Come non esiste un solo modo di “fare” letteratura, e lo conferma Davide Orecchio con questa opera prima pluripremiata, conturbante e commovente, lui che ha la formazione dello storico e la vocazione dello scrittore, così non esiste un solo modo di leggerla.
Città distrutte, è bene chiarirlo subito, è un’opera letteraria e di quelle sopraffine, nonostante il sottotitolo Sei biografie infedeli sollevi il dubbio di trovarsi al cospetto di altro. Dubbio immediatamente fugato dal risultato stupefacente e pienamente riuscito, quello di piegare la realtà storica degli archivi, delle ricerche documentali, delle testimonianze al volere della narrazione, mescolando la rigidità del resoconto biografico con l’arrendevolezza della creatività immaginifica, alternando i piani della verità e dell’invenzione, manipolando e plasmando senza regole e remore, trascinando il lettore in un altrove dove non esistono più i personaggi reali né quelli immaginati, ma soltanto l’autore e la sua voce struggente e vibrante che sperimenta le infinite sfumature del raccontare, interpretando con impegno il dolore e la malinconia, la gioia e l’entusiasmo, la delusione e la rassegnazione, la rabbia e l’offesa, la menzogna e il tradimento. E che cos’è questa se non letteratura?
Si può leggere Città distrutte in diversi modi. Si può andare in cerca di indizi per ricostruire le vere biografie nascoste dietro quelle “infedeli”, cominciando dal titolo che è un frammento raccolto da un manoscritto della madre dell’autore, quella Oretta Bongarzoni ispiratrice inconsapevole della vita di Betta Rauch, scrittrice e poetessa infelice che mai conobbe la notorietà. «Sono una città distrutta. Se Dio vuole, la storia è fatta di città distrutte e poi ricostruite». Ma la soluzione è presto svelata, ogni episodio si conclude con citazioni e riferimenti documentali che confermano il binomio persona/personaggio. E così sappiamo che dietro Eschilo Licursi, sindacalista molisano e deputato comunista morto nel 1964, c’è il vero sindacalista Nicola Crapsi sul quale Orecchio aveva concentrato le sue ricerche per scriverne una vera biografia. Nella vita del regista sovietico esiliato a Roma Valentin Rakar ritroviamo i pensieri del celebre regista di Nostalghia e Sacrificio Andrej Tarkovskij; gli anni romani del diplomatico prussiano Kauder sono ispirati dall’opera del filosofo Wilhelm von Humboldt; tra le pagine che raccontano Pietro Migliorisi, poeta e giornalista, prima fascista, poi comunista, si cela la vita di Alfredo Orecchio, padre dell’autore. L’unico personaggio senza riferimenti biografici reali è Éster Terracina, giovane argentina di origini italiane che scomparve a Buenos Aires nell’orrore della dittatura. «Ester si donò, salvò il bambino che non aveva messo al mondo, guardò il futuro e l’anticipò». Nomi e fatti sono inventati, avverte Orecchio, pur appartenendo a migliaia di vite e di morti che vi riconosceranno qualcosa di proprio.
Una volta superati i confini della realtà e dell’immaginazione non si prova alcun rimpianto della verità. Secondo Kipling una storia raccontata è una storia vera «finché dura il racconto», o per dirla con Elias Canetti: «Una storia ben inventata è comunque una storia, non una bugia».
Ed ecco un altro modo di leggere Città distrutte, attraverso le lenti di autori come Borges, Bolaño, W.G. Sebald di Gli emigrati, Marcel Schwob di Vite immaginarie, che hanno fatto delle biografie impossibili, immaginarie ma verosimili, un genere letterario. Danilo Kiš disse che la materia dell’immaginazione per essere credibile deve avere la forza del documento. Sono questi i modelli cui Orecchio fa riferimento, lo afferma lui stesso, lo hanno scritto nelle numerose e prestigiose recensioni del suo libro. A noi viene in mente anche Edgardo Franzosini e il suo racconto Grande trampoliere smarrito (pubblicato sulla rivista WATT 0,5 nel maggio 2012) dedicato ad Arthur Cravan, pseudonimo di Fabian Avenarius Lloyd, poeta e pugile inglese, nipote acquisito di Oscar Wilde. «Non una verosimile biografia di personaggio inesistente, ma una inverosimile biografia di personaggio esistente» (qui la nostra recensione).
Il libro di Orecchio si presta ancora a una differente lettura, quella più schiettamente storica. I personaggi reali e fittizi sono testimoni e protagonisti, a loro modo, del Novecento (con l’eccezione del prussiano Kauder, che passa dalle guerre napoleoniche alla decadenza di una Roma di inizio Ottocento), assistono al sorgere e all’infrangersi delle ideologie insieme al naufragio delle loro personali esistenze, passano attraverso due guerre mondiali, il fascismo, lo stalinismo, la dittatura dei colonnelli di Buenos Aires, combattono e si ribellano, rincorrono e sperimentano passioni politiche e vocazioni artistiche.
Città distrutte diventa così un libro di storia assai particolare dove date e avvenimenti, per quanto annotati con la precisione dello storico, si fanno pretesto per scendere negli abissi dell’esistenza e risalire in superficie con una nuova consapevolezza sulla follia e la ferocia dei regimi, sulla forza incontenibile che può avere il desiderio di libertà e di ribellione, sull’umiliazione dell’esilio, sulla malinconia dei sogni irrealizzati.
Le biografie di Città distrutte possono essere lette, infine, come biografie dello stato d’animo, non importa se di personaggi immaginari, verosimili o soltanto reali, perché la malinconia, la solitudine, le illusioni infrante, l’esilio della voce in cui soffocare il dolore per un amore interrotto e derubato o per l’insostenibile stanchezza del vivere, lo stupore o il sollievo per il tempo che passa e che tutto trasforma, sono temi universali che sopravvivono allo scontro tra letteratura e storia, tra verità e finzione.
«E il tempo che è un gioco di prestigio illudendoci che il nostro deperimento siano giorni e mesi, che la morte abbia bisogno degli anni, che il più semplice dei calcoli, una somma, causi i nostri cambiamenti, le nostre nuove orbite, fa l’unica cosa che sa: passa».
Nota sull’autore
Davide Orecchio, nato nel 1969 a Roma dove vive e lavora, è storico e germanista. Ha pubblicato racconti su «Nuovi Argomenti» e «Nazione Indiana», è direttore del sito d’informazione rassegna.it. Con Città distrutte, la sua opera d’esordio, ha vinto nel 2012 il Premio Mondello, il Premio Volponi e il Supermondello. I suoi blog personali: davideorecchio.wordpress.com e sullasfalto.blog.rassegna.it.
Per approfondire
Alessandro Toppi su Pickvick
Filippo La Porta su Left-Avvenimenti
Matteo Marchesini su Il Foglio
Daniele Giglioli sul Corriere della Serra – La Lettura
Città distrutte di Davide Orecchio
Gaffi, 2012
pp. 238, 15,50 €