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Cinzia Sposato per Mangialibri recensisce “La locanda delle emozioni di carta”

Da Vivianap @vpicchiarelli

Copertina-01_ebookMatilde e Emma. Un’amicizia indissolubile e un agriturismo da mandare avanti: la Locanda delle emozioni di carta, sul lago Trasimeno. Queste donne, querce di mezz’età, sono sopravvissute anche grazie al legame che le unisce agli abissi della morte e dell’abbandono. Emma ha perso il marito e la figlia in un incidente di moto; Matilde è reduce da una separazione che le ha restituito la libertà di recuperare se stessa attraverso un cammino irto di difficoltà e complicato dagli attacchi di panico. L’unica possibilità di andare avanti è ricominciare, chiudere con le rispettive vecchie vite  rimettendo in ballo passioni perdute. Prende così corpo l’idea di ristrutturare un vecchio agriturismo per farne una  piccola residenza di charme, punto di ritrovo per gli amanti dei libri, che possano trovare un ricovero intellettuale alla spossatezza del quotidiano. Ogni dettaglio è pensato in funzione della lettura: libri ovunque e stanze a tema, in base ai generi letterari prescelti. l’Eden del lettore onnivoro a caccia di silenzio e di una location contemplativa. Tra gli ospiti della locanda è atteso Matteo, famoso scrittore, che dovrà intrattenere gli ospiti con un corso sul tema della narrativa noir. Il suo arrivo è destinato a scombussolare la vita di Matilde. I due hanno in sospeso un innamoramento solo vagheggiato di gioventù, e il rimpianto di  un amore  assoluto e mancato, che avrebbe potuto deviare il corso delle rispettive esistenze. Ma la vita, a volte, regala seconde opportunità, di miracolosa portata; un ultimo treno in partenza su cui saltare al volo, per scampare a quel deserto esistenziale in cui abbiamo interrato radici…
La narrazione si snoda sull’intreccio di queste nuove esistenze, prima ripiegate su fallimenti e solitudini, poi sbocciate al soffio dell’amore, che irrompe, sfaldando equilibri, lasciando vacillare certezze, consolidandone altre. In parallelo, corre la storia, non meno tormentata, di Ginevra e Riccardo, anch’essi ricondotti alla locanda da ragioni di cuore  e di rivalsa verso  un passato lacerante. Tutti i personaggi di questo romanzo sembrano combattere il demone dell’incomunicabilità, del non detto, del rancore sedimentato, colonna ormai portante delle loro vite. Riccardo, poi,  deve misurarsi col la furia onirica di incubi spaventosi, che sembrano  non dargli tregua. Il romanzo, intrigante anche là dove si lascia indovinare, risulta scorrevole, con uno stile sobrio e cristallino, riccamente descrittivo, che spinge avidamente a voltare pagina. Il lettore viene introdotto nella locanda grazie ad un registro narrativo olfattivo, tattile, pittorico. Annusa le spezie della cucina, sente sotto i polpastrelli la trama dei tessuti, vede e si astrae nel paesaggio lacustre, con le sue brume malinconiche, i colori struggenti dell’autunno. Densi e fitti i dialoghi di cui è intessuta la narrazione, che raggiunge l’apice della sua potenza descrittiva nelle scene d’amore: audaci, profondamente realistiche, che restituiscono gli umori della carne, la compenetrazione delle anime finalmente gaudenti, eppure scevre di pruderie e volgarità. Vivamente consigliato a chi rimpiange la propria parte smarrita, e non si sente fuori tempo massimo per recuperarla, a coloro che covano un amore sospeso nel tempo di gioventù, ma, soprattutto, a quelli che sentono ancora – come in quella famosa canzone riproposta da Battiato – il fischio lontano del treno perduto.


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