Anne dal canto suo aveva trovato degli abiti puliti e li aveva scambiati per un po’ di lavoro nella fattoria della famiglia che l’aveva ospitata, oltre che facendo il lavaggio del cervello a un paio di acquirenti per far comprare i prodotti della fattoria a quattro volte il loro prezzo. Con un quarto dell’incasso e con i vestiti nuovi aveva preso dell’equipaggiamento adatto ad arrivare fino a Keeper Hill con un trasporto veloce. Era passata appena una settimana dal risveglio dei suoi ricordi, ma le sembrava un’eternità.
Lasciò che le telecamere di sicurezza la inquadrassero e si prese del tempo per aspettare che qualcuno venisse a cercarla. Stranamente si rifugiò nello stesso luogo dove aveva incontrato per la prima volta Matias Larsson e si mise a osservare le reclute come aveva fatto quando credeva di essere Selene.
Gli agenti M12 non tardarono ad arrivare. Un colpo di tosse, una risatina e il sospiro di chi deve fingere ogni giorno per tutta la vita.
Anne si voltò al nuovo venuto, l’aspetto non era più quello che Selene Levkova credeva di aver amato, ma Theo Durban aveva la stessa espressione contrariata che aveva mostrato nei panni di Harold Pratt, segno che non gli riuscisse bene simulare quello stato d’animo.
– Audace! –
– Durban dammi una buona ragione per cui non dovrei scioglierti la mente con lo sguardo! –
– Anne sei sempre stata molto poetica, anche la tua seconda sorella si divertiva a minacciarmi in questo modo, ma come lei tu dimentichi che io non provo paura, né rimorso. –
L’agente M12 era armato, ma non sembrava affatto preoccupato che qualche soldato potesse intimargli di abbassare l’arma, del resto se c’era qualcosa di cui Durban avesse timore, di certo non era terrena.
– Dovrei venire di mia spontanea volontà e farmi macellare come le mie sorelle prima di me? –
– Ah! Mi piacerebbe davvero torturarti e sentirti gridare per tutto il tempo, ma non sono qui per giocare: devo farti una proposta. – l’agente si avvicinò di un passo, abbassando l’arma – Se verrai con me, non torturerò il Colonnello Larsson! –
Anne scosse il capo – Non m’importa un accidente di quel ficcanaso, ammazzalo se vuoi. – mentì, nel tentativo di riprendersi quel vantaggio – Ammesso che tu non lo abbia già fatto! –
Durban fece una smorfia che avrebbe dovuto assomigliare a un sorriso – Oh, non ho avuto il permesso di farlo e ora capisco il motivo per cui mi è stato impedito: tu sei tornata qui per lui, non è vero? –
– Sono tornata qui per ammazzarti! – ringhiò Anne afferrando l’agente per il collo.
Sentì gli occhi bruciare ancora, ma si lasciò trasportare dalla rabbia e dall’odio che provava verso tutto il settore M12. Cercò di violare la sua mente, ma non successe nulla: Durban la fissava con uno sguardo neutro e si limitò a usare la forza fisica per liberarsi.
Per un attimo Anne pensò di usare la mente per farlo cadere dalla piattaforma di atterraggio e dileguarsi, ma la paura per la sorte di Larsson la fece tentennare.
Durban colse quell’esitazione per contrattaccare: le afferrò la mano e con un gesto quasi meccanico le spezzò il braccio, liberandosi dalla sua presa e costringendola ad accasciarsi a terra tra le grida di dolore e le lacrime per essere stata battuta in quel modo sciocco – Ora mi seguirai con le buone o ti spezzerò anche l’altro braccio! – le ordinò avviandosi alla scala d’accesso – Poi ammazzerò il Colonnello lasciandoti guardare! –
Anne non reagì, limitandosi a guardarlo – Come hai fatto? Neanche i K’Thor riescono a resistermi. –
L’agente M12 si voltò con uno sguardo assente – Non lo ricordi? Eppure hai consigliato tu stessa una simile modifica: sono immune al tuo controllo mentale! –
– Perché avrei dovuto? –
– Non m’interessava saperlo, vieni! – gridò, avvicinandosi e strattonandola con forza per il braccio ancora integro. I loro occhi s’incontrarono e l’odio di Anne s’infranse nella barriera di apatia dell’agente, il quale si limitò a tirarla in piedi per trascinarla via dalla piattaforma.
Anne tentò di resistere, ma la paura di altro dolore fisico le impediva di usare la mente per avere la meglio sul suo aguzzino, come le impediva di scappare da lui. Hai detto loro come fermarti, ma per quale motivo avresti dovuto fare una pazzia del genere?
Continuava a ripetersi che non era possibile, che Durban le aveva mentito, ma non dubitava che c’era stato un tempo in cui la sua prima incarnazione aveva lavorato a stretto contatto con il settore M12. Per quanto odiasse pensarlo, era l’unica spiegazione e nella sua situazione attuale non poteva fare altro che limitarsi ad aspettare. Matias.
– Pensavano tutti che tu fossi davvero morta, anzi erano sicuri che non ci fosse possibilità che la tua mente reagisse al pericolo e sviluppasse una sorta d’immunità al parassita e invece eccoti qui! Sei viva e hai anche recuperato la memoria. –
Anne si limitò a rimanere in silenzio, finché l’uomo non si fermò, voltandosi. Si avvicinò quasi fino a sfiorarle il volto, penetrandola con lo sguardo svuotato di emozioni – Almeno parte della tua memoria, sarà interessante vedere cosa ti farà Freddy quando sarà qui. –
Un volto d’ebano glabro riemerse dai ricordi di Anne, gli occhi neri come la pece che la scrutavano come a scavare nella sua mente e le mani lunghe e ossute. Un colosso di due metri che sembrava passare inosservato come un omuncolo e una mente capace di mettere in difficoltà persino Anne. Forse l’unico a capire come potesse sentirsi una cavia da laboratorio, ma lo stesso carceriere che l’aveva rinchiusa in una cella aspettando che morisse di stenti.
La vista della tenda la rassicurò: Larsson era lì dentro, orami poteva percepire la sua presenza e assaporare il leggero legame che la univa al Colonnello. Sapeva che l’uomo doveva aver sentito la stessa sensazione, ma si sforzò di trasmettergli calma e un senso di benessere che Anne non riusciva più a provare. Non osò chiamarlo attraverso il legame, ma sapeva che farlo l’avrebbe resa più forte: l’affetto era qualcosa di potente e di duraturo. La sua prima incarnazione l’aveva sperimentato sulla propria pelle, rimanendone quasi uccisa.
– Ora stai buona, se farai come dico ti sistemerò il braccio e ti darò da mangiare, altrimenti finirai in un campo di stasi portatile e farai la fine della tua prima gemella! –
L’interno era silenzioso, erano scomparse le postazioni di ricerca per la copertura della missione del CAO, così come Gill Rods, ammesso che non fosse anche lei parte del settore M12. Larsson era incatenato in un angolo come un animale, aveva la barba lunga e gli occhi stanchi, ma sembrava in salute e benché avesse ancora indosso i vestiti con cui era sceso nei tunnel, sembrava stare bene.
– Selene! – l’accolse ravvivandosi e cercando di avvicinarsi – Sei viva! –
Liberate la vostra mente da ogni fardello!