Il caso Marta Grande non è paragonabile a quelli che hanno coinvolto Giannino o Crosetto. Questi ultimi hanno mentito palesemente, la giovane grillina no. Tutt’al più ha un pochino gonfiato il curriculum, si può perdonare. [Che poi dovremmo chiederci a che pro convenga mentire su un titolo accademico mai conseguito, soprattutto se si è in grado di ostentare una cultura ed una sensibilità su specifici temi che gli accademici se le sognano, ma tant’è]. Non è un problema neppure di equipollenza degli studi, sebbene Il Giornale e Libero ci abbiano giocato sulla validità dei titoli ottenuti all’estero da Grande. Il punto è che tutto venga ridotto, come al solito, a un noi contro di loro: il popolo, i cittadini, la casta, i servi. La catarsi grillina è priva di fondamento nel momento in cui forma e linguaggio non coincidono. Loro sono “cittadini”, non “onorevoli”. Non è questo il cambiamento che avremmo auspicato, ma è ancora presto per giudicare. Tuttavia, in quanto cittadini in rappresentanza di altri cittadini, tanto basterebbe. E invece no, Marta grande scrive a conclusione del suo post difensivo “sono una Cittadina”, con la “C” maiuscola. L’autocollocazione, cioè, ad uno stadio superiore. Equivalente, questo sì, al vituperato “onorevole”.
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