Claudio Milano racconta l'ultimo Peter Hammill

Creato il 23 maggio 2012 da Athos Enrile @AthosEnrile1
Claudio Milano ci regala il suo approfondito commento relativo al recente tour italiano di Peter Hmmill.
Dalla “Terra Incognita”, il cantore delle stelle e dei vuoti interiori e il suo tour italiano Le canzoni per me sono solo un pretesto, un vestito attorno all'emozione che raccolgo dall'aria e porto alla gente. Io sento quello di cui chi mi ascolta ha bisogno in un certo momento e suono quell'emozione, nessuna mia interpretazione sarà mai uguale all'altra”. A cena, dopo il concerto di Trieste, queste le parole di un Peter Hammill intento a consumare a fatica mezza cotoletta con una foglia d'insalata. Un uomo di un'eleganza e una cordialità estranee ad un paese chiassoso come il nostro che pure la sua musica ha amato più di qualsiasi altro, perché teatrale, altamente manifestata, come in un “nostro” rito cristiano e pagano al contempo, tra donne urlatrici ma pie, dal viso coperto con un velo nero, mentre i fiori dispensano un tripudio di colori e il sole incendia il bianco delle case. Perennemente sospeso tra una vitalità estrema e il senso di morte, il dramma nell'accezione più arcaica del termine e la grazia, Hammill, ha voluto dedicare all'Italia tre date davvero speciali per presentare il suo nuovo album Consequences. Una forma vocale eccezionale, capace di abissi sempre più terrifici con gli anni e vette ora urlate, ora appena sussurrate in un sofferto falsettone rinforzato da contraltista di formazione gesuita, quale è stato, che traghetta in una frazione di secondo al boato in voce piena. L'immagine che resta è quella di un corpo esile che si contorce in continui spasmi su una chitarra e un pianoforte strazia(n)ti. Un uomo che non ha bisogno di vestirsi in un modo particolare (una lunga camicia bianca e un pantalone di tuta nera per tutte e tre le date) e che può permettersi anche indifferenza nei riguardi della perfezione esecutiva, relegandola come lui dice “ai cultori della musica classica”. Un'artista che non ha necessità di risultare presente sul palco in altro modo che non sia la messa in scena di sé, di ciò che gli è dato nel momento, con un'autenticità che non ha termini di paragone passati e presenti, ma moltissimi epigoni, dichiarati e non. Tre date differenti, più misurata quella di Trieste, inventiva e a suo modo “perfetta” nel dispensare emozione senza riserve e accuratezza esecutiva quella di Schio, estremamente passionale quella milanese. Il Teatro Miela a Trieste è gremito e l'organizzazione di Davide Casali e Musica Libera ineccepibile. Eccellente l'audio, pianoforte Yamaha gran coda, chitarra acustica, graditissima la presenza del Peter Hammill & Van Der Graaf Generator Study Group, uno dei massimi organi di studio mondiali della musica del cantore inglese. L'inizio è dei migliori con una The Siren Song cantata con fervore e nitidezza vocale, il suono della voce tenuto alto sul palato e “di testa” con una risonanza, un pathos e un controllo di dinamiche che letteralmente “scuote” il pubblico dalle poltrone. I migliori episodi della serata sono le esecuzioni di Bravest Face, dal nuovo album, di gran lunga più apprezzabile dal vivo e di A Better Time, qui proposta in una versione inedita, sommessa, fino all'esplosione in un liberatorio, lungo acuto finale. Quando a cena gli chiedo del perchè di una performance così differente da quella in studio e dai live precedenti che mi sono passati tra le mani, Hammill, sicuro, risponde “quando ho scritto il pezzo era importante comunicare alla gente che non c'era alcun migliore momento per svegliarsi alla propria vita e il brano era un inno, oggi... ogni periodo storico merita di essere cantato in modo diverso”. I primi secondi di Shingle Song, cantati a cappella, sono da pelle d'oca. Ancora una volta, la performance di Patience, mostra come questo sia il brano che per quanto tecnicamente tra i più impegnativi, l'interprete inglese sa affrontare con una sicurezza senza riserve e grande resa emotiva, un capolavoro di classe compositiva e partecipazione interpretativa che merita l'entusiasmo del pubblico.

