La diffusione della connettività internet, in mobilità e wi-fi, e il numero sempre maggiore di smartphone e tablet in circolazione hanno contribuito al recente successo dei servizi di cloud computing. L’espressione, che in italiano potrebbe essere tradotta come “nuvola informatica”, si riferisce alle piattaforme e alle tecnologie che permettono di archiviare file (documenti, immagini, video, musica) o di utilizzare programmi e applicazioni direttamente sui server di chi ci fornisce il servizio, anziché sul proprio computer.
Per fare un esempio, se voglio ascoltare le mie canzoni preferite utilizzando vari dispositivi (computer desktop, notebook, telefono o tablet), posso caricarle online, sul mio spazio in uno dei servizi cloud disponibili, e posso accedervi in qualsiasi momento e da qualsiasi dispositivo, se dotato di una connessione alla rete. In questo modo, non conserviamo più i file direttamente su hard disk o su schede di memoria, ma su server remoti. La stessa cosa può avvenire anche per i programmi: anziché installarli, possiamo usarli direttamente online. È il caso di Google Documenti, suite office dell’azienda di Mountain View, che proprio nelle ultime settimane è stata trasformata in Google Drive, servizio cloud a tutti gli effetti, che ora permette l’archiviazione di vari tipi di file.
Sono molte le aziende che stanno investendo risorse nel cloud computing, a cominciare dalla già citata Google. Amazon offre spazio con il suo Amazon Cloud Drive, mentre Apple propone ai suoi utenti iCloud. Anche Microsoft ha presentato le proprie soluzioni sulla nuvola, rivolte anche alle aziende. Tra i servizi più conosciuti è opportuno citare anche Dropbox, forse uno dei primi a diffondersi. Di solito i servizi sono gratuiti nella loro versione base, che mette a disposizione uno spazio limitato, e salgono di prezzo man mano che crescono le esigenze dell’utente.
La soluzione “in the cloud” (“sulla nuvola”) presenta alcuni vantaggi, tra cui la possibilità di accedere ai propri file in qualsiasi momento e da qualsiasi dispositivo e la necessità di ridotti spazi di archiviazione in locale e, per i programmi, di minore potenza hardware. Il discorso vale anche per le aziende, che possono così accelerare i processi di collaborazione e condivisione.
Ma affidare a server esterni i propri file e i propri documenti è davvero sicuro? Voci critiche sottolineano i possibili rischi, soprattutto in termini di diritto di accesso e di proprietà dei file. Non solo: i nostri dati possono essere vulnerabili, sia dal punto di vista della sicurezza informatica sia sotto il profilo della privacy. Per questo, prima di creare un profilo personale per uno spazio di archiviazione in cloud, è opportuno leggere con attenzione i termini di servizio e le modalità di utilizzo dei file personali che decidiamo di caricare online, anche per essere sicuri che le informazioni che archiviamo non vengano utilizzate per la creare nostri profili utente (dati molto appetibili per il mercato della pubblicità).
Non bisogna inoltre dimenticare che la continuità del servizio potrebbe non essere garantita: il primo ostacolo, più banale, è l’assenza di una connessione internet (o una connessione lenta che renda difficile l’accesso), il secondo è che il servizio potrebbe non essere garantito nel futuro, rendendo così impossibile il recupero dei nostri file.
Sicurezza e consapevolezza devono quindi essere due parole d’ordine, per i privati e per le aziende. A questo proposito, il Garante per la protezione dei dati personali ha reso disponibile una guida sintetica per un uso consapevole dei servizi cloud.