Quattro trentenni lombardi partiranno il 21 gennaio per raggiungere la località del forum economico mondiale e porre il tema della sostenibilità dello sviluppo
Articolo per Corriere.it
Da Sondrio a Davos, andata e ritorno passando per le Alpi. In gennaio. 80 chilometri e un dislivello di 3.500 metri. È il viaggio che si accingono a fare 4 amici alpinisti originari della provincia di Varese guidati da Giovanni Montagnani. Un viaggio a impatto zero per arrivare in Svizzera e partecipare alle manifestazioni ambientaliste contro il World Economic Forum, l’annuale meeting che dal 21 al 24 gennaio riunirà nella cittadina svizzera economisti, politici e soprattutto i big dell’economia globale. «Your path is to nowhere» (La tua strada è verso il nulla) è il titolo che hanno voluto dare alla loro azione dimostrativa: un percorso che toccherà alcuni tra i luoghi già fortemente compromessi dai cambiamenti climatici in atto – la Valtellina e i suoi ghiacciai – con l’obiettivo di denunciare l’interessamento strumentale, ipocrita, che i grandi protagonisti dell’economia stanno dedicando al tema dell’emergenza climatica. Contro chi pratica il greenwashing e parla di sostenibilità nel cuore di un ecosistema che viene distrutto a scopo di lucro.
«Le borracce ecologiche non bastano»
«Parliamo di green business e allo stesso tempo continuiamo a finanziare l’industria dei combustibili fossili», ci dice l’ideatore dell’iniziativa, Giovanni Montagnani, 30 anni, di mestiere ingegnere, laurea e dottorato al Politecnico di Milano, una figlia di un anno e mezzo. «L’evidenza è ormai sotto gli occhi di tutti. Eppure, non c’è nessuna reale previsione di diminuzione delle emissioni di anidride carbonica a livello globale. Allo stesso tempo, questi signori ci vogliono far credere che possiamo risolvere il problema con le borracce ecologiche e l’economia circolare… una barzelletta».
Quattro amici per la spedizione
Giovanni sarà accompagnato da Michele Dondi, analista finanziario con la passione per il trail e lo scialpinismo; Luca Fontana, fotografo naturalista, specializzato in terre selvagge; la guida alpina Marco Tosi. Automobile zero, neanche per l’avvicinamento. I quattro partiranno da Milano in treno. Arrivati a Sondrio si sposteranno con un bus navetta fino a Chiesa Valmalenco. Da lì, quota 1.600, comincerà la vera e propria «spedizione», su per le Alpi Retiche. Attraverso il Passo del Muretto e il Passo del Maloja arriveranno in Engandina, nel Canton Grigioni. Dormiranno dopo Saint Moritz, in tenda naturalmente. Da lì gli aspetta un altro valico alpino, il Julierpass, per poi giungere a Davos in tempo per le manifestazione del 23 gennaio, alla quale è stata invitata anche Greta Thundberg. Il sabato si riparte per il medesimo tragitto.
Scalare il ghiacciaio
Toccheranno i 3.000 metri e affronteranno in tutto 4 notti in tenda, con temperature che potrebbero arrivare a -20. Ma non è tanto il freddo a far paura: «L’ipotesi stessa di poter valutare un percorso alpino in pieno inverno, questo inverno così anomalo, è di per sé emblematica – aggiunge Montagnani – Grazie alle foto del servizio glaciologico lombardo abbiamo immagini evidenti della ritirata dei ghiacciai della Valtellina, che potrebbero essere completamente scomparsi tra una decina d’anni. Guardiamo al lago di Saint Moritz: non è ghiacciato nel mese di gennaio. Potremmo dire che sulle Alpi l’inverno finora non c’è stato, la neve è praticamente in condizioni primaverili».
Il significato del viaggio
Coerentemente con il suo impegno ambientalista, Montagnani usa un’auto elettrica, non mangia carne. Vive la montagna lontano dai mega impianti impattanti. Lui e i suoi compagni di viaggio hanno partecipato alle manifestazioni dei #Fridays for Future e sono in contatto con Extinction Rebellion. Nel 2019, con il fotografo Luca Fontana, ha lanciato il progetto «Allontanare le montagne». Da lì nasce l’idea di Davos e di un modo di fare alpinismo in maniera del tutto sostenibile, avvicinandosi in bici e treno. Un’esperienza che rimette al centro l’ecosistema alpino e non la pretesa dell’uomo di fruirne a proprio piacimento. «Sono tematiche enormi e si fa fatica a declinarle nel concreto – conclude – Io, come attivista, faccio quello che posso. Ti faccio l’esempio della carne. Io non la mangio ma non mi sento di voler attaccare chi la mangia: il problema sta a monte, nel rendere possibile gli allevamenti intensivi, che sono un’aberrazione. Fintantoché l’azione politica non sarà volta all’eliminazione degli allevamenti intensivi non ci potrà essere una prospettiva di futuro. Lo stesso si può dire dei combustibili fossili. Quindi ben vengano le mobilitazioni e l’attivismo. Ma la cosa importante è che chi è nella condizione di decidere le politiche, decida e agisca di conseguenza. Nutro una speranza nell’azione della nuova Commissione Europea e nella vittoria di Bernie Sanders negli Stati Uniti». Il viaggio potrà essere seguito sui social. Sul profilo Instagram di Luca Fontana @mountainscaper e sulle pagina Facebook di divulgazione scientifica, CrowdForest