a prescindere, che è indirizzata al mestiere del carabiniere; l’idea, purtroppo condivisa, che sia esistita una mafia buona (si chiamava, per dire, Stefano Bontade!), dispensatrice di giustizia, al tempo in cui venivano, invece, murati nei pilastri delle costruzioni giornalisti e chiunque volesse far luce sui delitti… L’effetto è, a dir poco, straniante e angoscioso: il mondo alla rovescia si materializza a poco a poco davanti ai nostri occhi, e ci fa piombare in un incubo dal quale non ci si riesce a svegliare, tanto che anche un banale incidente tecnico, occorso durante l’intervista (indimenticabile!) a Marcello dell’Utri, non può che farci pensare a un complotto diabolico. A completare il quadro aggiungo l’uso della lingua italiana, ridotta a puro balbettio da analfabeti, dalla quasi totalità dei protagonisti di queste brutte storie, che tuttavia ritengo utile conoscere.  Se avete sufficiente coraggio, andate a vederlo!

Angela Laugier

1209/0639/1500


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