Proprio sulla ricostruzione della vicenda si sono sempre focalizzati in particolare gli inquirenti, nel tentativo di comprendere quanto grave sia la colpa – quella già accertata da tempo – di De Santis, da cui dipenderà ovviamente anche la sua pena. A sparare e ad uccidere Ciro Esposito è stato certamente lui, ma i giudici vogliono comprendere se ci può essere stata una provocazione da parte dei tifosi napoletani, oppure se il sostenitore giallorosso abbia architettato il tutto già in precedenza.
Un aiuto, o almeno una versione dei fatti – riportata da IlMattino.it -, in tal senso è arrivato oggi dal cugino di Ciro Esposito, Domenico Pinto: “Abbiamo sentito delle esplosioni nella zona di viale Tor di Quinto. Vedevamo del fumo e delle donne e dei bambini che chiedevano aiuto dai pullman. Ciro fu il primo ad andare verso gli autobus. Superato il guardrail ci trovammo di fronte questo omone che ci diceva di andare verso di lui. Ciro lo ha preso per le spalle e hanno avuto una breve colluttazione. Se non erro, Ciro gli ha dato un pugno e lui prese la pistola e gli sparò. Non ha fatto in tempo a fuggire“.
Con Daniele De Santis, però, quel giorno c’erano anche altre persone. Non per nulla al processo sono imputati anche Gennaro Fioretti e Alfonso Esposito, ma i capi d’imputazione in questo caso riguardano la rissa scatenatasi tra i due gruppi di tifosi e nulla più. Il cugino di Ciro Esposito, però, ascoltato come semplice persona informata dei fatti ha rivelato altri dettagli rispetto alla vicenda: “C’erano altre persone, un gruppetto di 4-5 individui che ci tirava contro di tutto, pietre, fumogeni e bombe carta. Erano vestiti completamente di nero e indossovano dei caschi per non farsi vedere in faccia. Non so come abbiamo fatto a non morire anche noi, dato che De Santis quando era a terra ha provato a sparare anche contro di noi, ma l’arma deve essersi inceppata o forse erano finiti i colpi“.