Cippi, il codirosso spazzacamino // Audio fiaba

Da Fiaba

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La fiaba

Giovedì 27 Marzo 2014 11:28 Scritto da Nicoletta Bartolo

Fra le belle montagne d’Abruzzo, su un grande e verde abete, mamma e papà codirosso accudivano, nel loro nido, i piccoli codirossini.

Un giorno, mentre mamma codirosso imboccava i suoi piccini, uno di questi cadde giù per terra e finì davanti alla porta di un grande capannone. Era Cippi!

Il piccino non sapeva ancora volare e le sue esili zampine non riuscivano ancora a sostenerlo.

Non gli rimaneva così che chiamare i suoi genitori, per chiedere aiuto, ma il suo verso fece da richiamo per un bel gatto rosso, che gli si piazzò davanti, pronto a farne un buon bocconcino.

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Il testo completo

Fra le belle montagne d’Abruzzo, su un grande e verde abete, mamma e papà codirosso accudivano, nel loro nido, i piccoli codirossini.

Un giorno, mentre mamma codirosso imboccava i suoi piccini, uno di questi cadde giù per terra e finì davanti alla porta di un grande capannone. Era Cippi!

Il piccino non sapeva ancora volare e le sue esili zampine non riuscivano ancora a sostenerlo.

Non gli rimaneva così che chiamare i suoi genitori, per chiedere aiuto, ma il suo verso fece da richiamo per un bel gatto rosso, che gli si piazzò davanti, pronto a farne un buon bocconcino.

In quel momento, passo di lì un uomo, il Signor Clò, che, colpito dal richiamo del piccino, si fermò, avvertendo il pericolo che questi stava correndo. Lo scorse e gli si avvicinò, ma il gatto rosso, avendo già pregustato la prelibatezza, cominciò a soffiare, per cercare di spaventare l’uomo.

Per nulla intimorito, il Sig. Clò raccolse il piccolo e lo protesse fra le sue mani, cercando, invano, i suoi genitori, che, invece, dall’alto assistettero silenziosamente e dolorosamente alla straziante scena.

L’uomo decise di salvarlo dal gatto e di prendersene cura, ma doveva partire e non sapeva proprio come fare.

Fu allora così che chiese aiuto a suo fratello, il Signor Max, che, con molto entusiasmo, accolse la proposta di adottare il piccolo orfanello.

Ahimè, però, la moglie del Signor Max, la Signora Nicòle, aveva una gran paura degli uccelli!!!!

Come fare, quindi???

Con gran coraggio, il Sig. Max suonò alla porta della sua casa, deciso ad affrontare sua moglie e la sua gran paura.

La Signora Nicòle gli aprì e vide il marito con una scatola di cartone in mano.

La grande curiosità di sapere cosa contenesse quella scatola, la spinse a osservare al suo interno.

Ci fu un lungo silenzio. Lo sguardo intenerito della donna incontrò quello impaurito del minuscolo codirossino: era sbocciato un sentimento, un forte sentimento.

Con gran sorpresa da parte del marito, Nicòle acconsentì che il piccolino rimanesse in casa, fin quando fosse stato pronto per volare.

Cippi aveva trovato i suoi nuovi genitori adottivi: papà Max e mamma Nicòle.

Ci fu un gran movimento nella nuova casa di Cippi. Amici e parenti accorsero da ogni per dare il benvenuto al nuovo arrivato.

L’entusiasmo era alle stelle: papà e mamma lo imboccavano e dissetavano, ogni qual volta il piccolo lo desse a intendere, con quel suo dolcissimo e caratteristico verso, gorgogliante dal suo morbido becco spalancato, verso che si placava, subito dopo aver soddisfatto le sue necessità.

In famiglia, vivevano anche la figlia di Max e Nicòle, di nome Titti e una piccola cagnolina dal pelo del color del miele, di nome Miss. Entrambe adoravano il piccolo piumato.

In poco tempo, la dolcezza di quell’esserino aveva conquistato tutti e spesso si discuteva su chi, per primo, dovesse prendersene cura, imboccarlo e dissetarlo.

Mamma Nicòle era molto sorpresa di quanto stava accadendo, perché, fino al momento prima che Cippi entrasse in casa, aveva avuto paura anche di una singola piuma!!!

Stava invece nascendo fra loro qualcosa, un forte sentimento, ache più forte non c’è: l’Amore e l’Amore tutto può.

Dopo una settimana, il piccino cominciò a spiegare le ali e gli fu quindi regalata una gabbia, per esercitare i suoi primi voli.

Cippi ne fu molto felice, anche perché, dopo qualche giorno, la gabbia fu ingrandita e trasformata in un vero e proprio giardino. Al suo interno, c’erano fiori profumatissimi, legnetti di vario tipo, per fargli da appoggio e sostenerlo, ramoscelli d’ulivo, per permettergli di dondolarsi, corteccia d’albero su cui poter affilare il suo becco e persino un piccolo nido intrecciato, dove poter riposare, nonché acqua fresca a volontà e tanto buon cibo a disposizione, con bacche, insetti e semini vari.

