Classicismo alla Miike

Creato il 30 giugno 2011 da Presidenziali @Presidenziali
Capitolo 1 - LA MORTE DEL CINEMAPrimo insulto: entriamo in sala per nostra iniziativa, senza che nessuno ci dicesse che si poteva entrare, e scopriamo che il film è già iniziato da qualche minuto.Secondo insulto: dopo che alcuni valorosi ragazzi si sono prodigati nell'avvisare qualcuno che facesse ripartire il film dall'inizio, ci dicono che il film non può essere rimesso daccapo perchè non c'è il proiezionista, o meglio il proiezionista è un telecomando.Terzo insulto: in alternativa al rimborso o al proseguo del film al posto de i 13 Assassini ci è stata proposta la visione de L'ultimo dei Templari.
Capitolo 2 - Il FILMA film già iniziato, dopo appena un minuto dall'accomodarsi in sala la scena più forte del 2011. Una donna con arti e mani mozzate (e senza lingua) si tormenta moribonda davanti ai nostri occhi in una penombra che assorbe ogni tipo di speranza. Miike c'è. Dialoghi tra samurai, e poi un'altra scena da capogiro, con il villain di turno che sfuria frecciate su una famiglia inerme legata a terra nel suo giardino, con il figlio piccolo mantenuto ad ultimo testimone della morte dei genitori (Leone docet). Per chi non conoscesse il maestro giapponese la violenza sprigionata in queste due scene lascerà un segno indelebile come un marchio di fabbrica. Assicurato. Poi niente più o quasi, o meglio... Dopo questi due episodi scolpiti nella violenza il film si attesta su binari più mansueti e tutto sommato comodi anche per un pubblico non avezzo a questo tipo (unico) di cinema. Siamo nel Giappone feudale dei primi dell'ottocento, Naritsugu erede degenere di uno shogun, accecato dagli ideali e da un'innata predisposizione alla violenza, placido, quasi assente nel temperamento fa quel che vuole del suo popolo. Un piccolo numero di samurai in contrappunto cercheranno di impedirgli di acquisire ancora più potere sfidandolo in un villaggio ai confini dell'impero (e dell'uomo) che diventerà teatro di un incredibile scontro fisico (e di ideali) all'arma bianca. Il reclutamento dei 13 assassini, valorosi samurai che pongono le loro vite nelle mani del saggio ribelle Shinzaemon Shimada, dura tutto il primo tempo, e Miike si sofferma più volte nel sottolineare il valore e i gesti compunti e fuori dal tempo di queste persone, diverse tra loro ma devote ad un unico scopo, nel bene del popolo. Dall'altra parte Handbei, comandante delle truppe di Naritsugu, convinto che un samurai debba la sua vita solo ed esclusivamente al proprio padrone, alienandosi da qualsiasi giudizio morale sul proprio operato. Tutto sommato in questo Miike riesce abbastanza bene, anche senza andare troppo in profondità, rimanendo a galla ma con più di uno sguardo ai chiaroscuri del fondale etico. Il secondo tempo è invece sommerso nel sangue, travolto dalla battaglia, veramente ben costruita, tra le truppe di Naritsugu e i pochi e valorosi samurai di Shimada. Gli scontri sono vividi, realistici, senza troppi spargimenti di sangue secondo gli standard di Miike (a confronto di altri qui ci si trova di fronte a un film per bambini), dinamici e ben girati. La regia in generale si attesta sempre su ottimi livelli, così come la fotografia nitida nei contrasti e fangosa nelle ombre e il montaggio (questo si sopra le righe, con un paio di attacchi veramente incredibili). Si tratta comunque di un film se così lo si può definire minore, per i limiti stessi che il regista si è imposto, cercando appunto un appiglio classicista e tradizionale/tradizionalista nello sviscerare il contenuto dal valore storico, attestandosi su un formalismo cheto, accessibile, forse per approdare un ad un pubblico maggiore fuori dai confini del Giappone (improbabile), o più semplicemente per non voler strafare dove non ce n'era bisogno citando i maestri del passato, omaggiandoli; va infatti apprezzata la compattezza e il rigore con cui Miike tende un filo di lama teso, lungo tutta la durata del film. Manca forse qui il coraggio del Miike che conosciamo, un approccio più personale e meno sobrio, per quanto per molti questo rappresenterà un pregio, ma anche trattandosi di un'opera come dicevo minore, ci troviamo di fronte a un film che a tratti s'illumina di una spaventosa luce accecante. Remake omonimo dell'opera del 1963 di Eiichi Kudo.
voto 6.5

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