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Cliff Burton – Vento scandinavo sulle fiamme dell’Inferno

Creato il 02 marzo 2015 da Lucastro79 @LucaCastrogiova
Quello sporco ultimo mito Foto di Cliff Burton

Published on marzo 2nd, 2015 | by radiobattente

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Nello scenario collettivo, tralasciando artificiose argomentazioni sofistiche, il mito è tutto ciò che segna inesorabilmente un “prima” e un “dopo”. È lo spartiacque, la linea di demarcazione tra il nulla inesplorato, la terra vergine, e il lampo di genio, l’eureka imitato, ammirato ed emulato dalle generazioni successive.
Quando trasliamo il discorso alla musica, in particolar modo facendo riferimento a musicisti che sono stati la colonna portante di un gruppo, è inevitabile scindere la storia di quest’ultimo in due grandi capitoli.
È quel che è avvenuto nel caso dei Metallica, quando il cammino in ascesa della band fu bruscamente segnato dalla scomparsa di Cliff Burton.

Clifford Lee Burton nacque a Castro Valley il 10 febbraio 1962. Sin da bambino, mostrò una naturale propensione allo studio e alla ricerca, stimolata da una curiosità spassionata e vivace. Tutto ciò si tradusse in una crescente predilezione per la musica, accentuata probabilmente dal grave lutto elaborato interiormente a seguito della morte del fratello maggiore tredicenne davanti ai suoi occhi.

Dopo anni di diligenti studi musicali classici e barocchi espressi attraverso le note del suo pianoforte, Cliff passò successivamente a uno studio altrettanto intenso e meticoloso del basso, affascinato dalle sonorità del jazz e del primo heavy metal. La curiosità scevra di pregiudizi che diversificava i suoi gusti musicali continuò anche nella giovinezza e fu un tratto peculiare del ragazzo che si tradusse in un ampio bagaglio musicale da cui attingere nuove fonti di ispirazione per la sua tecnica. Amava il blues, ascoltava i Lynyrd Skynyrd, Bach, i Misfits, i Black Sabbath e per sua stessa ammissione anche gli emergenti R.E.M.
Nel 1980 entrò a far parte della glam metal band dei Trauma. Cliff si distinse palesemente per il talento innegabile (in particolar modo se raffrontato allo spessore musicale del gruppo) e grazie alla spettacolare presenza scenica caratterizzata dall’immancabile, forsennato headbanging della sua folta chioma rossa, nonostante il repertorio dei Trauma contemplasse canzoni praticamente “innocue” e commerciali.
Cliff era avulso dallo stile glam e bizzarro della band e rimase sempre fedele al suo essere, col suo giubbotto di jeans e i pantaloni a zampa, in un’epoca in cui era agli albori la propensione a seguire le mode del momento e a conformarsi in una determinata corrente.
L’esperienza con i Trauma si concluse nel 1982 quando Cliff, oramai vera icona del gruppo, accettò la proposta di divenire il nuovo bassista dei Metallica.
Herfield e Ulrich, incuriositi dalla crescente fama della bravura di Burton, giunsero da Los Angeles per assistere a un concerto dei Trauma, e decisero di reclutare immediatamente l’abile bassista una volta appurato il suo talento. I due fecero la corte per qualche tempo a Cliff, mentre il controverso Ron McGouvney era ormai alla porta. Le condizioni poste dal giovane bassista prevedevano il trasferimento della band a San Francisco e uno spazio assicurato ai suoi assoli. Accettati tali compromessi, egli in poco tempo divenne il membro stabile della band, fornendo un contributo imprescindibile grazie alla sua tecnica musicale e alla sua creativa vena compositiva. Tale proficuo sodalizio spinse molti a pensare che l’avvento di Burton nel gruppo fu essenziale per il successo internazionale del gruppo.
I Metallica, pian piano, acquisirono ammirazione nel contesto dei metalhead della Bay Area dando vita a quel velocissimo ibrido di metal e hardcore ispirato dai Venom che successivamente verrà chiamato “trash metal”e di cui i Metallica rappresenteranno gli alfieri.
Cliff veicolava attraverso il suo strumento l’influenza di molti stili, fondendo passione ruggente, simboleggiata da violente linee di basso, e accurata attenzione per i particolari. Il primo lavoro pubblicato con la band fu Kill’Em All nel 1983. Kill’Em All nacque dopo un viaggio in furgoncino verso New York e la cacciata di Mustaine dalla band. Il suo successore, Kirk Hammett, strinse un’amicizia fraterna con Cliff, entrambi infatti erano i ragazzi pacati, contrapposti ai “duri e puri” Hetfield e Ulrich, che mantenevano razionale l’essenza del gruppo, rappresentando un semaforo e una guida emotiva e cerebrale senza la quale i Metallica probabilmente si sarebbero persi tra alcol e fama. Cliff fu anche un’ispirazione imprescidibile, spunto stimolante grazie alla sua tecnica e alla sua conoscenza teorica della musica. Su Kill’Em All, la band si infuocava in una sequela di riff e canzoni corrosive. In particolar modo Anesthesia (Pulling Teeth) è l’emblema del prodigioso talento di Cliff, brano in cui egli mostra una voce musicale sviluppata e spiccata alla precoce età di ventun’anni e al primo album della sua carriera.

