Ci sono tanti motivi che ci portano ad amare la lettura e più in generale le storie, alcuni condivisibili, quasi universali, altri personali che magari affondano le radici nell'infanzia o nel nostro personale modo di essere. Tuttavia, secondo la scienza sembra che la cosa davvero importante abbia a che fare con l'empatia che proviamo nei confronti dei personaggi.
Secondo una ricerca (che potete leggere in modo più approfondito in quest'articolo), il motivo per cui amiamo le storie è legato alle reazioni che esse scatenano (o in alcuni casi non scatenano) nel nostro cervello. Due fattori, in particolare, sono stati individuati, quando si segue una storia con interesse: l'attenzione e l'empatia.
Attenzione
Catturare l'attenzione è il primo obiettivo di chi crea una storia. Di fatto le nostre capacità (e la voglia) di concedere attenzione a qualcosa sono parecchio scarse, basti pensare ai ritmi di oggi e alla fretta che abbiamo sul web di passare da un testo all'altro. Creare personaggi e situazioni interessanti non è sufficiente, se l'autore non riesce a trascinare il lettore-spettatore dentro questa realtà alternativa.
Raccontare quindi significa prima di tutto attirare l'attenzione e continuare a trattenerla per un tempo abbastanza lungo. Ed è questo il motivo per cui sono stati messi a punto vari trucchetti e tecniche da parte di romanzieri e sceneggiatori, per cui si usano ganci ed esche per mantenere vivo l'interesse. Un compito che, tra parentesi, si rivela sempre più difficile, data la mole di input che si ricevono da tutte le parti e considerata l'enorme concorrenza.
Come scrive l'autore dell'articolo citato:
Dal punto di vista narrativo, il modo per mantenere l'attenzione del pubblico è quello di aumentare continuamente la tensione nella storia.
Una volta che una storia ha sorretto abbastanza a lungo la nostra attenzione, possiamo cominciare a risuonare emotivamente con i personaggi della storia. I narratologi lo chiamano “trasporto”...
Empatia
Una volta che è scattata l'identificazione, non importa più che la storia sia frutto di fantasia, che sia interamente una finzione o prenda spunto dalla realtà, perché reagiamo proprio come se ci trovassimo davvero nei panni dei personaggi o come se fossimo emotivamente coinvolti nelle loro vicende. Un po' come ci capita quando una persona a noi cara vive in una situazione spiacevole o piacevole e noi proviamo dolore o gioia per lei. I personaggi diventano nostri amici o addirittura noi stessi.
Quando arriviamo a questo punto il cervello risponde rilasciando ossitocina. Non a caso questa molecola è la stessa che entra in gioco quando siamo innamorati. A volte serve del tempo per riuscire a sintonizzarci con la storia e i suoi personaggi, a volte scatta un non-so-che fin dall'inizio. D'altra parte anche in amore accade così. Grazie a questo ormone, diventiamo più sensibili e pronti a “vibrare emotivamente” con i personaggi.
E infatti il legame che spesso ci lega ai personaggi è spesso simile all'infatuazione, come ha rilevato Cristina M. Cavaliere nel suo recente articolo Lo scrittore è innamorato!
Però la ricerca in questione ha anche rilevato l'importanza di costruire un arco drammatico perché questo coinvolgimento venga attuato. In pratica, dopo un inizio in grado di catturarci, la tensione deve crescere in modo proporzionale alle difficoltà che i protagonisti si trovano ad affrontare, fino a un punto culminante della crisi che conduce alla loro trasformazione e poi alla risoluzione della storia. Conosciamo tutti questa struttura, e se viene adottata il motivo è proprio che ha la capacità di suscitare le appropriate reazioni e portare alla produzione di ossitocina.
Sarà quindi a causa di queste sensazioni che proviamo piacere a leggere o seguire una storia? Vero è che l'immedesimazione si può scatenare a prescindere dal modo in cui ci viene raccontata: narrativa, film, serie tv, fumetti, ecc.
In conclusione
Se amate scrivere quanto leggere e guardare film o serie televisive, forse siete arrivati a questa stessa conclusione: la capacità di entrare in sintonia con i personaggi da parte del lettore-spettatore è essenziale per la riuscita di un romanzo o film. La trama e l'idea di fondo passano del tutto in secondo piano, per quanto possano essere brillanti, se non arrivano a scatenare l'identificazione.
Il primo elemento (l'attenzione) è fondamentale ma va tenuto conto del fatto che è possibile mantenere alta l'attenzione senza che scatti mai l'empatia. Questo accade in certi romanzi o film dove gli autori si sono impegnati molto a sfornare continui colpi di scena, senza però trovare il modo di coinvolgere emotivamente chi vi assiste.
Quando lasciamo il lettore indifferente abbiamo fallito completamente il nostro obiettivo, anche se abbiamo usato una prosa raffinatissima. Ne ha parlato qualche giorno fa anche Grazia Gironella nel suo post 9 scintille per accendere l'emozione, mentre Francesca Silidoti ha sottolineato quanto sia importante il coinvolgimento dell'autore stesso nel suo Dubbio ed emozione sono il cuore della scrittura.
Insomma, si potrebbe stare ore a discutere di tutti gli elementi che rendono piacevole una storia o grande un romanzo, ma è solo aria fritta se non siamo in grado di far battere il cuore ai lettori!
Voi cosa ne pensate? Per voi sono davvero questi i fattori rilevanti?