Gli album che vengono qui citati, in ordine rigorosamente sparso, rappresentano non un tentativo (impossibile) di riassumere in pochi passi un intero anno di produzione musicale: l'intento è piuttosto quello di consigliare qualcosa che ci ha veramente colpiti in generi quanto più possibile diversi.
HEALTH - Death MagicTerzo lavoro della band californiana, che dimostra una maturità davvero invidiabile: il suono oscilla tra noise e industrial, una dichiarazione d'amore gridata a squarciagola in un tunnel buio. La percezione che abbiamo di noi, le nostre fragilità, il sesso occasionale, le frustrazioni che quotidianamente ci attanagliano: questo e molto altro si staglia sullo sfondo di melodie penetranti e ipnotiche, rarefatte ma quantomai complesse nelle proprie stratificazioni.
Un album promosso a pieni voti, in grado di emozionare profondamente se si riesce a superarne le iniziali ruvidità e il fatto che il nome della band e di tutte le tracce sia scritto in Caps Lock.
L'album della svolta per il quintetto guidato da Oliver Sykes: cambio di etichetta discografica, cambio dei gusti degli stessi membri della band e quindi cambio deciso di genere dal metal/deathcore all'hard rock fortemente contaminato di elettronica.
Esperimento a mio parere perfettamente riuscito: le tematiche sono rimaste le stesse di quando la parola d'ordine era lacerarsi le corde vocali durante i live ma il contesto è profondamente mutato.
Musica per fare i conti con le giornate storte.
Mezzosangue - Soul of a SupertrampSecondo album del giovane rapper italiano, da molti considerato uno dei più promettenti esponenti del rap hardcore della penisola.
Riesce nel difficile compito di migliorare un debut album già di altissimo livello, con liriche ispirate, rabbiose, profonde.
Molteplici i riferimenti letterari, filosofici e cinematografici che fanno da sfondo a beat semplici ma di grande impatto sonoro, per un prodotto di livello sicuramente molto alto, probabilmente il migliore prodotto dalla scena durante il 2015.
Difficile non raccogliere l'invito che ci viene lanciato a diventare ciò che siamo: l'uomo vive nel caos ed è necessario sapercisi destreggiare.
Usare l'aggettivo sperimentale per descrivere il trio americano sarebbe indubbiamente riduttivo: la quantità di lavoro che è confluita nel terzo album dei newyorchesi è gigantesca, con arrangiamenti elaborati e complessi.
Quasi indifferenti a tutto ciò che musicalmente è successo intorno a loro, i Battles hanno rilasciato un album che vive del miglior tipo di autocompiacimento possibile, nel sapere di aver creato qualcosa che vive e muore solo ed esclusivamente in rapporto con se stesso, in un gioco di espansioni e contrazioni sonore che lascia disorientati e stupiti.
Impossibile da catalogare in un genere (rock sperimentale? Elettronica? Math rock?) perché volutamente realizzato al loro esterno, merita un ascolto approfondito.
Il titolo citato è in realtà un EP (l'album vero e proprio si aspetta per marzo 2016) ma per Aurora Aksnes si può sicuramente fare un'eccezione.
Artisticamente già molto matura nonostante la giovane età (solo 18 anni) il suo pop è diretto successore della musica di Björk, a cui spesso viene paragonata: la voce eterea e cristallina, tagliente ma evanescente, riesce perfettamente ad evocare le algide atmosfere della natìa Bergen, da cui la nostra è partita scrivendo brani da quando aveva solo dieci anni.
I vostri pomeriggi invernali hanno trovato una nuova colonna sonora da fischiettare.
di Paolo Pugliese