Cittadinanza per gli stranieri: una priorità da paese civile

Creato il 12 maggio 2014 da Sviluppofelice @sviluppofelice

di Arianna Genovese

http://www.lettera43.it

Il riconoscimento della cittadinanza degli stranieri residenti in Italia è un nodo cruciale per lo sviluppo di un paese che intenda definirsi civile.

Dagli anni Novanta l’Italia, da paese con una lunga storia di emigrazione, è divenuto paese di crescente immigrazione, e oggi rappresenta una tappa intermedia per le migrazioni dirette verso il nord Europa.

In questi trent’anni la normativa sull’emigrazione è mutata più volte, senza riuscire ad armonizzare regole e diritti, con un’evidente incapacità politica e legislativa nell’affrontare questi temiin modo complessivo.

Il risultato è che gli oltre 4,4 milioni di stranieri stanziali[1], che vivono e lavorano nel nostro paese in forma regolare, mancano di diritti elementari come quelli previdenziali[2]. Senza cittadinanza, il rinnovo del permesso di soggiorno[3] è un passaggio obbligato, e le difficoltà nel trovare un lavoro e un alloggio a condizioni legali finiscono spesso in forme di sfruttamento, con frequenti casi di riduzione in schiavitù[4].

Nel 2011 sono state concesse oltre 56 mila cittadinanze, di cui 49.836 a persone provenienti da paesi extra UE: Marocco (10.732), Albania (8.101) e Romania (3.920)[5].

Negli ultimo 10 anni è triplicato il numero degli stranieri regolarmente residenti in Italia. A dispetto del topos sempre vivo degli immigrati che sottraggono lavoro agli italiani, anche i flussi migratori pagano il prezzo della crisi in atto. Nel periodo 2008 – 2012 il tasso di occupazione tra gli stranieri è diminuito di 7 punti. Tra il 2007 e il 2012 si sono quasi dimezzati gli arrivi in Italia per motivi di lavoro, mentre sono cresciuti quelli per motivi di famiglia, i permessi per motivi di studio e le richieste per motivi umanitari[6].

L’indice di deprivazione proposto dall’Istat[7] mostra una diffusa sofferenza degli immigrati rispetto agli italiani. L’indicatore sintetico di rischio di povertà, o esclusione sociale, raggiunge il 51% per le persone che vivono in famiglie con almeno uno straniero, e il 56,8% in quelle composte solamente da stranieri, a fronte del 38,3% nelle famiglie miste[8], e del 23,4% nelle famiglie di soli italiani[9].

Nella scuola i figli di immigrati sono circa il 7% della popolazione scolastica[10], e nei presidi socio- assistenziali essi rappresentano il 28,7%[11]. Infine, sono stranieri il 35% degli adulti in stato di detenzione[12].

Sul tema cittadinanza ci sono numerose proposte e disegni di legge. Il dibattito più recente si è concentrato su due diversi principi alla base del riconoscimento: lo ius soli,incentrato sulla nascita e successiva residenza su suolo italiano; e lo ius culturae, che subordina la cittadinanza ad una adeguata conoscenza della lingua e della cultura italiana[13]. E rappresenta un nodo delicato il tema della seconda generazione.

Attualmente il conseguimento della cittadinanza[14] è previsto per diversi motivi. Tra questi, la residenza in Italia da almeno 10 anni[15], e l’elezione di cittadinanza[16]. Quest’ultima è una sorta di ius soli, che consente al minore nato in Italia da genitori stranieri, ed ivi residente senza interruzioni fino ai 18 anni, di scegliere la cittadinanza italiana. Il disposto prevede una serie di circostanze non semplici e non sempre chiare, su cui si sono susseguiti i pareri delle corti d’appello[17] al fine di dipanare difficoltà applicative. Esempio lampante di una complessità normativa che è spesso frutto di compromessi.

[1] Dati Istat al primo gennaio 2013, in http://www.istat.it/it/immigrati

[2] Ad es. ai lavoratori stagionali stranieri non spettano gli assegni familiari e la disoccupazione. In: http://www.avantionline.it/2013/12/previdenza-sociale-rapporto-emni-piu-diritti-piu-contraddizioni-piu-difficolta/#.UzE78s6wUfk

[3] http://www.poliziadistato.it/articolo/225/

[4] http://www.adnkronos.com/IGN/Regioni/Puglia/Sfruttamento-braccianti-immigrati-la-Dda-di-Lecce-indaga-per-riduzione-in-schiavitu_312324424423.html

[5] http://www.nuovicittadinieuropei.it/?page_id=332

[6] Nel periodo 2007 – 2012 i permessi per motivi di lavoro sono calati da 150.000 a 70.800, mentre quelli per motivi famigliari da 87.000 sono passati a 117.000. Cifre dietro le quali probabilmente si annida la necessità di aggirare la difficoltà del trovare lavoro, e che riflettono una presenza immigrata sempre più stanziale.

[7] Tale indice misura l’incapacità a sostenere almeno tre delle seguenti spese: spese impreviste di 750 euro; una settimana di vacanza l’anno; pagamenti di utenze domestiche, affitto, mutuo; pasto adeguato con carne, pesce o equivalente vegetariano almeno ogni due giorni; riscaldamento per l’abitazione; lavatrice; tv a colori; telefono; automobile. In: http://www.istat.it/it/archivio/94430

[8] Per l’Istat nella famiglia mista la coppia genitoriale è composta da un cittadino italiano per nascita e un cittadino straniero o italiano per acquisizione

[9] http://www.istat.it/it/archivio/48675

[10] http://www.istat.it/it/immigrati/indicatori-sintetici/confronto-italiani-stranieri

[11] Dati Istat riferiti al dicembre 2009.

[12] Dati Istat riferiti all’1 gennaio 2012

[13] Il grado di tale accertamento varia da proposta a proposta, e non sempre i criteri sono chiari.

[14] http://www.interno.gov.it/mininterno/export/sites/default/it/temi/cittadinanza/sottotema002.html

[15] Legge 91/92, art. 9, comma 1, lett. f.

[16] Ivi, art. 4, comma 2.

[17] Ad es. la sentenza n. 1486/2012 della Corte d’Appello di Napoli riconosce il diritto alla cittadinanza alla persona nata in Italia da genitori stranieri anche se non risulta iscritta all’anagrafe italiana nel periodo in cui era minorenne. In: http://www.giuristidemocratici.it/post/20120704131832/post_html

12 maggio 2014

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