Qualche giorno fa sono stata a Torino, a colonizzare per il week-end casa di un'amica insieme ad altri amici. Tralasciamo il fatto che ha continuato a piovere quasi incessantemente e che quindi i nostri movimenti sono stati più che limitati. Tralasciamo anche la pigrizia che si è propagata dall'uno all'altro come un virus-zombie e che ci ha fatti sdormicchiare sul lettone ammassati tipo Tetris per buona parte dei pomeriggi. Torino è sempre stupenda.E poi siamo stati in libreria. Al Libraccio, dove mi sono gioiosamente approvvigionata di Vex e Kalix di Martin Millar e di L'ora di Talulla di Glen Duncan. E poi in un'altra libreria più piccola, che mi pare si chiami Libreria Giolitti, gestita da un tizio simpatico coi baffi.Ecco, io in quella libreria ho ritrovato una fetta bella grande d'infanzia. Mi è pure partito un 'OH!' incredulo, quando l'ho visto. Vevi, di Erica Lilleg. Non so chi me l'avesse regalato per Natale, non ricordo quanti anni avessi all'epoca. Era in un'edizione degli Istrici Salani, avete presente? Ecco, io a Torino ne ho vista un'edizione del 1959, di quelle alte e rigide. Come potevo resistere? E poi l'ho pagata 60 centesimi.Allora, vediamo. Cosa rende Vevi così speciale da farmi ricordare di quella vetusta simil-rubrica che ho abbandonato mesi e mesi fa per carenza di titoli? Il fatto che Vevi è una bambina con un'immaginazione fervida, che si fa delle domande, che riflette e vede cose che gli altri non vedono. Che racconta di stelle che le regalano stilografiche. Che per fare contenta la maestra, invece che il compito le porta un mazzetto di fiori. È quella bambina che vorremmo avere dentro ancora adesso. O sono solo io?
Ciò che non dovrebbe mai mancare dalla libreria di una bambina - Vevi di Erica Lillegg
Creato il 24 aprile 2013 da Laleggivendola @LaLeggivendolaQualche giorno fa sono stata a Torino, a colonizzare per il week-end casa di un'amica insieme ad altri amici. Tralasciamo il fatto che ha continuato a piovere quasi incessantemente e che quindi i nostri movimenti sono stati più che limitati. Tralasciamo anche la pigrizia che si è propagata dall'uno all'altro come un virus-zombie e che ci ha fatti sdormicchiare sul lettone ammassati tipo Tetris per buona parte dei pomeriggi. Torino è sempre stupenda.E poi siamo stati in libreria. Al Libraccio, dove mi sono gioiosamente approvvigionata di Vex e Kalix di Martin Millar e di L'ora di Talulla di Glen Duncan. E poi in un'altra libreria più piccola, che mi pare si chiami Libreria Giolitti, gestita da un tizio simpatico coi baffi.Ecco, io in quella libreria ho ritrovato una fetta bella grande d'infanzia. Mi è pure partito un 'OH!' incredulo, quando l'ho visto. Vevi, di Erica Lilleg. Non so chi me l'avesse regalato per Natale, non ricordo quanti anni avessi all'epoca. Era in un'edizione degli Istrici Salani, avete presente? Ecco, io a Torino ne ho vista un'edizione del 1959, di quelle alte e rigide. Come potevo resistere? E poi l'ho pagata 60 centesimi.Allora, vediamo. Cosa rende Vevi così speciale da farmi ricordare di quella vetusta simil-rubrica che ho abbandonato mesi e mesi fa per carenza di titoli? Il fatto che Vevi è una bambina con un'immaginazione fervida, che si fa delle domande, che riflette e vede cose che gli altri non vedono. Che racconta di stelle che le regalano stilografiche. Che per fare contenta la maestra, invece che il compito le porta un mazzetto di fiori. È quella bambina che vorremmo avere dentro ancora adesso. O sono solo io?
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