“Miracolo!“, il nuovo album di Clementino esce il 28 aprile in due versioni: una di 14 e l’altra di 28 tracce divise in due cd. Nella prima parte, il nuovo lavoro del rapper napoletano vanta varie collaborazioni: Marracash, Rocco Hunt e Fabri Fibra e contiene un brano inedito di Pino Daniele. ..Riportiamo un’ interessante intervista rilasciata dal rapper a Tgcom24
Perché Miracolo?
Cercavo un termine che potesse rappresentare la tradizione napoletana. Così ho pensato al babbà, la pizza e mi è venuto in mente il ‘miracolo’ citato anche da Troisi nei suoi film. Ho pensato che dopo ‘Mea culpa’ fosse perfetto. Magari il prossimo lo chiamo “Amen” (scherza, ndr). E’ azzeccato perché mettere insieme tutti i rapper è stato un miracolo. Così come lo è arrivare alla fine del mese. In questo titolo c’è tutto. La statua in copertina piange inchiostro, su 24 ore almeno 20 li passo con una penna in mano.
C’è un brano con Pino Daniele che però non hai lanciato come primo singolo, perché?
Non volevo speculare sulla morte di Pino. Gli ho già dedicato una canzone e un tatuaggio. Ho scritto il brano in Birmania, ai tempi di Pechino Express, guardavo queste persone che non avevano neppure le scarpe, non c’era neanche l’asfalto. Pino aveva scritto persino la sceneggiatura del video, la sua idea era quella di girare in Marocco, visto che si parla di guerra, di emigranti. Voleva andare nel deserto e riprendere la copertina del suo album ‘Non calpestare i fiori nel deserto’.
C’è anche una canzone con Siani, come nasce?
Alessandro è un freestyler perfetto, lo incontri per strada e lui è già pronto con un testo. Il brano è tratto dal tormentone del suo film ‘Il principe abusivo’, è divertente ma fa anche pensare. Ci sono battute che possono riguardare Napoli, ma in realtà parlano anche di Milano e di Expo.
Hai fatto tanta gavetta, cosa pensi di rapper che esplodono all’improvviso?
Non li ascolto. Se non fai la gavetta sei un ‘turista’. E ne vedo tanti di turisti in giro. Non basta mettere il cappellino in testa per fare rap. Così con Marra, Fabrizio o Guè ci diciamo ‘ah, ecco un altro che dice di fare rap…’.
Sei una sorta di rapper buono, parli bene sempre di tutti…
Ma già le ho fatte le gare di freestyle, ho già litigato al microfono. Adesso preferisco fare la mia musica. Non sono buono, ero quello che diceva più parolacce di tutti un tempo. Lo scugnizzo napoletano, il cafone di Nola. Ma non ho mai cercato la polemica gratuita. Mi tengo fuori dalle guerre tra rapper perché, ripeto, le mie battaglie a suon di rime le ho già fatte anni fa.
Quindi ti dissoci dal dissing?
Il rap nasce con la competizione, ma c’è chi non sta al gioco e lo fraintende. Io non sono “dissatore”, penso a far divertire di più la gente. Ho preferito parlare d’amore, sarà perché mi sono lasciato con la mia ex…
La parte jam come nasce?
Il mio desiderio era quello di fare un album con miei pezzi da solista, negli Anni Novanta alla fine di ogni concerto i rapper si passavano il microfono, così ho deciso di riprendere questo ‘rinascimento’ dell’hip hop italiano. E rifare una jam. Ho decisio di fare il primo cd con gli ospiti non rap, e il secondo una vera e propria jam, con i nomi più grossi del panorama rap italiano.
Non sono troppi 28 brani?
E pensare che ne volevo mettere 36. Come dice Jovanotti, l’album diventa come una serie televisiva che puoi consumare con calma.