Al disco d’esordio seguì nel 1984 Ride the Lightning, nel quale risulta chiara la mano di Cliff. I brani emigrano dallo stile grezzo dei pezzi d’esordio verso un’evoluzione musicale e lirica notevolmente più complessa e variegata. Dal puro trash metal di Fight Fire With Fire, si giunge alla maturazione di Creeping Death sino ad arrivare alle pietre miliari nelle quali esplode la vena artistica di Burton: For Whom The Bell Tolls e The Call of Ktulu. La prima, introdotta da un melodico arpeggio di basso, rappresenta un solenne tributo all’omonimo romanzo di Hemingway nonché un brano di puro heavy metal durissimo. La seconda invece rappresenta una strumentale di grande eleganza, ispirata uno dei più famosi racconti di Lovercraft, autore amato dal giovane Cliff.

I Metallica conobbero durante la loro fase iniziale gli eccessi e i divertimenti figli di tour devastanti e di una vita borderline nella quale la birra scorreva a fiumi, tanto da regalare il soprannome “Alchoolica” ai membri del team. Tuttavia, nonostante le condizioni al contorno caratterizzate da sregolatezze, Cliff manteneva sempre la sua compostezza, mantenendo il fine ultimo di raggiungere nuovi orizzonti musicali con il suo gruppo.

Ma la svolta epocale giunse nel 1986 grazie alla fattiva collaborazione di Burton nella produzione di Master of Puppets. L’album nacque in un alone di apocalitticità cupa e di straordinaria potenza espressiva. Lo scalpore fu immediato, grazie al passaggio incredibile da tracce violente ad altre melodiche e dall’impronta quasi mentale. Le complesse e travolgenti linee di basso di Cliff sono ben rappresentate dall’assolo della settima traccia, Orion.

Come Geezer Butler nei Black Sabbath e John Entwistle negli Who, Cliff riuscì a contraddistinguere i suoi giri di basso in una band in cui le parti di chitarra costituivano le fondamenta.

I Metallica partirono per un trionfale tour a marzo, travolgendo il Vecchio Continente sino in Scandinavia, nella quale rimase memorabile l’esibizione di Stoccolma in cui Cliff Burton improvvisò la sua versione dell’inno nazionale americano The Star Spangled Banner.
Il 27 settembre 1986, durante il viaggio sul bus ufficiale del tour europeo, Cliff e Kirk Hammett si giocarono amichevolmente il posto letto vicino al finestrino. Cliff vinse la scherzosa partita, e si sistemò nel posto migliore del letto a castello.
Ma Cliff, ignaro, quella notte mise come posta in palio anche i suoi ventiquattro anni.
Nei pressi della cittadina svedese di Ljungby, alle prime luci dell’alba, l’autista perse il controllo della vettura, probabilmente per una lastra di ghiaccio, probabilmente per gli effetti dell’alcol. Il mezzo continuò la sua folle corsa per poi ribaltarsi drammaticamente.
Dalle lamiere ancora ammaccate, uscirono attoniti l’autista, seguito da Hetfield, Hammett e Ulrich praticamente illesi. Mancava all’appello soltanto Cliff, e il gruppo così si spostò sul retro della vettura capovolta per cercare il compagno.

Ma il giovane bassista era rimasto sepolto sotto la carcassa del mezzo, dopo essere scivolato fuori dal bus e aver sfondato la vetrata posta accanto al suo letto.

Fu un trauma sconvolgente per l’intero gruppo, in particolar modo per Kirk Hammett, il ragazzo che aveva stretto un legame più grande col bassista e una forte empatia grazie alla compatibilità dei caratteri.
Furono chiamati tempestivamente i soccorsi, ma quando la gru sollevò il bus fu subito chiaro che per Cliff era ormai tardi. Il vento scandinavo aveva portato con sé un giovane musicista che ancora adesso permane nei ricordi nostalgici degli estimatori della band di tutto il mondo e di ogni generazione.

L’ultimo saluto all’amico scomparso fu celebrato il 7 ottobre 1986 nella Chapel Of The Valley a Castro Valley in California.

Il saluto dei fan, degli estimatori, dei metalhead di tutto il mondo e di tutte le nazionalità, continua.

Ilaria Coppolino

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Tags: musica


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