Intanto, Cippi aveva imparato a mangiare e a bere da solo. Sì, Cippi era talmente intelligente, che già si nutriva e beveva da solo!!!

Nel frattempo i giorni passavano e scandivano il pensiero che Cippi sarebbe dovuto andare verso la libertà.

In occasione delle vacanze estive, fu portato in una bella località marina, accanto a una riserva naturale che ospitava numerose specie di uccelli e varietà di piante.

Ai suoi nuovi genitori sembrava l’ambiente adatto per potergli restituire la libertà, quando pronto.

Papà Max pensò di permettergli di allenare i suoi muscoli, per poter meglio volare e fu così che allestì per lui una vera e propria voliera!

Era bellissima: si trattava di un lungo spazio recintato con re rete e arredato con tronchetti d’albero, cortecce, fiori e piante, che Cippi tanto mostrò di gradire, esibendosi in voli acrobatici e palesando ogni giorno una nuova abilità.

Mamma Nicòle, nel frattempo, aveva vinto la paura degli uccelli e assisteva, con gran stupore, ai suoi meravigliosi progressi.

Cippi era velocissimo: virava, si librava, mangiava insetti al volo, scendeva in picchiata e rimaneva in stallo, in aria, a lungo.

I suoi genitori adottivi lo liberavano spesso in quella grande voliera e lo lasciavano libero anche nella loro casa, per dargli maggior spazio e trascorrevano molto tempo con lui, specie Nicòle passava molte ore con lui, gli parlava spesso e amava tanto augurargli la buona notte, prima di andare a dormire, accarezzandogli il pancino e mandandogli tanti bacini.

Un giorno, il piccolo li sorprese: cominciò a poggiarsi sulle loro mani, braccia e spalle a rispondere ai loro richiami; dava loro anche delle tenere beccatine, da far palesemente intendere fossero bacini e che teneri quei bacini!!!!

Che forti emozioni!!!

La sua codina rossa era ben cresciuta e tanto spiccava su quel piccolo corpicino grigio-verde. La che muoveva su e giù, nei suoi voli: era il suo timone!

“Cippi, Cippi, Cippi…” lo chiamavano e lui rispondeva: “cip, cip, cip!!!”.

Quanto gradiva dare sfoggio delle sue abilità. Era bravissimo anche a pulirsi alla perfezione con quel suo becco che avanzava sulle ali aperte e lungo il suo corpicino e ciò diede l’idea ai suoi genitori adottivi di mettergli a disposizione una grande vasca d’acqua, che Cippi tanto gradì, tuffandocisi dentro: era il suo primo bagnetto!!!! Quanto si divertì, quanto si divertirono i genitori spettatori!!!!

Era stupefacente quando, dall’altra parte della voliera, dietro la rete, qualcuno della famiglia si avvicinava per salutarlo. Cippi si sollevava immediatamente in volo e rimaneva fermo in stallo, come un colibrì, per ricambiare il saluto e seguiva i loro spostamenti, per mostrare di aver gradito quel gesto.

Altri giorni trascorsero inesorabili e Cippi aveva anche imparato a cantare dolcemente.

Dalla sua gabbia e dalla sua voliera osservava i suoi simili, anzi li scrutava.

Un giorno, lo sorpresero in tenera “conversazione” con dei dolci passeri verdi, i verdini; un altro giorno, con le belle tortorelle e sembrava davvero che si raccontassero le loro storie ed esperienze.

Mamma Nicòle era incantata da tanto splendore.

Ogni nuovo giorno, Cippi sorprendeva ed esibiva tutto ciò che di nuovo aveva imparato; cinguettava, sostava su una sola zampina, si accovacciava, ma ciò che più inteneriva i suoi nuovi genitori era vederlo dormire: Cippi si raccoglieva in una palletta, una tenera palletta di piumette e chiudeva quei suoi dolci occhietti, sprofondando in un sonno profondo.

Quanto era bello Cippi!!!

Era già trascorso un mese e mezzo e Cippi era ormai pronto per la libertà che lo aspettava.

“Quando lo liberiamo?” -si chiedevano Max e Nicòle- “Domani?”, “E poi come faremo, senza di lui?”, “Ci mancherà tanto!”, “Troverà altri uccellini che lo accetteranno e con cui volare insieme?”, “Dove dormirà la notte?”, “Mangerà a sufficienza?”.

In realtà, tutte quelle domande se le ponevano, perché non volevano separarsi da lui e rimandavano la decisione di liberarlo, perché molto dolorosa.

Era nato fra loro un grandissimo amore.

