Ciò che non si conosce della vita di Maometto – di Corrado Gnerre

Creato il 10 febbraio 2015 da Appuntiitaliani
Pubblicato il febbraio 10, 2015 da: Corrado Gnerre Maometto è per ogni musulmano il modello a cui fare riferimento. Eppure nella vita del Profeta ci sono degli episodi poco edificanti, che devono essere conosciuti se si vuole comprendere seriamente l’Islam . Per il Cristianesimo Gesù è Dio che si è fatto uomo; e, perchè veramente uomo, è anche il modello a cui ogni cristiano deve tendere. Ma per l’Islam qual è il modello umano da seguire? L’Islam accetta Gesù, ma lo riduce a profeta e peraltro a profeta superabile e superato da colui che è il più grande dei profeti, Maometto.  Ed è proprio Maometto il modello per eccellenza. Il “Profeta” (come l’Islam lo chiama) è non solo un maestro, cioè colui che ha fatto in modo che la verità si diffondesse nel mondo, ma è anche un esempio di vita, un modello –per l’appunto- a cui ogni muslim (musulmano) deve tendere. Ma vediamo di che modello si tratta. La vita di Maometto è sempre stata edificante? Mi limitero a dir qualcosa sinteticamente, raccontando i fatti così come sono avvenuti…poi ognuno farà le sue riflessioni.Maometto, che in realtà si chiamava Abul-Kasim ibn ‘Abd-Allah e che fu detto “Muhammad” (cioè il “glorificato”), nacque nella ricca città di La Mecca presumibilmente nell’anno 570 d.C. Il padre –che non conobbe mai perché morì prima della sua nascita- era un commerciante di nome ‘Abd-Allah. La madre si chiamava Amina bint-Wahb. Tutte e due i genitori appartenevano alla potente tribù dei Qurays, che dominava alla Mecca. Il padre, però, non era ricco, perché, con ogni probabilità, aveva patito qualche affare andato male.

Senza padre, il bambino fu cresciuto dal nonno, Abd-el-Mattalib, che gli impose il nome di Qotham. L’infanzia di Maometto fu segnata da tante sofferenze. Quando aveva appena sei anni, gli morì anche la mamma e fu affidato ad una nutrice beduina. A otto anni perse anche il nonno e fu accolto da uno zio, Abu-Talib, anche lui povero. Questi cercò di servirsi del nipote facendolo lavorare, giovanissimo, come cammelliere. Lavoro molto duro ma che fece sì che il ragazzo venisse a contatto con gente di culture e religioni diverse: cristiani (soprattutto nestoriani), manichei, ebrei, ecc.

Con il commercio Maometto non si arricchì, anzi ebbe fama di uomo onesto e giusto. A venticinque anni entrò al servizio di Khadigah (555-620), vedova quarantenne di un ricco mercante. Per lei Maometto organizzò e guidò alcune spedizioni carovaniere. Diventò il suo uomo di fiducia e, nell’anno 595, suo marito. Khadigah, che aveva figli perché coniugata già due volte, per sposare Maometto dovette superare l’opposizione del padre ancora vivente. Ne ottenne il consenso dopo averlo ubriacato. Gli sposi condivisero per venticinque anni un matrimonio felice, dal quale nacquero due o tre figli maschi, morti precocemente, e quattro figlie: Ruqaya, Zaynab, Umn Kulthum e Fatima. Maometto e Khadigah adotteranno poi, come figlio maschio, Zaid-ibn-Haritha, uno schiavo riscattato.

Godendo di una buona ricchezza e soprattutto potendo abbandonare il duro lavoro di cammelliere, Maometto decise di dedicarsi alla meditazione, da cui si sentiva fortemente attratto. Si ritirava per alcuni giorni dell’anno nella solitudine di luoghi montagnosi e desertici nelle vicinanze di La Mecca. Vestito poveramente, andava girando solitario e muto, assorto nella preghiera e nella meditazione delle cose divine.

In una notte dell’anno 610 (anche detta “la Notte del destino”), all’ormai quarantenne Maometto sarebbe apparso in sogno, ai piedi del monte Hira, un angelo recante in mano un rotolo di stoffa. L’angelo voleva comunicargli una prima rivelazione di Allah. Maometto si risvegliò improvvisamente e quelle parole gli rimasero nel cuore. Lasciò la caverna, ma sentì una voce dal cielo che lo salutava come inviato di Allah: “Maometto, tu sei l’Eletto di Allah e io sono Gabriele”. Scorse poi, all’orizzonte, un angelo gigantesco e ne rimase profondamente sconvolto. Si tratta, come ben si capisce, di un’esperienza molto diversa da quelle di cui parla la teologia spirituale cristiana. Maometto si sentì terrorizzato, i veggenti delle apparizioni cristiane, invece, hanno sempre raccontato di una gioia inesprimibile per le loro esperienze straordinarie.

Khadigah fu la prima a credere nella missione del marito. Ma da questo episodio accadde qualcosa di molto strano. Maometto perse la pace, cercò di rasserenarsi tornando sul monte Hira, ma non ci fu nulla da fare. Fu talmente preso da una forte depressione che pensò spesso al suicidio. Vi è da dire che fenomeni strani accompagnavano sempre le “rivelazioni” dell’angelo Gabriele. Quando Maometto sentiva avvicinarsi una nuova rivelazione, avvertiva brividi di freddo, tremava; e si faceva portare un velo o un mantello sotto il quale lo si sentiva gemere, rantolare e perfino urlare.

Durante la sua missione a La Mecca, che durò ben dieci anni, Maometto annunciò la fine dei tempi ed esortò alla penitenza, ma, per la sua iniziale opposizione al culto della pietra nera, si trovò contro i mercanti della Città. Fu costretto alla fuga (anno 622) nella città di Yatrib, poi chiamata Medina, che vuol dire “Città del profeta”. Ed è proprio in questo periodo che accaddero fatti poco edificanti. Spesso Maometto dette ordini di uccidere. Famosa fu la strage, mediante il taglio della testa nella pubblica piazza di Medina e alla sua stessa presenza, degli uomini della comunità ebraica dei Banì Quraizah nell’anno 627. Inoltre, Maometto spesso ordinava, per finanziare la futura conquista di La Mecca, razzie di carovane; famosa fu quella di Badr nell’anno 624.

Nel 630 Maometto riuscirà a conquistare La Mecca e nel 632 morirà.

Nella sua vita privata molte cose non brillano. Fu succube delle passioni. Mentre il Corano permette al fedele musulmano di avere non più di quattro mogli contemporaneamente, egli ne sposò undici. Celebre è anche l’episodio del suo amore per Zaynab (moglie del suo figlio adottivo Zayd) che obbligò a divorziare dal legittimo marito per farla sua.

Tutti questi fatti sono riconosciuti dagli stessi studiosi islamici.

di Corrado Gnerre

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