City Book e Festival della letteratura: qualche domanda all’assessore Boeri

Creato il 03 ottobre 2012 da Autodafe

di Cristiano Abbadessa

Seguo su Facebook il dibattito suscitato dalla lettera aperta di Milton Fernández, organizzatore del Festival della letteratura di Milano del giugno scorso, all’assessore alla cultura Stefano Boeri, con particolare attenzione alle risposte dell’assessore stesso. Forse perché lo strumento non è adatto e bisogna essere davvero molto bravi per far capire bene le proprie ragioni in quattro righe scarse, ma il fatto è che non ci ho capito molto. Provo, non essendo neppure io bravo a sintetizzare ai minimi termini, a mettere a fuoco qui le questioni fondamentali.
Anzitutto, le risposte dell’assessore non mi sembrano cogliere il punto nodale e scontano, peraltro, un equivoco di fondo. Boeri invita infatti “il Festival” a non essere geloso della rassegna City Book e a rivolgersi agli organizzatori (e qui c’è una prima domanda: chi sono?) per avere uno spazio all’interno della manifestazione. Credo che la proposta abbia poco senso: il Festival della letteratura è un evento culturale, ed è anche un’associazione (perciò, un’istituzione cuturale permanente), e non mi pare sia d’uso che un evento in quanto tale abbia spazio all’interno di un altro evento, quale è City Book (e qui varrebbe poi la pena di sapere se anche City Book è un’associazione, e perciò un’istituzione, e da chi è formata, o se è solo un marchio). A mio parere personale, non ha senso che “il Festival” sia presente in City Book, perché è una contraddizione in termini; liberi poi, in base alle proprie considerazioni, gli autori, gli artisti e gli editori che hanno partecipato al Festival (e oserei dire persino quelli che lo hanno animato) di valutare se sia opportuno avanzare proposte per iniziative da inserire nell’ambito del City Book. Ma il Festival in quanto tale non può e non deve essere presente.
Precisato questo, ritengo però mal posti i termini della questione. Che non verte sulla visibilità del Festival, o dei piccoli editori che ne sono stati l’anima e il motore, all’interno del City Book, bensì sul rapporto tra l’istituzione pubblica (nella fattispecie l’assessore Boeri) e il mondo della cultura milanese. È su questo tema che vengono messe in discussione le scelte dell’assessore e il rapporto che lega il Comune di Milano al City Book. Ed è su questo che provo a rivolgere qualche domanda diretta all’assessore alla cultura.
Quale è, di preciso, il ruolo pubblico all’interno del City Book?
Quale è il rapporto con gli altri soggetti coinvolti (i “grandi nomi” di cui hanno dato notizia i media)?
Come mai l’assessorato ha scelto di lanciare una nuova manifestazione anziché potenziarne una esistente? (e, insisto, con parole d’ordine davvero troppo simili)
Chi è, nel concreto, responsabile dell’organizzazione di City Book? (la mail di riferimento rimanda a un’agenzia; da cui la domanda che segue)
Il Comune ha affidato l’organizzazione dell’evento a un’agenzia esterna?
Chi paga questa agenzia? (il Comune o gli altri soggetti interessati alla manifestazione?)
Se il Comune finanzia l’iniziativa, quali criteri (trasparenti?) sono stati adottati nella scelta dell’agenzia che organizza l’evento?
Qual è, nel caso, la cifra messa a disposizione dal Comune (denaro pubblico) per City Book?
Come mai l’assessore ha concesso, con largo anticipo, visibilità e spazi prestigiosi a City Book?
Per il prossimo Festival della letteratura, l’assessore ritiene di assumere gli stessi impegni, economici e di esposizione mediatica, che ha assunto per City Book?

Queste sono le domande più immediate. Che potrebbero poi ridursi a un paio: far sapere al mondo se l’idea del City Book è del Comune (in tal caso: perché non potenziare il Festival?) o di altri (in tal caso: come mai è stata ampiamente sponsorizzata, in tutti i sensi, con tanto prodigo entusiasmo?) e far sapere quali rapporti intende costruire l’assessore con il Festival, che è un’istituzione culturale già esistente e che ha dimostrato, finora a costo zero per il Comune, di convogliare interesse, passione e partecipazione.
Credo che queste risposte, per chiarezza e trasparenza, siano dovute a tutti. A me personalmente, poi, continua a restare poco comprensibile, e per nulla condivisibile, la scelta di un’amministrazione “di sinistra” che anziché incentivare le forze vive, ma povere, presenti sul territorio in maniera diffusa preferisce foraggiare i colossi del settore e le loro vetrine. Continuare a chiedere ai piccoli entusiasti editori (e artisti, e circoli, e autori) di dedicarsi gratuitamente per un mese alla buona riuscita di un’iniziativa pensata e creata per la città (e magari di metterci anche qualche soldo in proprio) mentre dall’altra parte si spendono risorse pubbliche (come temo) per far sfilare sotto i riflettori i soliti ricchi e famosi è davvero la logica del Robin Hood alla rovescia. Forse, non proprio il tipo di programma sulla cui base questa amministrazione è stata votata dai cittadini.


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