Clorinda

Da Mizaar

Mentre uscivo di casa stamattina ho buttato giù un saluto al figlio e poi gli ho chiesto: Che fai? Clorinda, mi ha risposto. Attimo di appannamento e dopo un secondo gli ho rimpallato: Stai studiando Tasso? Gerusalemme Liberata?!? Non l’ho invidiato. E tra una comparazione di biscotti e l’altra, al supermercato, ho preso a riflettere sulla triste storia della nostra letteratura. Studiamo, come è giusto e corretto che sia, i classici da Dante in poi, fino all’Ottocento – piccoli accenni nella scuola secondaria. In seguito, alle superiori, si ricomincia a studiare nuovamente da Dante in poi fino all’Ottocento. All’università si ristudiano Dante e tutta l’allegra combriccola, fino all’Ottocento. Sembra quasi che gli autori del Novecento in Italia, invece che scrivere capolavori – alcuni almeno – siano andati a zappare la terra per tutto il tempo che sono rimasti in vita. Qualche ” illuminato ” docente universitario, nel corso di laurea in Comunicazione Linguistica e interculturale – si tratta del vecchio Lingue e letterature straniere –  tanto perchè non si debbono dimenticare gli idiomi nazionali, dispensano strani ibridi a base di incipit – sottotitolo Modalità dell’esordio in alcune opere del Novecento letterario italiano – piuttosto che le opere due o tre autori scelti per intero il che costituirebbe un vero sacrilegio, probabilmente, secondo il comune sentire della nostra università e dei loro docenti! E nella dispensa a base di esordi trovi il buon Pirandello con Gozzano, Pascoli, Palazzeschi e Camillo Sbarbaro, Ungaretti, Moravia, Gadda e Carlo Levi, Caproni e Saba in uno strano e variopinto pout pourri, che serve davvero a ben poco, se l’intento è quello di istruire i ragazzi su tutta la parte di letteratura italiana che alla scuola superiore non hanno mai studiato. Candidamente il figlio mi ha confessato di aver sentito parlare per la prima volta di Beppe Fenoglio quest’anno – e sicuramente si sarà trattato di un docente sporco comunista a parlarne. Così viene seppellita una parte importante della nostra storia recente e della nostra lingua, in una operazione che assomiglia molto a quello che fanno gli schizofrenici protagonisti di una vera realtà ma non paghi ricorrono, alla bisogna, ad una realtà dissociata che esiste solo nella loro testa e che si ferma all’Ottocento! Farò storcere il naso a qualcuno, però se penso che sul finire del tanto Ottocento in Italia Manzoni Alessandro scorrazzava nei salotti bene delle madamine facendo il rivoluzionario, mettendo a segno il suo capolavoro poetico ” Il cinque maggio “, omaggio alla memoria di Napoleone Buonaparte, mentre dall’altra parte del mondo un certo Walt Whitman scorrazzava per le strade d’America mettendo a segno il suo capolavoro poetico ” Foglie d’erba “, con un omaggio al grande Abramo Lincoln… insomma il paragone è improponibile, ma come mai preferisco il secondo? Ci siamo persi qualcosa per strada, sicuramente, fermi come siamo all’Ottocento.


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