La decisione, però, andava ormai presa e una mattina di agosto, il giorno 22, fu deciso di donargli la libertà, quella libertà che ne avrebbe fatto di lui un vero codirosso e non un prigioniero in gabbia.

Tutti tristemente d’accordo, fissarono l’appuntamento tra Cippi e la libertà, per mezzogiorno.

La gabbia fu posta al solito posto, tra gli alberi e i fiori, che tanto gli avevano fatto compagnia.

Con molto timore, fu aperta da papà Max la prima apertura, ma Cippi rimase fermo, senza andarsene. Fu così che mamma Nicòle gli aprì la seconda porticina e, anche in questo caso, il piccolo rimase lì, fermo. Papà Max gli aprì, allora, l’ultima e più grande uscita, ma Cippi esitò ancora e continuò nuovamente a rimanere fermo e immobile sul suo legnetto preferito: il ramoscello d’ulivo. Sembrava aver paura, tanta paura.

A un tratto, dopo mezz’ora, mamma Nicòle gli sussurrò: “Cippi, vai! Vai, Cippi, vai!!!”.

Fu così che Cippi scese al piano inferiore della sua gabbia, mangiò un po’ di semi, bevve dell’acqua, si fermò, si guardò intorno e, grato di aver ricevuto il permesso, ascoltò il forte richiamo della libertà e uscì dalla porticina più piccola, per poggiarsi poi su quella più grande e volare.

Fuori dalla gabbia, fece tre voli circolari sulle teste dei membri della sua famiglia, che con dolore e gioia stavano assistendo alla sua partenza per il viaggio della libertà. Quuei voli sulle loro teste erano stati il suo ultimo saluto.

Dall’ultimo giro spiccò il volo verso nord.

Papà, mamma e Titti, che stringeva fra le sue braccia la cagnolina Miss, gli corsero dietro come per abbracciarlo e gli gridarono; “Cippi, sei libero!!! Buona vita e che sia la più bella e la più felice! Segui la luce, sempre! Ricordalo!”.

Dopo dieci minuti, lo avvistarono sul comignolo di un camino, poco distante, a spiegazione della natura del suo nome: Codirosso, spazzacamino.

Lo chiamarono, lui si girò e poi proseguì il suo volo, verso un bel pino marittimo, dove, felice, inseguiva i suoi simili: i verdini e, come segno di riconoscimento, fece cadere una sua morbida piumetta.

Quanto era bello Cippi, con quella sua codina rossa! Quanto era bello vederlo volare libero, nell’immensità del cielo!

Questo fa l’amore, l’Amore con la A, che, quando è vero e autentico, è libertà e non prigionia.

Fu immenso il dolore di non godere più della gioiosa presenza di quel meraviglioso uccellino, che per tutti era stato un vero tornado nel cuore.

Si chiesero anche se, l’invito a uscire, invece che un permesso fosse stato interpretato come un’obbedienza da parte del piccolo.

Tutte queste risposte non le conosceranno mai.

L’unica verità era racchiusa nella speranza di aver scelto la cosa giusta: la sua libertà.

L’immenso vuoto lasciato intorno a loro fu presto colmato dalla gioia di saperlo libero.

Dopo la sua partenza, ognuno di loro osservava il cielo con uno sguardo diverso, uno sguardo che cercava, che lo cercava, desiderosi di rivederlo e soprattutto di vederlo volare felice. Prestavano anche molta attenzione ai versi degli altri uccellini, cercando fra essi quello unico e gentile che apparteneva a Cippi.

E ancora una volta gli gridarono in coro: “Grazie, Cippi, non ti dimenticheremo mai!”, “Grazie, Cippi, per questa meravigliosa lezione d’amore che ci hai permesso di apprendere!”.

Fu deciso di lasciare la gabbia di Cippi aperta, al solito posto, fra gli alberi e i fiori e di mettergli a disposizione cibo e acqua … se mai, un giorno, fosse tornato.

Furono anche disposte sugli alberi del giardino e sul tetto della casa, anche per gli altri uccellini, delle mangiatoie e piccole casette, di cui una bellissima tutta di legno per Cippi, per permettere loro di nutrirsi e ripararsi durante l’inverno.

A papà Max e mamma Nicòle piaceva immaginarlo sul pino di fronte la loro casa, sul grande pino verso il quale si era diretto dopo essere stato liberato e che lui, da lì, ormai uccello libero, li potesse vedere e osservare.

A Cippi molte sono le cose di cui i suoi genitori gli sono grati, compresa la superata e vinta paura per gli uccellini da parte di mamma Nicòle, la scoperta del meraviglioso mondo degli uccelli, ma di una cosa in particolare: dell’Amore, quello vero, puro, sincero e incondizionato, l’Amore che fa miracoli.

Grazie, Cippi!

Con amore,
mamma Nicòle e papà Max


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