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Closer to the truth | nuovo album di cher

Creato il 20 dicembre 2013 da Amedit Magazine @Amedit_Sicilia

bannercherCherilyn Sarkisian La Pierre, in arte Cher, nasce la prima volta a El Centro (California) il 20 maggio 1946. Per parlare di Cher ed essere esaustivi bisognerebbe decidere quale vita di Cher raccontare viste le incredibili biografie che l’artista più eclettica del pianeta ci  può fornire.

Cantante, attrice, produttrice, modella, presentatrice televisiva e altro, Cher è giunta al mezzo secolo di carriera attraversando con disinvoltura, destrezza  e capacità tutti i generi che compongono l’universo dello spettacolo. La sua strategia è unica e infallibile: offrire se stessa su un piatto d’argento, esageratamente guarnito, e portare avanti una ricetta di longevità come solo poche altre star hanno saputo fare.

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Guai a  cadere in un grossolano errore perpetuato da una certa stampa di serie B. La longevità perseguita da Cher, il suo rifiuto della vecchiaia non vanno letti solo come un vezzo estetico. Il suo rapporto con la chirurgia plastica, spudoratamente esibito, ha un che di politico. Non dimentichiamo che Cher all’inizio degli anni ’70 cantava di temi scottanti come l’amore lesbico o il diritto delle donne di comportarsi sessualmente come i maschi. Oggi a sessantotto anni reclama il diritto di poter ancora essere provocante, e lo fa per tutte le donne. “Rifiuto l’idea che per le donne il tramonto  inizia molto prima, che già  a quarant’anni devi rassegnarti a rimanere zitella. Nessuno mai direbbe di Mick Jagger che a settant’anni è una vecchia carampana e poi avete mai sentito di una cantante rock che durante i tour distrugge i camerini come facevano i Led Zeppelin?” (La Repubblica 26/10/2013). In ogni caso, al di là delle ideologie, c’è  una potente operazione di marketing e maquillage che funziona. L’immagine viene prima di tutto. Il look trash, camp ed eccessivo è artatamente costruito per mostrare la “Cher del terzo millennio” come  un’icona polifunzionale, versatile, meravigliosamente patinata e plastificata.

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Siamo lontanissimi dalla ragazzina che nel 1962 incontra Sonny Bono in un bar di Los Angeles. Sonny fiuta il talento e i due diventano presto una coppia di successo in tutto il mondo con quaranta milioni di dischi venduti in una decina d’anni. Alcune loro canzoni sono rimaste nella storia della musica: Bang Bang, per citarne una, è stata riproposta da una folta schiera di artisti senza eguagliare l’interpretazione originale. Alla fine degli anni ’70 Cher inizia la sua carriera come cantante solista e intrattenitrice televisiva. I dischi di quel periodo: Stars, I’d rather believe in you, Cherished  e Take me home  non raggiungono il successo di quelli della coppia Sonny and Cher, ma ottengono riconoscimenti notevoli che la portano a firmare un contratto quadriennale con il Caesars Palace di Las Vegas dove si esibisce con lo show A Celebration At Caesars Palace dal 1979 al 1982. Quattro anni di concerti nella stessa location: un record. Nel frattempo inizia a decollare anche come attrice cinematografica. “Sapevo di poter recitare, ma all’epoca il cinema dava poco credito ai cantanti pop. L’unico a credere in me fu Robert Altman. Quando stava allestendo Jimmy Dean Jimmy Dean a Brodway mi scelse senza esitazione. Gli dissero che era un pazzo, che quello era un ruolo difficile, non poteva darlo a una che non aveva mai recitato. Ma lui, genio testardo, fece a modo suo e mi volle anche nel film. Che nostalgia che ho di Broadway, quella fu un’esperienza magnifica”.  Tredici film girati con i registi più importanti, fino ad arrivare all’oscar come miglior attrice protagonista in Stregata dalla luna di Norman Jewison nel 1987.

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Per non farsi mancare nulla, la nostra wonder woman prova perfino a fare un’incursione nel modo del punk, fondando un gruppo nel 1980 con l’allora fidanzato Les Dudeck. La band si chiama Black Roses, il primo e unico disco si rivela un flop. Cher fa spallucce e passa oltre. Bisogna aspettare il 1989 per ritrovarla come cantante al massimo della forma. L’album in questione è Heart of stone, venderà cinque milioni di copie in tutto il mondo, e il singolo If I could turn back time è ancora oggi una delle canzoni più amate di Cher. Nel video la cantante è a bordo della nave americana USS Missouri, indossando un perizoma, calze a rete e un giubbotto in jeans. Il video sarà uno dei primi censurati da MTV, ma visto il grande successo, verrà mandato in onda dopo le 21. Una caratteristica vincente dell’inossidabile artista è quella di sapersi amministrare nel modo migliore: “Meglio scomparire per un po’ che ripetersi all’infinito. Meglio un silenzio che un brutto disco”.

