di Michele Marsonet. Fin dai primordi del pensiero occidentale, la matematica è stata una grande fonte di problemi filosofici. Per i Greci, infatti, la matematica era essenzialmente geometria e, se si studia la geometria nel modo tradizionale, sin dall’inizio sorgono moltissimi quesiti di tipo filosofico.
Per esempio, Euclide definisce il punto come “ciò che non ha parti”: qual è il significato di questa affermazione? Non è forse impossibile che vi sia qualcosa senza parti? Inoltre, se esistessero cose di questo tipo, potremmo mai vederle o conoscere qualcosa di esse? Spesso la geometria euclidea è stata considerata una descrizione del mondo fisico. Ma sembra difficile credere che il mondo possa essere costituito da punti poiché, se i punti non hanno estensione, allora nemmeno un numero infinitamente grande di punti è sufficiente a formare una regione spaziale.
I punti sono allora semplici idee nella nostra mente? Oppure sono entità reali, anche se di un genere non osservabile? In ogni caso, per quale ragione i principi della geometria possono venir applicati alla realtà empirica dagli architetti e dagli ingegneri? A questo problema se ne collegano molti altri. Quale genere di significato hanno i termini geometrici; se i principi della geometria possono risultare veri oppure no; in che modo si attingono le conoscenze nel campo della geometria; per quale ragione la geometria si applica al mondo osservabile, etc.
Il sorgere delle geometrie non euclidee diede nuovo alimento a questi interrogativi. Se sono matematicamente giustificate le geometrie che contengono leggi logicamente incompatibili con quelle del sistema euclideo, che cosa possiamo dire della nozione di “verità matematica”? Infatti, quando una legge appare incompatibile con un’altra, non è possibile che siano entrambe vere. I matematici non si occupano dunque più della verità? In effetti, è difficile capire come lo studio della geometria possa avere senso se non comporta la ricerca della verità relativa allo spazio.
Per quanto concerne la matematica numerica, si pongono vari problemi analoghi aventi a che fare con il significato dei termini usati, con la possibilità di arrivare alla verità, cioé col problema se si accerti o meno la verità in questa parte della matematica. Vi sono inoltre problemi relativi al genere di conoscenza che essa implica, e problemi concernenti il perché le leggi dell’aritmetica si applichino alla realtà.
Sempre a proposito della matematica numerica sorge anche un altro quesito piuttosto diverso: quello della “esistenza” matematica. I principi della geometria possono essere intesi come principi ipotetici, che non affermano l’esistenza di alcunché: “Se esiste una figura e tale figura è un triangolo, allora la somma dei suoi angoli è uguale a due angoli retti”. Non abbiamo insomma bisogno di pensare che la geometria includa alcuna legge come questa: “Esiste un triangolo”.
Nella matematica numerica, invece, vi sono molte leggi che sembrano postulare l’esistenza di certe cose; per esempio: “Esiste un numero y tale che, moltiplicando x per y, il prodotto è uguale a x, qualunque esso sia”. Una legge di questo tipo sembra implicare l’esistenza di qualcosa, di modo che la legge non può essere facilmente intesa in senso ipotetico, come invece accade per quelle della geometria. Ma che tipo di esistenza comporta tale legge? Di quale genere di realtà si occupa questa parte della matematica? L’esistenza deve intendersi in un senso strettamente letterale, oppure in maniera figurata?
Questi sono quesiti filosofici, perché riguardano questioni generali e fondamentali sul significato, la verità e la conoscenza. I matematici di professione, che si preoccupano di estendere il campo della loro indagine, di solito prestano poca attenzione a tali problemi che riguardano piuttosto i fondamenti della disciplina.
Allora qualcuno potrebbe rispondere: “E’ vero, ma ciò è merito dei matematici. Infatti questi presunti problemi altro non sono che confusi pseudo-problemi, e una simile speculazione filosofica è priva di senso”. Un’affermazione del genere appare tuttavia troppo affrettata.
Forse la maggior parte delle perplessità filosofiche circa la matematica deriva da alcuni fraintendimenti; ma tali problemi costituiscono nonostante tutto serie questioni intellettuali, poiché i fraintendimenti dai quali essi traggono origine sono ammissibili e rilevanti, e non rappresentano delle mere credenze facilmente eliminabili. Si tratta, in altre parole, di problemi che meritano di essere esaminati e, per quanto possibile, chiariti.
Featured image, Euclide, matematico greco, immaginato da Raffaello nella sua opera Scuola di Atene.