di Paolo Cardenà- www.vincitorievinti.com -
Pertanto, a minor reddito dichiarato sarebbe corrisposto anche un minor gettito tributario. E’ evidente. In attesa che l’Agenzia delle Entrate, tra qualche mese (forse), ci confermi la fondatezza delle nostre supposizioni in merito ai dati aggregati sull’adeguamento agli studi di settore da parte dei soggetti coinvolti, per il momento la conferma arriva proprio dal Ministero dell’Economia e delle Finanze che qualche giorno fa ha reso note le entrate tributarie del periodo Gennaio/Luglio 2013. Al netto della propaganda che accompagna il comunicato del Ministero, è bene notare che a luglio del 2013 (mese, insieme ad agosto, nel quale le imprese tipicamente liquidano le imposte) le entrate tributarie hanno subito un crollo del 7.7% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente, ed è verosimile attendersi che questo trend continui anche per il mese di agosto.
Se andaste a consultare il bollettino diffuso dal Ministero (lo trovate QUI), scomponendo il dato delle entrate tributarie di luglio tra le differenti componenti di imposta (Irpef settore privato, Irpef lavoratori autonomi, Ires ecc ecc), emergerebbe chiaramente che il crollo è imputabile soprattutto al settore delle imprese, a conferma di quanto dicevamo nei mesi scorsi.
Benché non si dispongano di dati ufficiali in merito, appare altrettanto legittimo ritenere che una contrazione del gettito simile a quella che si sta realizzando, incorpori anche un aumento significativo del tax gap, ossia la differenza tra le imposte dichiarate e quelle effettivamente versate. E’ evidente che non sarebbe affatto remota la possibilità che unnumero considerevole di imprese, di persone fisiche o di lavoratori autonomi, nell’impossibilità di poter conciliare la pretesa tributaria con le naturali ragioni di sopravvivenza, scelgano la strada di differire il pagamento delle imposte più avanti, negli anni successivi, avvalendosi della possibilità di rateizzare gli importi dovuti al fisco e scontando il regime sanzionatorio previsto (10% di sanzioni più interessi). In pratica, il mancato pagamento delle imposte da parte delle imprese in crisi di liquidità, costituisce una fonte di finanziamento indiretta. Ma se da un lato il differimento del pagamento delle imposte costituisce un aiuto in tempi di crisi, dall’altro, questo, soprattutto per le imprese con maggiori difficoltà, rischia di costituire un vero e proprio boomerang, pronto ad abbattersi sulle precarie condizioni di tenuta dell’impresa stessa. Infatti, in mancanza di una ripresa forte e vigorosa (che non appare comunque all’orizzonte) che consenta di mitigare o arginare la crisi di liquidità che sta attanagliando le imprese, è del tutto evidente che l’accumulo di debiti tributari, finirà prima o poi per strozzare le imprese alle prese con un fisco sempre più vorace. In sintesi, posto il fatto che tali imprese sono vittime di questa crisi (ossia non sono evasori, tanto per intenderci), peraltro aggravata da una pretesa tributaria che oltrepassa di gran lunga ogni limite di sostenibilità, appare del tutto necessario (per non dire indispensabile) un intervento normativo conciliativo che permetta alle imprese di smaltire i debiti tributari accumulati in questo periodo di crisi, senza dover subire l’impatto vessatorio di Equitalia. Intervento, in mancanza del quale, l’ente di riscossione, altrimenti, applicherebbe un regime sanzionatorio ancora più aspro, vessatorio e distruttivo, finendo per aggravare e compromettere l’esistenza di un numero significativo di imprese già in grande difficoltà; condannando un numero significativo di contribuenti a vivere in condizioni di clandestinità fiscale, senza alcuna possibilità da parte del fisco di poter intercettare alcun gettito tributario, altrimenti possibile.