Una ragazza della classe si suicida apparentemente senza motivo e la classe incolpa dell'avvenimento proprio il nuovo professore di tedesco, innescando forme di lotta e di ribellione sempre più virulente ed esasperate.
Ma presto il fronte dei contestatori si sfalda, la girandola di accuse si sposta all'interno della classe e il quadro si complica in maniera sostanziale.
Come uscirne?
Mentre finivo la visione di questo interessantissimo film sloveno , proprio all'ultima sequenza in cui si intravede il mare nella sua vastità che si perde all'orizzonte, mi sono reso conto di aver appena assistito a più di 100 minuti di film girato totalmente in interni, un po' come a una rappresentazione teatrale.
E se me ne sono accorto solo alla fine grosso merito va dato alla regia vivace e volitiva di Rok Bicek, giovane sloveno di neanche 30 anni che dopo qualche corto esordisce nel lungometraggio con questo Class Enemy.
Un film da prendere con le pinze, va detto subito, basato parzialmente su fatti avvenuti durante la carriera scolastica di Rok, in Slovenia , una democrazia giovane in cui è però inspiegabilmente alto il numero di suicidi.
E proprio da un suicidio si parte.
Quello della giovane studentessa Sabine, mite e taciturna, ben voluta da tutti ma una di quelle ragazzine specialista nel fare da tappezzeria in una stanza piena di gente.
Non è esatto dire che Class Enemy parla del suicidio di questa ragazza: è semplicemente il fatto che scatena tutto il vortice di accuse reciproche, veti incrociati, veleni assortiti e azioni eclatanti che un gruppo di studenti particolarmente facinoroso mette in atto contro il nuovo professore di tedesco, capro espiatorio e colpevole di tutto quello che è successo.
Sia gli studenti che il professore non fanno nulla per guadagnarsi la simpatia del pubblico, non ci si riesce ad identificare in loro in nessun momento, sono schieramenti contrapposti egualmente colpevoli della situazione che si è venuta a creare.
Perché se è vero che i metodi del professore sono lontani dal clima di allegra complicità che sembra regnare nel liceo, anche quelli degli studenti rasentano la follia gratuita in nome dell'ideologia e dell'arrogarsi il diritto di appartenenza del dolore per la perdita della piccola Sabine.
Dolore che in una certa maniera non sembra appartenere neanche ai genitori di Sabina per tutta una serie di motivi che saranno evidenti a chi vedrà il film.
Illuminante la sequenza dell'incontro tra la preside, il professor Zupan e i genitori degli alunni della classe: un gruppo di adulti che dimostra presto la sua palese inadeguatezza a essere la guida per degli adolescenti che stanno cercando ansiosamente la loro strada nel mondo.
Ha l'aspetto austero da film a tesi ma si dimostra qualcosa di più e di meglio stimolando parecchie riflessioni che non si fermano neanche al finire dei titoli di coda.
Perchè tutti più o meno siamo stati studenti.
Anzi forse continuiamo a esserlo per tutta la vita.
PERCHE' SI : molti argomenti interessanti condensati in un film complesso e magnetico , ottima interazione tra attori professionisti e non professionisti, scelte estetiche estreme, esordio di maturità stilistica impressionante.
PERCHE' NO : da guardare con grande attenzione senza perdersi nemmeno una parola ( e questo scoraggerà qualcuno), a tratti si percepisce una sorta di tono declamatorio riguardo alcuni concetti espressi, come se prevalesse l'ansia di far capire tutto , evidenziandolo più del dovuto.
LA SEQUENZA : quella in cui tutti gli studenti si presentano con la maschera di Sabine che viene prontamente indossata anche dal professor Zupan.
DA QUESTO FILM HO CAPITO CHE :
di cazzate da studenti le abbiamo fatte un po' tutti.
Molti di noi continuano a farle anche quando non hanno più lo status di studenti.
Qualche anno fa avrei avuto più facilità ad identificarmi con gli studenti e invece ora vedo di buon occhio i metodi del professor Zupan.
Spero , da genitore, di non diventare mai come il gruppo di genitori che si vede nel film.
( VOTO : 8 / 10 )