Titolo: Città di carta
Titolo originale: Paper towns
Autore: John Green
Editore: Rizzoli
Collana: Narrativa
Pagine: 396
Ebook: € 7,99
Cartaceo: € 14,00
Data di pubblicazione: 11 giugno 2014
TRAMA
Quentin Jacobsen è sempre stato innamorato di Margo Roth Spiegelman, fin da quando, da bambini, hanno condiviso un'inquietante scoperta. Con il passare degli anni il loro legame speciale sembrava essersi spezzato, ma alla vigilia del diploma Margo appare all'improvviso alla finestra di Quentin e lo trascina in piena notte in un'avventura indimenticabile. Forse le cose possono cambiare, forse tra di loro tutto ricomincerà. E invece no. La mattina dopo Margo scompare misteriosamente. Tutti credono che si tratti di un altro dei suoi colpi di testa, di uno dei suoi viaggi on the road che l'hanno resa leggendaria a scuola. Ma questa volta è diverso. Questa fuga da Orlando, la sua città di carta, dopo che tutti i fili dentro di lei si sono spezzati, potrebbe essere l'ultima.
RECENSIONE
"E avrei voluto dirle che per me il vero piacere non era pianificare, fare o andarmene, il vero piacere per me era stato vedere i nostri fili intrecciarsi, separarsi e ora riannodarsi di nuovo..."
Avevo altissime aspettative per questo romanzo, sentivo parlare di John Green ovunque, ho visto il film Colpa delle stelle, ma ancora non avevo affrontato la lettura di questo autore. Così, con l'uscita qualche tempo fa, delle nuove edizioni della Rizzoli ho comprato Città di carta. Ero indecisa tra questo e Teorema Catherine, ma alla fine la trama mi ha spinto verso questo.
La storia. La storia rientra in pieno nel significato (o almeno in uno dei significati) di città di carta. Cos'è una città di carta? Beh, Green ce ne da una doppia interpretazione: sono dei falsi topografici, città fantasma create dai cartografi per salvaguardare il proprio copyright, ma hanno anche un significato più "profondo", rappresentano una società falsa, fatta solo di apparenze, che appunto sono sottili e futili come la carta. E questa storia è un po' questo: sembra una grande avventura, con tanti spunti, con una buona idea alla base, ma alla fine lascia poco, non porta ad una evoluzione o un effettivo cambiamento e soprattutto non mi ha emozionato.
Il romanzo è diviso in tre nette parti. Nella prima, dopo aver conosciuto i protagonisti da piccoli, seguiamo Q e Margo in una notte folle...
"Stanotte, mio caro, raddrizzeremo molti torti. Ed estorceremo alcuni diritti. I primi saranno gli ultimi, gli ultimi saranno i primi e i miti erediteranno un po' di Terra"
Non mi è piaciuta questa parte, l'ho trovata noiosa e ripetitiva, e francamente non ne ho compreso a pieno il significato, se non quello di far ritrovare i due ragazzi (ma si poteva trovare un modo migliore) e mostrare la futilità di Margo e la condizione di zerbino di Q.
Infine la terza parte, il viaggio che porterà Q e i suoi amici alla vera ricerca di Margo. Questa parte mi ha proprio deluso. Poteva essere una diverte avventura on the road, il viaggio in macchina che tutti dovrebbero fare prima di prendersi le responsabilità della vita, e invece anche qui la noia impera, tra un susseguirsi cantilenante di ore e storielle viste e straviste con la pipì come protagonista.
Il finale è in linea con il resto del libro, scialbo, per niente emozionante e un po' scarno.
I personaggi. Quelli di Città di carta sono personaggi troppo passivi, non hanno una crescita o un cambiamento, cosa che invece mi aspettavo vista l'età dei protagonisti e il momento della loro vita in cui è incentrata la storia. Sono ragazzi sciocchi ed egocentrici (non tutti) dall'inizio alla fine.
Q (Quentin) mi è sembrato per tutto il libro lo zerbino di Margo. Lei gli fa fare tutto quello che vuole grazie alla sua aurea da figa e dannata, e lui invece di mandarla al diavolo scatta sull'attenti e la segue.
Margo... mi ha ingannato! Pensavo ci fosse qualcosa di serio e profondo dietro la sua scomparsa, qualcosa di interessante, quasi epico. E invece? E' solo una bambina capricciosa, che sa solo lamentarsi e pestare i piedini. Le cose non vanno come vuole lei ( e non significa che vanno male...) e lei si vendica. Le ho dato (e più volte) il beneficio del dubbio, ma niente, per me rimane una mocciosa che non sa quel che vuole e sceglie la strada più facile.
Lo stile. In linea di massima mi è piaciuto come scrive Green, in modo semplice, scorrevole, con una punta di ironia, capace anche di una certa introspezione. Tuttavia ho trovato nel libro un elemento veramente odioso: gli elenchi. Ogni due pagine scattava l'elenco: cosa fare, cose desiderate, motivi, opinioni, 1.2.3. ... mi va bene all'inizio, anzi è anche un sistema veloce e informale di risolvere un momento complicato, ma ogni due pagine no!
In conclusione. Mi ha deluso! Non mi ha appassionato la storia, i protagonisti sono degli odiosi marmocchi, il finale è come se non ci fosse. Salvo giusto lo stile di Green. Non so il motivo di questa Caporetto: forse l'ho letto ad un'età sbagliata? O forse questo è proprio il libro meno riuscito di Green...
Voto
Alla prossimaEliza