Infatti negli anni ’90 Cher si risparmia. Un paio di dischi decorosi: Love Hurts e It’s a mann’s world, tre film di tutto rispetto: Sirene, Infedeli per sempre e Un te con Mussolini  di Franco Zeffirelli, fino al ’98, ennesimo anno di grazia. È l’inizio dell’ultimo capitolo, quello che la

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incorona come regina della disco music. In quell’anno infatti esce Believe. Un disco pluripremiato che impone un nuovo format dance, a cui hanno attinto i nomi più famosi della disco contemporanea mondiale. Il singolo Believe si piazza al numero uno delle classifiche di vendita in ventitré paesi, e a gennaio dell’anno successivo raggiunge il primo posto nella classifica Billboard. A cinquantatré anni Cher guadagna un altro record: è l’unica artista al mondo ad avere almeno una canzone nelle top ten mondiali in quattro decadi differenti (’60, ’70, ’80, ’90). Sempre Believe è il singolo più venduto da un’artista donna nella storia nella musica inglese e l’album, con i suoi dieci milioni di copie vendute in tutto il mondo, diventa il più grande successo di Cher. Una nuova strada è spianata, nel 2001 esce il seguito di Believe: Livin proof, un disco che rincorre lo stile dance pop del precedente. Il successo è assicurato dal modello collaudato tre anni prima e i riconoscimenti non si fanno attendere: un disco d’oro e due Grammy Awards.

Seguono ben dodici anni di silenzio discografico. Cher si ritira? Ne avrebbe il sacrosanto diritto, e invece: “Per dodici anni mi sono negata la possibilità di fare dischi. Cavolo ho passato i sessanta, mi dicevo, meglio metterci una pietra sopra. Poi arriva qualcuno con un’idea e tutto si rimette in moto”.

L’idea questa volta arriva da un gruppetto di produttori eccellenti: Mark Taylor, genio della dance, già collaboratore di Diana Ross, Kylie Minogue, Rod Stewart e Tina Turner;  Billie Mann, produttore di Pink, e Jake Shears, il cantante degli Scissors Sisters. L’album in questione è Closer to the truth, anticipato dal singolo Woman’s world. Undici brani che non lasciano dubbi sul fatto che nel 2013 la regina della dance è di nuovo lei, più in forma che mai, con la solita classe ed energia da fare invidia alle giovani colleghe che seguono la strada che lei ha aperto. Guardando la copertina viene da sorridere. Cher indossa una parrucca biondo platino ed è fotografata in una posa da pin up spudoratamente esibita in barba all’età.

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I tormentoni non mancano. Brani come Take it like a man, My love e Sirens sono destinati a diventare nuovi classici dell’instancabile artista. Non è nemmeno importante chiedersi quanto Closer to the truth  sia un disco valido musicalmente o meno. Un disco di Cher ormai è un evento che non lascia indifferenti detrattori o estimatori, stampa e pubblico di tutto il mondo, che attendono di vederla dal vivo nel suo ennesimo (ma chi ci crede più?) Farewell Tour dal titolo emblematico: Dressed to kill.

Inutile cedere a facili pregiudizi per attaccare un’artista con una carriera così lunga e importante. La maschera che Cher indossa ogni volta che appare ai media la definisce lei stessa con brillante ironia: “Sto scrivendo una serie televisiva e mi diverto da pazzi. È la storia di una donna, un personaggio in bilico tra Judi Garland e Marilyn Monroe con una spruzzata di Cher, che negli anni ’60 diventa la più famosa entertainer del mondo, perfetta in ogni dettaglio all’esterno, ma con risvolti esistenziali drammatici”.

Ironica, intelligente e anche sensibile da sempre a temi quali i diritti delle donne e degli omosessuali. <> (fonte: http://www.queerblog.it). Le si può chiedere altro? Lunga vita alla Nosferatu della dance!

Mauro Carosio

Cover Amedit n° 17 – Dicembre 2013. “Ephebus dolorosus” by Iano

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Questo articolo è stato pubblicato sulla versione cartacea di Amedit n. 17 – Dicembre 2013

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