Da un concerto bellissimo a Trieste ad uno meraviglioso a Schio.
A rendere peculiare la data, felicemente organizzata dall'associazione 'Schiolife' e Claudio Canova, la scelta di esibirsi inizialmente alla chitarra e, poi, al piano - un insolito Yamaha digitale - attraverso una formula inconsueta con ben 4 set diversi: chitarra - piano- chitarra e pianoforte ancora, un inedito nella storia delle esibizioni di questo artista. Poi, la dedica introduttiva a Driven e Sitting targets: scelte per 'il paese della macchina'. Schio, appunto. Dove nel 1892 viene acquistata - da Gaetano Rossi - la prima autovettura italiana. Ma ancora... Levitas. Ecco come meglio qualificare l'approccio di Hammill al palcoscenico di Schio, Teatro Astra. Anche a fronte delle liriche più 'pesanti'. Si veda la divertita spiegazione a corollario dei (drammatici) versi di Close to me. “Non sono io in pericolo” - afferma PH - riferendosi, sorridendo, al testo. Non tutto è autobiografico, aggiunge, in italiano: “Io scrivo delle storie”. E subito - mettendo(ci) in guardia dal rischio, costante, dell'equivoco, dell'incomprensione - si lancia in una indimenticabile Losing faith in words, gemma assoluta del concerto. La fonte: A Black box, 1980. L'album che ogni seguace di Tom Yorke “dovrebbe” accostare. Il concerto ha inizio con una Comet, magica come non mai, al piano apre invece una splendida Easy to slip away dal primo vero disco solista del 1973. Magie anche nel secondo set di chitarra: Slender Threads e Yoga con Been alone so long e la inattesa accoppiata Last Frame e The habit of the broken heart, pescate dall'ultimo album dei "vecchi" Van der Graaf. Un'altra sorpresa il secondo set di piano con la splendida A run of luck prima della conclusiva Stranger Still, sussurrata, con il finale - “a stranger, a wordly man”- rivolto al pubblico, intonato senza microfono. La sobria, concisa eleganza nei gesti, la sicurezza esecutiva - rade le imperfezioni, pure pensando al recente passato - ed i frequenti sorrisi - incluso il consueto saluto: “grazie per la sera” - hanno catturato per cento minuti gli oltre duecento presenti. Sino all'ovazione finale. Con Hammill - sfinito - indotto a scusarsi per la mancata concessione di un secondo bis, richiesto a gran voce, dopo Ophelia, alla chitarra, con un pathos in più. Difficile esprimere giudizi diversi dal superlativo. Hammill a Schio ha confermato la grande forma vocale ma ha aggiunto una cura nella esecuzione strumentale in un concerto bellissimo, con una scelta di brani assolutamente inedita e dilatata in un passato importante quanto in un presente rappresentato con grande urgenza interpretativa. Pausa di un giorno e poi Milano, la Salumeria della Musica. Tra i pochi templi della musica ormai sopravvissuti in una città che “era”, anche, culla culturale e che ora è divenuta sintesi della nevrotica sopravvivenza, di chi “fa” e non sa perché. Un club ben più raccolto rispetto alle precedenti location, cosa che consente di accogliere e amplificare (grazie anche ad un'eccellente regia audio) ogni minima sfumatura interpretativa della voce di questo cantore delle stelle e dei vuoti interiori, qui spesso condotta a un drammatico canto gutturale con prolungati kargyraa che manifestano con cupa chiarezza il valore espressionista delle “canzoni”. Il tema della serata, dirà Hammill è “Il passato e il presente” e su tale assunto è organizzata la scaletta. Il primo è ben presentato da intense versioni di Last Frame, Vision, Modern e House With No Door, le ultime due, giustamente, salutate dalle standing ovation di un pubblico calorosissimo, con la presenza, tra le altre, di una folta e colorita rappresentanza del sito rockprogressive.it, che ha raccolto preziosi documenti dell'evento. Hammill, ha saputo, a modo suo, ringraziare con una serata che resterà nella memoria collettiva molto a lungo. Al presente sono ascrivibili le versioni di That Wasn't What I Said e A Run Of Luck da Consequences, The Mercy e Stumbled da Thin Air, Your Time Starts Now da A Grounding in Numbers dei Van Der Graaf Generator, per chi scrive, mai apprezzate in versioni così vibranti e pulite in un'esecuzione dal vivo, tali da creare una distanza non colmabile nel confronto con quelle in studio. Assai riduttivo, come nei due precedenti appuntamenti, parlare di “concerto”. Un recital, che riduce la dimensione temporale ad una piega davvero imperscrutabile, che toglie significato alle categorie musicali e che ha il potere di impaurire, commuovere, stranire. L'alieno (al mondo) Rikki Nadir di Nadir's Big Chance (concept proto punk del 1975), ha voluto salutare ancora l'Italia da vicino e tra un sorriso e un'increspatura del viso sempre più scavato a fondo dal tempo, ha fatto ritorno in quella “Terra Incognita”, studio dove prendono forma le sue lucide e drammatiche visioni, “per studiare i brani della prossima tournée con i Van Der Graaf Generator” come ci racconta dal palco lui stesso. A Giugno il prossimo capitolo discografico di una carriera che, ormai, ha dell'incredibile. - contributi per Schio di Emilio Maestri (Peter Hammill and Van Der Graaf Generator Study Group) e Alberto Della Rovere - Foto e video a cura di Massimiliano Cusano (rockprogressive.it)

Setlists:
Trieste, Teatro Miela 10/05/2012
The Siren Song(Van der Graaf 'song) Too many of my Yesterdays Just good friends Bravest Face Time Heals

 Comfortable Shingle Song Central Hotel Stumbled Amnesiac Patient

 Faculty X The Mercy A Better Time A Run of Luck Traintime


Encore: Modern
Schio, Teatro Astra, 11/05/2012
The Comet, The Course, The Tail If I Could Driven Sitting Targets Been Alone So Long Last Frame (Van der Graaf 'song) Easy to Slip Away The Unconscious Life Close To Me Losing Faith in Words Undone Slender Threads The Habit of the Broken Heart (Van der Graaf Generator 'song) - On Tuesdays She Used to Do - Yoga A Run Of Luck Stranger Still
Encore: Ophelia
Milano, Salumeria Della Musica 13/05/2012
My Room - waiting for wonderland - (Van der Graaf Generator 'song) That Wasn't What I said Autumn Meanwhile my Mother Your Times Starts Now(Van der Graaf Generator 'song) Vision

 Last Frame(Van der Graaf 'song) The Birds Stumbled Afterwards(Van der Graaf Generator 'song) Modern - This Side of - The Looking Glass Bravest Face The Mercy A Run of Luck Still Life (Van der Graaf Generator 'song) Encore: House With No Door (Van der Graaf Generator 'song)

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