All'interno di un mondo degradato, di una città di fantasmi dove sembra che non ci sia più nessuno, dove l'umanità-zombie vive rintanata in interni isolati e locali notturni, si dispiega per due ore "Only Lovers Left Alive": l'apocalisse di Jim Jarmusch è quella oltre il tempo e la Storia, quella di una realtà filtrata attraverso gli occhi di chi vive (e di chi ama) nel corso dei secoli. Il mondo è una stanza dove riunire le reliquie della Storia, in una prospettiva notturna, lontana dalla luce del sole e dal sentire comune. La cultura stessa è un'insieme vano di nozioni e citazioni: una delle intuizioni più lucide e caustiche di Jarmusch si ritrova nell'associazione tra vampirismo e cultura. Perché i suoi Vampiri sono musicisti underground e freaks fuori tempo massimo, che parlano di Lord Byron e Mary Shelley mentre bevono sangue purissimo prima che arrivi il giorno.
Jarmusch firma una delle sue vette, forse la sua opera più trasparente e personale, dove si ritrova tutto il suo cinema (sonorità comprese) e, forse, anche qualcosa di più. Il suo rimane uno degli sguardi più interessanti e anomali del panorama cinematografico contemporaneo, in grado di gettare uno sguardo dolorosissimo ma colmo d'amore e tenerezza su un degrado inevitabile. E nel fare questo racconta i suoi personaggi con una delicatezza e una sensibilità rare.
L'hanno detto tutti, e non posso che confermare: che film straordinario.